Relazioni

La giustizia dell’ago e del filo

12 Febbraio 2025

Siamo soliti rappresentarci la giustizia con l’immagine della bilancia. A ciascun reato la sua giusta pena. I piatti devono stare in equilibrio.

Si chiama appunto giustizia penale perchè commina punizioni, condanne, sanzioni.

Da qualche anno avanza invece un altro modello di giustizia che ora grazie alla riforma che porta il nome dell’allora ministro della giustizia Cartabia, ha un suo ruolo anche nell’ordinamento italiano.

Necessita di decreti attuativi e di progressi regolamentativi che vengono sistematicamente sabotati dal nostro governo che ha un’idea vendicativa della giustizia. Non si preoccupa neppure di nasconderne le pulsioni (ricordate il sottosegretario Del Mastro che si era vantato di provare gioia nell’immaginare di togliere l’aria ai detenuti sulle auto della polizia?).

Questo nuovo modello di giustizia noto come giustizia riparativa o nel mondo come restorative justice (quel mondo dove vivono governi di persone civili e non politici sottomessi ad impulsi sadici).

Una giustizia riassumibile nell’immagine dell’ago e del filo perché impegnata a rammendare buchi e lacerazioni, a restaurare relazioni, a promuovere riconoscimenti.

Se n’è parlato in un’affollatissima assemblea di giovani lunedì 10 febbraio nel salone teatro della parrocchia San Francesco di Sales a Milano.

Organizzata dalla pastorale giovanile del decanato del centro storico e moderata dall’educatrice di questo progetto, Giulia Aprigliano.

Ad un pubblico concentratissimo e molto partecipe, assetato di parole di pace e di speranza, hanno parlato Franco Bonisoli e Jean Paul Habimana.

Il primo, membro della direzione strategica delle Brigate rosse e protagonista della stagione dei cosiddetti anni di piombo e il secondo sopravvissuto al massacro del Ruanda del 1994.

Storie lontane da tutti i giovani presenti, nel tempo e nel caso di Jean Paul anche lontana culturalmente e geograficamente.

Per paradosso anche due storie lontane tra di loro.

Eppure capaci di raggiungersi in un disegno di fraternità.

Jean Paul ha parlato della sua fede cristiana e della sua spiritualità.

Franco ha detto chiaramente di essere ateo.

In questa serata i giovani di Milano hanno potuto vedere due diversità convergere e non divenire escludenti come accade davanti ai loro occhi in questo mondo violento e diviso da guerre e conflitti che approdano alla volontà di eliminare il diverso, non di dargli dignità e di accoglierne il valore.

Il principio e lo sviluppo della giustizia riparativa, come entrambi hanno testimoniato, è il riconoscimento del dolore proprio e altrui come qualcosa che avvicina e restituisce alla volontà di dare un nome al male compiuto e ricevuto.

E’ in questo cammino che si possono costruire storie di amicizia dove il dolore e la morte avevano prodotto distruzione, dove la vita ritrova il suo potere generativo e fecondo.

Una lezione di etica civile di altissimo valore e di grande profondità.

«Chi vuole vivere in modo pieno e significativo deve contribuire con la sua vita ad arricchire quella degli altri. Perché il valore di una vita si misura in base alle vite che tocca. E chi sceglie di essere felice deve aiutare gli altri a trovare la felicità, perché il benessere di ciascuno è legato al benessere di tutti. Chiamatelo potere della collettività. Chiamatelo principio di successo. Chiamatelo legge della vita. Il fatto è che nessuno di noi vince veramente, finché non vinciamo tutti» (Erik Duke)

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