Relazioni
Il dolore al tempo di Facebook
Il suo 8 marzo, Rimini lo ha dedicato a Gessica Notaro, la 28enne sfregiata con dell’acido, il 10 gennaio scorso. Gesto di cui è accusato l’ex fidanzato. Lo ha fatto, Rimini, con un incontro in un teatro, ‘E’ per te Gessica’, in cui si sono raccontare le storie di chi, quotidianamente, combatte la violenza contro le donne e di genere. Un gesto semplice e profondo. Con al centro la giovane divenuta, suo malgrado, icona e simbolo della lotta a una deriva violenta odiosa. Inaccettabile. Icona e simbolo. Di dolore e di forza. Come mai, forse, accaduto in passato.
Già, perché ancora prima delle – rare – interviste concesse una volta tornata a casa dall’Ospedale e dell’assedio mediatico fuori dal Palazzo di Giustizia in occasione del procedimento per stalking che vede imputato l’ex compagno, la tenacia e il dolore della giovane romagnola si sono materializzati, per tutti, dal mondo della Rete. Da Facebook. Direttamente, senza mediazioni. Il racconto della sua degenza al ‘Bufalini’ di Cesena, l’attesa e il timore per gli interventi affrontati e da affrontare ma anche le parole di conforto, di ringraziamento e saluto, Gessica li ha affidati al social network. Offrendo la sua testimonianza, così, all’universo mondo. Quel cuoricino disegnato con le mani è diventato segno potentissimo. Deflagrato su tutti i media, è divenuto araldo della battaglia intrapresa verso il ritorno alla normalità di una ragazza. L’immagine, al tempo stesso, della tenerezza e della forza di volontà. Senza filtri: niente, se non un social network – con la sua viralità e il flusso di contatti ininterrotto – avrebbe potuto rivestire di un significato così dirompente quattro dita che si sfiorano. Trasformandole in un manifesto. E pure in un segno di speranza.
Perché – raccontò il vice sindaco di Rimini dopo una visita alla 28enne in Ospedale a Cesena nelle scorse settimane -, una donna – vessata dal compagno – si è rivolta a Gessica per chiedere consigli. A Gessica. Non alle forze dell’ordine o ai servizi sociali. A Gessica. Che, dalla finestra del Web, ha reso partecipi, tutti della sua quotidianità.
Il dolore al tempo di Facebook. In cui virtuale e reale si sovrappongono. Finendo per coincidere.
Tanto che una famiglia del Napoletano – nei giorni scorsi – ha scelto di pubblicare le immagini del figlio 13enne vittima di bullismo. Il post, solo di parole – viene raccontato – non avrebbe avuto lo stesso impatto della fotografia, subito condivisa da migliaia di persone. E che ha finito per aprire un dibattito: giusto mettere in rete la foto di un minorenne ferito dai bulli? Giusto dare in pasto all’opinione pubblica, il viso violato dalla gratuità del male? La riflessione è avviata. Come è normale che sia. D’altronde, se milioni di persone in tutto il mondo rovesciano sui social media gli aneddoti e gli stati d’animo di una intera vita, più o meno consapevolmente come si fa, poi, a interrompere quel racconto? Bello o brutto che sia. Il virtuale, ormai è reale. Quasi più vero del vero.
Una volta, forse, il ‘lutto’ veniva elaborato nel riserbo, in una cerchia di affetti ristretta, nel calore e nella comprensione di persone care e vicine. Ora sembra insufficiente. E forse è davvero così. Con la condivisione – anche di persone a noi sconosciute – a darci forza. Pure solo virtualmente. Il dolore al tempo di Facebook.
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