Società

Di Protocolli e altri Revenants

7 Dicembre 2019

Dopo il magnifico articolo di David Bidussa, sarebbe quasi inutile intervenire sulle pagine de Gli Stati generali, eppure è necessario che chiunque, con i mezzi di cui dispone si unisca al coro delle autorità democratiche, dei militanti, sardine o altri pesci, degli insegnanti e dei professori, dei giornalisti e  di chiunque abbia a cuore la nostra democrazia, vigilando su questo pericoloso – e a tratti inaudito – ritorno di toni, discorsi, accenni, miti, simboli, etc. all’apparato simbolico nazi-fascista e antisemita.

Per chi si occupa di studiare l’antisemitismo e divulgare nelle scuole e altrove il pericolo di un ritorno del discorso antisemita, è ben noto quanto l’uso di un falso come i Protocolli dei savi di Sion, abbia contribuito alla costituzione della forma moderna di esso. Questo inquietante pamphlet antisemita , vera proto “fake news” del dispositivo cospiratorio antiebraico tornò all’onore delle cronache circa un anno fa quando un membro del senato della Repubblica vi fece un post pubblico. In questi giorni, il senatore in questione è candidato da parte del Movimento cinque stelle per un’importante carica pubblica, e da più parti, nel partito democratico e non solo, si stanno levando voci in dissenso che ammoniscono gli alleati pentastellati di recedere da questa intenzione.

Vedranno i politici il da farsi, a me interessa qui solo ripetere alcune considerazioni relative all’uso del dispositivo cospirazionista nell’ambito pubblico – politico, giornalistico o social che sia.

Innanzitutto i Protocolli. Cosa sono? Per una prima approssimazione, è senz’altro utile consultare la pagina di wikipedia, che ha, nella versione tedesca un vero capolavoro enciclopedico.

Il testo classico di Norman Cohn “Warrant for Genocide” (1966)(Tr. it. Licenza per un genocidio. I “Protocolli degli Anziani di Sion”. Storia di un falso, Torino, Einaudi, 1969 ) è sicuramente una delle più acute analisi del dispositivo mitologico della cospirazione antisemita.

In italiano esiste  anche in bel libro di Cesare De Michelis  Il manoscritto inesistente. Protocolli dei savi di Sion: un apocrifo del XX secolo, Marsilio Editori, Venezia 1998 (2ª ed. 2004), ma è senz’altro utile ricordare uno degli ultimi romanzi di Umberto Eco Il cimitero di Praga (2010), oltre che il meraviglioso Il pendolo di Foucault (1988) dello stesso autore, che illustra il caleidoscopio di ogni possibile macchina mitologica cospirazionista.

Come scrive la pagina ad essi dedicata dell’Istituto Yad Washem

«i Protocolli sono un documento falso costruito a tavolino che pretende di rivelare una trama ebraica per conquistare il mondo. I protocolli erano basati su una satira del regime francese di Maurice Joly pubblicata in Belgio nel 1864. L’adattamento ad opera della Ocrana fu distribuito per la prima volta in Russia. Alla fine, i Protocolli furono usati dai nazisti come “prova” della cattiveria e dell’avidità degli ebrei. Gruppi antisemiti pubblicano ancora oggi i Protocolli con l’intenzione di ferire gli ebrei e negare l’Olocausto I protocolli affermano che gli ebrei useranno diverse “armi” per ottenere il controllo del mondo. Afferma che gli ebrei hanno causato la rivoluzione francese, il liberalismo, il socialismo, il comunismo e l’anarchia per indebolire la società europea. Gli ebrei controllano anche il prezzo dell’oro e hanno il potere di suscitare crisi economiche, governare i media, creare faide religiose e tribali e distruggere con atti terroristici, quando lo trovino necessario, le città occidentali.Una volta conquistato il potere mondiale, richiederanno la totale obbedienza a un re ebreo. Infine, i massoni agirebbero come loro collaboratori in questa cospirazione. Le affermazioni false fatte dai Protocolli non erano originali. Verso la metà del diciottesimo secolo, storie simili furono pubblicate sui media tedeschi. Tali idee venivano anche pubblicate in Russia alla fine del secolo. Pëtr Ivanovič Rachkovsky, capo del ramo straniero della polizia segreta russa a Parigi, fu probabilmente responsabile della falsificazione dei Protocolli durante l’affare Dreyfus del 1894. Rachkovsky sperava di raggiungere due obiettivi: fornire un documento per i francesi che avrebbe “implicato” Alfred Dreyfus, un ufficiale militare ebreo, dei suoi presunti crimini e un documento per i russi per sostenere le loro politiche antisemite.Altre versioni dei Protocolli furono pubblicate in Russia all’inizio del secolo. Quando gli oppositori della Rivoluzione fuggirono dalla Russia, portarono con sé i Protocolli in Occidente; le versioni del documento sono apparse in Germania negli anni ’20. Presto i nazisti iniziarono a usare i Protocolli – erano spesso citati nei giornali nazisti. I protocolli si diffusero rapidamente in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti (fa riflettere che ne fu protagonista della divulgazione Henry Ford) e la Gran Bretagna, e furono tradotti in dozzine di lingue.»

In Italia, la prima edizione del libro apparve nel 1921, ad opera di un ideologo antisemita, tal Giovanni Preziosi, il libro  poi fu ristampato nel 1923 e nel 1937, in numerose copie. Qualche anno fa ne reperii una nella biblioteca del liceo dove insegnavo, e me la fotocopiai. Riportava, in appendice, una lista di tutti i cognomi ebraici, o presunti tali, presenti in Italia.

Nell’Introduzione all’edizione dei Protocolli  in mio possesso, del 1938, scritta da Julius Evola si legge:

«Il problema della loro “autenticità” è secondario e da sostituirsi con quello, ben più serio ed essenziale, della loro veridicità”. [Questo]  1) Perché i fatti ne dimostrano la verità; 2) Perché la loro corrispondenza con le idee-madre dell’Ebraismo tradizionale e moderno è incontestabile;» (p. 10)

Recentemente mi è capitato di leggere questo stesso argomento in una serie di tweet e post di un professore ordinario di filosofia del diritto che non per caso risulta essere un ammiratore di Evola.

Il discorso politico delle destre (ma anche di certe sinistre) sovraniste è ampiamente presente nel web, e da questo brodo di coltura, infarcito di fake news e bufale varie, fuoriescono pericolose evocazioni da parte di militanti vicini ai partiti populisti italiani.

La corrente riedizione del mito del complotto addita il Gruppo Bilderberg, Soros e prima ancora i Rothschild come protagonisti, dietro le quinte, più o meno di tutti gli sconvolgimenti economico politici connessi alla società contemporanea, in combutta con la massoneria e la grande finanza mondiale. Giudeofobia, massonofobia e cospirazionismo sono tre puntelli dello stesso dispositivo.

Nel libro Menti sospettose di Robert Brotherton, Bollati Boringhieri 2017 (ed. or. Suspicious Minds: Why We Believe Conspiracy Theories (2016), si parla di una caratteristica costante di tutte le narrazioni complottistiche: la convinzione cioè, da parte dell’eroe, di stare dalla parte del Bene ed essere avversato dal Male apparentemente onnipotente. Il male è sempre “oscuro” e agito da trame nascoste (ad esempio gli Arconti gnostici, o i rettiliani di Icke), e la sua potenza pare irrefutabile e inarrestabile, mentre il Bene appare debole e minoritario. In questa polarizzazione c’è probabilmente una radice archetipica che agisce nell’inconscio collettivo: il Bene che sconfigge il male e che deve attraversare vari tipi di peripezie. La posizione del Bene appare talvolta quella di una minoranza in apparente svantaggio, che anzi rivendica la propria natura di “minoranza in svantaggio” per catalizzare il nostro amore archetipico per i perdenti. Dice Brotherton:

«Le migliori teorie del complotto presentano tutti gli armamentari della classica storia del perdente. Il nemico è formidabile. Dai savi di Sion al Nuovo Ordine Mondiale, dal complesso bellico-industriale al Big Pharma, i nomi dei cospiratori enfatizzano il loro presunto strapotere e l’enorme influenza. Come ogni cattivo che si rispetti, tuttavia, anche i cospiratori hanno un loro punto debole che può risultare fatale: se solo i loro sistemi potessero essere portati alla luce, il nemico diventerebbe impotente» (p. 177).

Il modo di presentarsi degli eroi del populismo è sempre quello di “minoranza combattente ” contro un potere olistico anonimo e onnipervasivo. Migliaia di pagine sono scritte sulla mentalità dei leaders populisti e dei loro seguaci e il pericolo da essi rappresentato è tanto maggiore quanto più le condizioni sociali ed economiche sono critiche. E’ di pochi giorni fa l’ultimo rapporto Censis segnala l’inquietante percentuale degli italiani che si pronunciano a favore di un “uomo forte” alla guida dell’Italia. La paura sarà anche una cattiva consigliera, ma come ricordava Hans Jonas, l’euristica della paura è la tonalità emotiva fondamentale su cui deve fondarsi l’etica della responsabilità nella società industriale avanzata.

La paura che molti sentono forse potrà contribuire a vigilare e segnalare il ritorno di pericolose derive che abbiamo già conosciuto.

Oltre alla paura c’è comunque un altro sentimento: lo sbigottimento. Pare assurdo che certe idee circolino ancora e ci siano persone  che le usino con quasi le stesse modalità di tanti anni fa.

Torna sempre valido l’ammonimento di Primo Levi nelle ultime pagine del suo capolavoro I sommersi e i salvati:

«È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. Può accadere, e dappertutto». Ma poi aggiunge: «Non intendo né posso dire che avverrà»

In questa esitazione c’è lo spazio per un’esile speranza.

Forse…

 

 

 

 

 

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