Relazioni
1976/2023 storia di uomini e donne usciti di prigione che insegnano la libertà
Vorrebbero tutti che io dimenticassi e che smettessi di odiare. Ma tu dimmi: si può chiedermi questo? Come si può pensare che io dimenticherò come è stato assassinato mio figlio? (Ada Alasia, mamma di Walter)
Mentre uscivo verso il cancello che mi conduceva alla libertà, capii che se non avessi lasciato dietro di me amarezza e odio, sarei rimasto sempre in prigione (Nelson Mandela)
15 dicembre 2023 alle ore 9,30 davanti al cancello di via Leopardi 161 a Sesto san Giovanni (Milano) si raduna un gruppo di 50 persone.
Sono lì per vivere, con un minuto di silenzio, una commemorazione per un fatto tragico avvenuto in un palazzo di quel cortile di case popolari il 15 dicembre 1976.
Così dice precisamente chi prende la parola: siamo qui per ricordare tre persone morte durante l’esecuzione di un mandato di arresto.
Poi il gruppo si avvia a piedi per raggiungere il salone dell’oratorio di San Luigi in centro città.
Lo compongono una classe di quarta liceo delle scienze umane dell’Istituto Erasmo da Rotterdam di Sesto e un gruppo di uomini e donne che fanno capo al gruppo dell’Incontro, una comunità che da tanti anni riunisce vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta.
Per i ragazzi della scuola è la prima tappa del loro PCTO, percorso per le competenze trasversali e l’orientamento, che poi vedrà altre tappe a scuola nel mese di gennaio.
Per gli uomini e le donne del gruppo dell’Incontro è un’occasione storica: per la prima volta in Italia una commemorazione si svolge con la presenza di estranei al loro cammino.
Arrivati in salone prende la parola l’insegnante, Loredana Chirico che presenta i ragazzi a tutti i convenuti.
Poi il presidente provinciale delle Acli, Andrea Villa, perché sono le Acli a promuovere il progetto, e ricorda l’impegno dell’associazione per la pace e la ricerca di strade alternative alla violenza per reagire al male, come le uniche capaci di costruire rispetto per la vita e speranza.
E ora tutti vengono a conoscere i nomi delle persone uccise il 15 dicembre 1976: Walter Alasia, Sergio Bazzega, Vittorio Padovani.
Potrebbero essere loro attribuiti ruoli che però in questo momento non contano: terrorista, maresciallo, vicequestore…
Non contano nulla perché a raccontare la loro storia sono un figlio che parla di suo padre; un fratello che racconta la storia della sua famiglia, un cugino quella del suo amato compagno di avventure estive.
Chi è vittima e chi è carnefice in questa storia? La risposta più semplice sembra essere: chi ha sparato e ha ucciso.
Ma tutti coloro che parlano raccontano un’altra storia. Quella in cui non si appiccicano etichette e non si confezionano giudizi.
Prima ci si incontra, si ascolta, si cerca, si impara.
Insieme si costruisce la voglia di istruirsi reciprocamente.
In salone è presente, tra gli altri, Gherardo Colombo, ex magistrato. E’lui a spiegare che l’intreccio tra il bene e il male siamo soliti vederlo in maniera strabica: riconosciamo il male che compiamo ma quello che facciamo noi ha sempre una giustificazione e merita sempre un’assoluzione; il male assoluto è sempre solo quello che compiono gli altri.
Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime della strage di Piazza della Loggia, racconta ai ragazzi che la memoria del male chiede un riscatto che riguarda il presente, non è solo ricordo del passato.
Agnese, figlia di Aldo Moro, spiega che l’intreccio che riguarda l’irrompere del male produce storie irrimediabili con la morte delle persone, ma noi ora siamo qui a dire che siamo amici, vittime e autori del reato, amici improbabili ma con legami forti, belli, che ci fanno vivere.
Franco Bonisoli nomina il suo passato di appartenente alle Brigate rosse e protagonista del rapimento e della morte di Aldo Moro. Una storia che lui ha pienamente riscattato con il desiderio, poi realizzato, di avviare un rapporto di comprensione umana con le persone che tanto avevano sofferto per le sue azioni. Piccola (stra)ordinaria nota autobiografica: la sera prima ha parlato ad un’assemblea pubblica con Agnese a Milano. L’ha poi ospitata a casa sua e dopo la colazione, sempre insieme sono venuti a Sesto.
Ernesto Balducchi fu il mandante della gambizzazione di un caporeparto nel 1977 alla Breda. Interviene per raccontare che gli sarebbe molto piaciuto che a questa mattinata potesse intervenire un suo amico che abita vicino al luogo dell’incontro. Ma questo suo amico ha 100 anni. Si chiama Fausto. E’ lui il caporeparto che mandò a colpire. Si sono incontrati nel 2017 e oggi ancora si frequentano con piacere. Glielo avevano raccontato come un nemico dei lavoratori, ha conosciuto un uomo che come lui ha desiderato la giustizia.
Prima di questi brevi interventi ci sono stati i racconti degli “eredi” del 15 dicembre 1976: Giorgio, Oscar, Giuseppe.
Giorgio Bazzega è partito dal suo passato di giovane “difficile”, carico di odio e di desiderio di vendetta per essere rimasto orfano di padre per una morte incomprensibile. Fino alla frequentazione del gruppo dell’Incontro che lo fa innamorare della giustizia riparativa per viverla oggi come lavoro di mediatore penale in carcere.
Oscar Alasia ha raccontato i terribili momenti della morte del fratello, del tutto inattesa per lui perché non sapeva del suo ingresso nelle file della lotta armata. Dichiara di essere salvo perché quando si precipitò in cortile per cercare di soccorrere il fratello a terra, nessuno dei poliziotti sparò. Ma la morte del fratello fu poi calpestata da parole violente per la mamma ricevute da un poliziotto in questura. “Non ci sono lacrime da versare, è morto un assassino”.
Giuseppe Culicchia, scrittore e autore di due splendidi libri sulla vicenda umana di Walter e quella della sua mamma, si è assunto il compito di spiegare che giovane generoso e sensibile era il cugino, suo compagno di giochi e di avventure. Ciò che ha compiuto dando la morte a Sergio e Vittorio non ha giustificazione. Ma la violenza da lui agita non può cancellare e rendere irriconoscibile il suo essere una persona con un volto, una storia, dei sentimenti, tra cui l’amore per la giustizia imparato dai suoi genitori.
Durante questi racconti ci sono dei momenti di commozione e il filo dei ricordi si interrompe.
Tutti i presenti hanno certo ricevuto grandi parole, ma hanno anche ascoltato più volte il silenzio, il luogo in cui tutti spesso viviamo il dolore più intenso.
Per questo è stata di grande insegnamento la presenza in sala della vedova di Sergio e mamma di Giorgio, Luciana.
Ha detto solo una frase in tutta la mattinata: sono qui come testimone silenziosa.
Il suo splendente sorriso tutti i presenti lo porteranno a lungo nel cuore come un grande regalo. E’ il riscatto di una storia terribile che avrebbe potuto produrre ancora odio e rancore. Oggi, con molte altre grazie ai percorsi della giustizia riparativa, fiorisce nell’amicizia e nell’amore per la vita.
E’ proprio andata come cantava De Andrè: dai diamanti non nasce niente, è dal letame che nascono i fior.
(a cura di Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzuccato), Il libro dell’incontro, Saggiatore
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te, Mondadori
Giuseppe Culicchia, La bambina che non doveva piangere, Mondadori
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