New York

Quelle “imboscate” ai maschi che non fanno onore alle donne

14 Novembre 2014

 

L’argomento merita massima chiarezza e dunque non ci girerò intorno. Considero assai poco decorose per il mondo femminile le “imboscate” tese ai maschi per disvelarne i bassi istinti. Non solo perché sono, appunto, inganno consapevole, ma soprattutto perché non aggiungono nulla, assolutamente nulla, a quanto già sappiamo su di essi (su di noi). Il video di Shoshana Roberts, 24 anni, che passeggia per dieci lunghe ore a New York (http://www.corriere.it/esteri/14_ottobre_29/passeggia-strada-new-york-molestata-108-volte-10-ore-62dcf93c-5f4a-11e4-a7a8-ad6fbfe5e57a.shtml) ricavandone 108 molestie stradali (non ho capito se sono stati conteggiati anche gli “ehy”, gli “smile”, i “nice”, ma comunque ha poca importanza), ha aperto la breccia a una rappresentazione multipla dell’evento. Naturalmente, il risultato finale è sempre il medesimo: i maschi sono quelli. Punto.

Il problema è se le donne intendano quelle condizioni come dato scientifico o puramente emozionale. Nel secondo caso i filmati valgono per quello che si sente e si vede. A ognuno/a le valutazioni di pancia. Ma nel primo, quelle dimostrazioni non hanno nessun valore psicanalitico, lo avrebbero avuto se si fosse verificato esattamente il contrario di ciò che è accaduto e cioè l’uomo che morde il cane: dieci ore di passeggiata e nessuna molestia (o appena il fisiologico). Il che, com’era ampiamente prevedibile non è successo.

Scoprire il prevedibile non è un grande risultato, soprattutto se l’obiettivo era alto e nobile: indagare l’universo maschile, capirne meglio alcune pieghe, essere magari colpiti di ritorno da certe reazioni, intravedere una lama di speranza, scommettere un soldino su un possibile riscatto e alla fine, malinconicamente, testimoniare il fallimento di ogni aspettativa. Invece no, è stato da subito chiaro dove si volesse andare, quali conclusioni si volessero tirare, una sorta di “ti piace vincere facile” che non fa onore alla profondità femminile.

Si potrà obiettare, con buone ragioni, che non si può mettere in carico a una giovane ragazza di 24 anni, e a tutte quelle che poi ne hanno ripercorso l’impresa, la responsabilità sociale di una vera e propria indagine psicologica, peraltro anche piuttosto ingenua e scontata nel suo sviluppo narrativo. Ma ciò che invece si può chiedere al mondo delle donne nel suo complesso è di non fermarsi all’evidente sprofondità morale di certi maschi, adagiandosi comodamente sul contatore delle loro nefandezze, ma di fare un passo in più. Farsene carico responsabilmente, assumendo da quella evidenza la forza morale per autocertificare la propria condizione: io non sono come lui, come loro, io ho una dignità e una profondità da difendere. E dunque sono pronta a metterla in gioco pubblicamente, anche denunciando, quando i casi lo richiedano.

Tendere un’imboscata può valere per una causa di separazione o poco di più. Che l’uomo sia un essere inferiore alla donna in termini di dignità personale, di sensibilità, di profondità d’animo, è cosa arcinota e non serve testarlo in qualche via di New York. Semmai, quel luogo oscuro dove cominciano a nascere queste differenze (per noi maschi motivo di grande sofferenza) è ancora poco esplorato. E sarebbe molto interessante saperne di più.

 

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