Privacy

Relazione annuale del Garante della Privacy

24 Giugno 2015

La relazione annuale del Garante della Privacy cita quest’anno 628 provvedimenti collegiali e multe per 5 milioni di euro. Cifre che testimoniano un continuo monitoraggio del rispetto dei dati personali in un’epoca in cui la rete è diventato un archivio silenzioso entro cui agiamo ed interagiamo. Le foto della pizzata con i colleghi o della comunione di tuo nipote sono alla portata di tutti. Ed ogni volta che clicchiamo annoiati “Accetto” sul trattamento dei dati -scelta ineludibile per potersi registrare sulle piattaforme- questi finiscono in un enorme raccoglitore. I bit che firmiamo diventano parole chiave che nutrono i motori di ricerca.
La battaglia più importante, quella sul diritto all’oblio, è stata vinta il 13 maggio 2014, quando la Corte di Giustizia Europea alla fine del processo contro Google Spain e Google Inc. riconobbe la tutela dei soggetti che chiedevano la cancellazione di contenuti web che li riguardavano. Venne inoltre precisato -per onor di cronaca- che l’azione censoria sarebbe conseguita solo e soltanto a provvedimenti di autorità giudiziarie ed amministrative.

Sempre in tema di dati, il Garante si è soffermato sul problema dei cookie di profilazione -i più preziosi per la pubblicità- che saranno raccolti con un modello semplificato e trasparente da parte dei siti in linea con la nuova Cookie Law entrata in vigore lo scorso due giugno.

E mentre l’Unione Europea boccia “Moments”, l’applicazione per il riconoscimento facciale di Facebook, in Italia «sono state emanate le Linee guida in materia di utilizzo dei dati biometrici a fini di controllo degli accessi, per l’autenticazione degli utenti (anche su pc e tablet) o per la sottoscrizione di documenti informatici». L’insidia risiede nella capacità dell’algoritmo di riconoscere terzi anche di spalle per taggarli nelle foto di eventi (l’esempio della pizzata è sempre calzante). L’Europa chiede però che si possa liberamente scegliere di abilitare l’applicazione è che il terzo in causa espliciti il suo consenso, due elementi che Facebook non ha ancora inserito.

Tasto dolente anche quello delle nuove misure di controllo a distanza dei lavoratori sancite dal Jobs Act, che dovrebbero comunque impedire -ha detto Soro- «forme ingiustificate e invasive di controllo nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea», per evitare «un’ indebita profilazione delle persone che lavorano».
Anche Laura Boldrini ha espresso il suo monito a riguardo: «Mi auguro che nelle prossime settimane, durante l’esame parlamentare, ci sia la possibilità di aprire un confronto che faccia chiarezza sui dubbi emersi».
Immediata la replica del Ministero del Lavoro: «Si ribadisce che, per quanto riguarda gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore ‘per rendere la prestazione lavorativa’ (quali cellulari, tablet e pc) non si autorizza nessun controllo a distanza, ma si chiariscono semplicemente le modalità e i limiti per l’utilizzo di questi strumenti e dei dati raccolti attraverso di essi».
La disputa è ancora aperta, soprattutto sulla linea di demarcazione che separa la vita privata da quella lavorativa.

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