Relazioni
Il collega da compagnia
Scusi, ho letto bene?, disse l’impiegata dell’agenzia interinale alla quale Mario M. aveva appena consegnato il questionario che gli avevano dato da compilare quando si era recato, previo appuntamento, nell’ufficio di piazza Diaz a Milano.
Cosa non le è chiaro?, chiese Mario.
Lei è laureato, ha un curriculum brillante e ha scritto che sarebbe interessato anche a un lavoro come addetto alle pulizie…
Bè, sa, quando uno ha bisogno di lavorare, non è che vada troppo per il sottile. C’è possibilità almeno lì?
Guardi – disse la ragazza, fresca di laurea, che probabilmente non aveva mai lavorato prima di essere messa a sentenziare chi, come, dove e quando avrebbe potuto lavorare – lei dovrebbe cercare qualcosa più in linea col suo profilo…
Pensa che non ci abbia provato?, disse sconsolato Mario, ma non riesco a trovare uno straccio di lavoro che sia uno. Per cui ben vengano anche le pulizie, purché paghino.
D’accordo, concluse sbrigativamente la dottoressa (si capiva benissimo che teneva al titolo già da quando si era presentata), se capita qualcosa la terremo presente. Ma sappi che l’età e il titolo di studio non aiutano…
Mario ripiegò la copia della scheda che aveva compilato, la infilò nello zaino, salutò ed uscì.
Camminando a testa bassa, non si rese conto che dopo una ventina di minuti era arrivato al Parco Sempione. Si sedette su una panchina, incurvato con i pugni chiusi che gli sostenevano le guance, i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Cominciò a rimuginare.
Erano ormai mesi che le provava tutte, ma non riusciva a venirne a capo. A un certo punto sentì due signore che gli passarono accanto, probabilmente due colleghe, che si lamentavano del poco tempo che il loro capo lasciava loro a disposizione anche solo per prendere un caffè al distributore automatico.
Ma hai visto stamattina? Solo perché mi ero trattenuta due minuti in più per dire alla Tiziana di quella notizia che avevo letto sul Corriere, della signora di 72 anni che si è fidanzata con un ragazzo di 19, che è arrivato sbraitando come una furia…
Nella testa di Mario si accese una lampadina: e se mi mettessi in proprio? Un lavoro autonomo, ma non di quelli che esistono già e che sono superinflazionati (il periodo era quello che se non avevi né arte né parte, aprivi un’agenzia di comunicazione, rigorosamente “a 360 gradi”). No, l’idea che gli balenò in testa, effettivamente, era davvero nuova. Si sarebbe proposto alle aziende come “collega da compagnia”.
Elaborò mentalmente un business plan e, per prima cosa, definì la mission: quanto tempo perde un impiegato al giorno per sapere cosa è successo nel mondo, per fare una battuta al collega vicino, per informarsi di cosa danno al cinema? C’è sempre qualcuno disponibile per accompagnarlo alla macchinetta del caffé? E tutto quel tempo non è sottratto al lavoro e alla produttività? Il collega da compagnia – se ne sarebbe potuto avere uno per ogni dipendente, in modo da avere anche una possibile soluzione al problema della disoccupazione degli over 40 – avrebbe sopperito a tutte quelle funzioni, non indispensabili al ciclo produttivo, ma utili alla creazione di un clima favorevole in azienda, che avrebbero permesso al dipendente regolarmente assunto di adempiere senza distrazioni al suo compito. Chi ha vinto il derby la domenica precedente? La sai quella di Pierino che… Nella tiella barese, quella fatta di riso patate e cozze, la zucchina va messa o è da considerarsi un sacrilegio? Fare il collega da compagnia non sarebbe stato un lavoro adatto a tutti: serviva una infarinatura di cultura generale non indifferente, tanta curiosità, basi di psicologia per capire quali argomenti potevano interessare di più il collega accompagnato.
Baldanzoso, cominciò a fissare i primi appuntamenti con alcune aziende, prima di tutte quelle che avevano fama di mettere a proprio agio i dipendenti.
Il primo incarico lo ebbe in una che distribuiva prodotti alimentari. Il titolare fu così contento che segnalò il signor Mario a un suo amico, imprenditore nel campo dei cosmetici.
L’idea cominciava a prendere piede e la notizia arrivò all’orecchio di una cronista del quotidiano locale che volle saperne di più e chiese una intervista. Dopo la pubblicazione, Mario fu contattato da altre aziende, tanto che dovette cominciare ad assumere del personale che mandava in missione presso committenti diversi.
La sera, quando tornava a casa, si guardava intorno e si rendeva conto di essere la persona più sola del mondo. Perfino il suo cane, sentendosi spodestato da un ruolo che la natura gli aveva riservato, preferiva lasciarlo solo. Pensò che fosse arrivato il momento di assumere qualcuno che gli facesse compagnia. Ma ormai era difficile trovare un solo collega da compagnia disponibile nel raggio di centinaia di chilometri. Aveva saturato il mercato. Quando ricevette la telefonata dall’agenzia interinale che gli comunicava la disponibilità di un posto per le pulizie in un ipermercato, turno di notte, esultò: avrebbe lavorato in compagnia.
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