Relazioni
La “Grande Mamma”
Quando ero ragazza, nella mia piccola città di provincia era impossibile acquistare un libro in francese, mangiare messicano, ascoltare una lezione di fisica teorica, vedere un film in tedesco; per tutte queste cose era necessario viaggiare, come minimo fino a Milano.
Oggi, per i miei figli quelle stesse cose sono a portata di mano, anzi: a portata di click. Non c’è neppure bisogno di uscire di casa: la Rete consente di avere tutto subito (o tutt’al più in poche ore) e di averlo “a domicilio“.
Nelle fantasie distopiche ispirate da Orwell c’è sempre stata l’ossessione (oggi, purtroppo, divenuta quasi una realtà) di essere controllati in ogni nostro gesto da un Grande Fratello onnipresente; non c’è mai stata, invece, la paura di essere trasformati in bimbetti inermi, totalmente dipendenti da una Grande Mamma in grado di esaudire istantaneamente ogni nostro desiderio.
Eppure è proprio questo che sta avvenendo: ci stiamo abituando a vedere soddisfatta senza sforzo ogni nostra esigenza, come se fossimo dei neonati mai cresciuti. Ma questo appagamento, per quanto confortante, ha una conseguenza insidiosa: ci toglie la motivazione a lasciare le nostre mura domestiche, a compiere uno sforzo, a incontrare nuovi ambienti. Insieme alla fatica, ci toglie la gioia dell’avventura e della conquista (quelle, seppur modeste, che ha vissuto una provinciale come me all’arrivo nella metropoli…).
Molti prevedono che, entro pochi decenni, l’umanità sarà esentata da gran parte dei lavori manuali e anche di concetto, grazie allo sviluppo dell’automazione e dell’ intelligenza artificiale; alcuni sostengono che la ricchezza così prodotta andrebbe distribuita con una qualche forma di reddito garantito, in sostituzione di stipendi che non ci saranno più, perché fagocitati insieme ai posti di lavoro dalla rivoluzione cibernetica.
Mi chiedo come la nostra psiche reagirebbe a una situazione di assenza di bisogni e di fatiche, a uno stato di perpetua dipendenza infantile da un assegno non meritato e da una tecnologia che non saremmo in grado di comprendere, né di controllare.
Nella mia ignoranza, mi chiedo chi si stia ponendo il problema e quali risposte si possano ipotizzare: mi auguro che ce ne siano, perché sarebbe davvero sciocco percorrere ciecamente una strada di cui non conosciamo la destinazione finale
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