Relazioni
Il mito del passato e il trauma irrisolto
La memoria emotiva è un’illusione che consola e un’arma che inganna. Non è il ritorno a una verità, ma una fuga dal presente.
Nessuno dice mai che si stava meglio nel Medioevo. Il passato che ci manca è sempre quello vicino, quello in cui eravamo meno fragili, meno sconfitti. Il mito del passato non è un ricordo. È una ferita che non si chiude.
Si torna indietro con la memoria come un ladro torna sulla scena del delitto. Ma non per restituire il maltolto: per capire cosa gli è sfuggito tra le mani. Per illudersi che qualcosa possa essere ancora recuperato. Si cercano indizi, si ricostruisce il volto di chi eravamo. Ma la memoria mente. Seleziona. Prende il dolore e lo diluisce. Prende le gioie e le ingigantisce.
Così il passato diventa il tempo perfetto, il rifugio sicuro. Un inganno. Una malattia sottile. Si rimane aggrappati a ciò che non tornerà, come chi rilegge sempre lo stesso libro sperando che il finale cambi.
Le ombre della memoria e la paura sono sorelle. Quando il presente trema e il futuro si fa incerto, il passato si fa casa. Ma è una casa vuota. Un tempo abitato da ombre, da immagini senza corpo.
I numeri parlano chiaro. Negli ultimi vent’anni, i casi di depressione sono aumentati del 50%. Una pandemia silenziosa. Ogni anno milioni di persone scivolano nel buio senza far rumore. Molti di loro non sono solo depressi. Sono in lutto. Piangono un tempo che credono di aver perso. Ma si può essere orfani di un passato che non è mai esistito?
La malinconia storica è politica ed è anche una strategia. Un’arma nelle mani del potere. Quando il presente è fragile, quando le persone si sentono smarrite, basta offrire loro un passato mitico. Un’epoca d’oro che non è mai esistita.
I leader più scaltri lo sanno bene. Vendono il ricordo di un mondo più semplice, più giusto, più sicuro. Usano il passato come una promessa: torneremo grandi, torneremo felici, torneremo noi. Ma tornare dove? In quale tempo?
Il passato non è mai stato perfetto. Lo è solo nel racconto di chi lo guarda da lontano. Un’illusione che consola, che anestetizza. La malinconia storica è un’arma morbida. Ti avvolge, ti culla. Ti impedisce di vedere il presente, di immaginare il futuro.
Si può guarire?
Dipende. Se il mito del passato diventa una prigione, si smette di vivere. Si resta fermi, con lo sguardo rivolto all’indietro. Si diventa fantasmi nel proprio tempo.
Ma se la memoria emotiva si trasforma in memoria attiva, in consapevolezza, allora può diventare un orizzonte. Non un rifugio, ma un ponte. Un passaggio per costruire qualcosa che prima non c’era.
Il passato non tornerà. Mai. Ma possiamo decidere cosa farne: lasciarlo scorrere tra le dita come sabbia o usarlo per capire, per andare avanti.
Devi fare login per commentare
Accedi