Relazioni
Deja vu all’italiana: da Pinelli a Charlie Hebdo
Dai tempi di Piazza Fontana, quando in Italia succede una tragedia la priorita’ e’ una sola: trovare il capro espiatorio per evitare di cercare i colpevoli.
Ai tempi se la presero col povero Pinelli, ucciso perche’ anarchico. Da qualche tempo, quando si tratta di disastri e catastrofi naturali, e’ di moda prendersela con alcuni tra i pochi anarchici rimasti al mondo, i vignettisti di Charlie Hebdo.
Prima in pochi convocavano il malcapitato e lo lanciavano giu’ dal balcone; ora in tanti organizzano un safari su internet, augurandosi che un gruppo di fondamentalisti faccia il lavoro sporco per loro. Cambia il capo di imputazione e il grado di responsabilita’ attribuito: ma la funzione svolta dal capro espiatorio e’ sempre la stessa.
Come quattro mesi fa dopo la vignetta sul terremoto, anche oggi le responsabilita’ oggettive e politiche, il capire realmente come mai una tragedia simile sia potuta accadere, interessano a pochi – e questo nonostante le indiscrezioni giornalistiche su possibili ritardi dei soccorsi o situazioni da chiarire. Non si e’ ancora finito di estrarre i sopravvissuti dalla neve infatti, che gia’ il grosso dell’opinione pubblica italiana si e’ riversata sul profilo Facebook della rivista francese a scrivere cose tipo “Allah Akbar”.
Questa volta non serve, come l’altra volta, provare a spiegare le ragioni e la specificita’ della satira. Perche’ questa volta e’ evidente la malafede.
La malafede dei giornali e delle agenzie di stampa che hanno offerto una traduzione della vignetta nel migliore dei casi approssimativa, cercando di renderla il piu’ possibile “ad effetto”, per poi gettarla in pasto ai social e massimizzare lo shock.
La malafede di volti noti o meno noti che, visto il precedente dell’altra volta, hanno fatto a chi la spara piu’ grossa sapendo di vincere facile, ottenendo la loro porzione di visibilita’, sfogandosi senza nemmeno dover andare in palestra a rischiare di farsi male sul serio.
E in più l’enigmatico comportamento del Sindaco, che tra tutte le cose che poteva fare, dire o pensare in un momento che sembra uscito da un film catastrofico americano, con i cadaveri caldi e i corpi congelati da salvare, ha annunciato che “querelera’ Charlie Hebdo” – senza che si capisca quale sia il vantaggio per la cittadinanza che lui rappresenta, specie ad emergenza ancora in corso.
Quando siamo andati a incontrare i vignettisti di Charlie Hebdo nella loro redazione blindata, con decine di agenti a proteggerli, siamo rimasti spiazzati nel vedere la collezione di 34 mila minacce di morte provenienti non da qualche oscura regione del mondo ma dall’Italia. Questa volta invece ci sono sembrate normali. O piu’ che normali, funzionali.
E’ molto piu’ comodo scaricare la rabbia contro una vignetta – a prescindere da qualunque sia la vignetta e da qualunque considerazione sulla traduzione o sul ruolo della satira – piuttosto che tenerla dentro, e accettare di vivere in un Paese dove passano i decenni ma quando accadono tragedie come questa si resta sempre col dubbio che si sarebbero potute evitare, che anche una sola vita in piu’ si sarebbe potuta salvare.
E’ molto piu’ facile pretendere la testa di un vignettista oggi e fare il pieno di like, piuttosto che chiedere giustizia non adesso, nell’emergenza, ma tra mesi, anni, quando anche questa sara’ un ricordo sbiadito, come gia’ – nell’opinione pubblica – e’ gia’ ricordo sbiadito il terremoto della scorsa estate, per non parlare di quello in Emilia di pochi anni fa e di tutti gli altri dei decenni scorsi, di cui nessuno ricorda nemmeno l’esatta locazione.
E’ molto piu’ funzionale, insomma, sfogarsi contro un capro espiatorio piuttosto che, davanti alla tragedia, cercare e trovare per una volta quella compostezza necessaria a capirne i reali perche’, per fare in modo che cose simili non accadano o che, se proprio devono accadere, almeno si stabilisca con certezza matematica che nulla poteva essere fatto per evitarle.
Avanti cosi’ quindi, verso il prossimo deja vu, il prossimo capro espiatorio, la prossima caccia alle streghe mediatica con in testa oggi Fiorello su Twitter che spara la vecchia battuta delle medie “non ti dico merda perché’ la merda si offende”, ieri Bruno Vespa al TG1 delle 20 che dalla questura diceva che “il mostro” era stato arrestato. Tanto ci sara’ sempre qualcosa o qualcuno con cui prendersela, qualcuno o qualcosa che per colpa di un’opinione, una vignetta, o chissà che paghera’ per la nostra pigrizia, sara’ funzionale al nostro infinito processo di assoluzione collettiva.
Nel frattempo Charlie continuera’ a fare vignette, e augurargli una morte dolorosa per mano salafita rimarra’, anch’esso, un esercizio di liberta’. Dovessero salire al potere quei signori vestiti di nero che a Charlie hanno fatto le stesse cose che, in queste ore, scrivono migliaia di italici padri e italiche madri, quella liberta’ di criticare, di indignarci e perfino di odiare, quella stessa liberta’ che marca la differenza tra la democrazia e la dittatura, la perderemmo all’istante.
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