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Digitalizzazione: il nuovo vitello d’oro?
Giovanni Maria Flick, Ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Prodi e Presidente emerito della Corte Costituzionale, dopo aver pubblicato libri coinvolgenti sul tema della legalità e dell’ambiente, ha firmato con la figlia Caterina Flick (Docente di diritto internazionale dell’era digitale e sistemi giuridici dei Big Data e titolare di un importante studio legale a Roma), un volume edito da Baldini & Castoldi: L’algoritmo d’oro e la torre di Babele. Con il sottotitolo Il mito dell’informatica, il testo – scandito in due sezioni, cinque capitoli e una nutrita bibliografia – invita a una consapevolezza più attenta nei riguardi delle prospettive e delle conseguenze di uno sbilanciamento della società verso il sovra-dominio di una cultura digitale di massa. Se è vero che tra le urgenze della politica europea viene indicata la realizzazione di un modello di sviluppo innovativo, basato non solo sulla protezione dell’ambiente, della salute, della dignità individuale, ma anche sul progresso della tecnologia informatica, è altrettanto vero che è necessario guardarsi da una civiltà delle macchine che tenda a sovrapporsi alla civiltà umana, accompagnata da un eccesso di entusiasmo acritico, in una sorta di delirio di onnipotenza. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), nelle quali rientrano l’informatica, la cibernetica, l’elettronica e la telematica, hanno determinato una svolta epocale nelle relazioni interpersonali, nel modo di studiare, di lavorare, di produrre e di consumare risorse, utilizzando sistemi altamente sofisticati in grado di subentrare alla persona in compiti complessi. Gli autori di questo volume esprimono tuttavia il timore che in un prossimo futuro la persona venga sostituita dai computer anche nelle funzioni più̀ connaturate alla sua identità e coscienza.
Partendo dal commento degli articoli 9 e 33 della nostra Costituzione (che promuovono lo sviluppo delle cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutelando il patrimonio artistico e storico della Nazione e proteggendo l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e gli animali, anche nell’interesse delle future generazioni), Giovanni e Caterina Flick insistono sull’importanza di collegare la conoscenza e la difesa del passato alle istanze di rinnovamento digitale presenti nella società, purché tale progresso sia vigilato da indispensabili regolamentazioni istituzionali e da processi educativi, in modo da non fare dell’algoritmo un nuovo vitello d’oro da idolatrare. Raccomandano pertanto qualche cautela nell’esaltare euforicamente l’innovazione del mercato e del linguaggio globale, ricordando due episodi narrati nell’Antico Testamento: il diluvio universale e la torre di Babele. Nel primo racconto la rottura del rapporto con la natura aveva condannato l’ambiente umano e naturale alla catastrofe, nell’altro la presuntuosa e utopica sfida di una lingua unificante aveva portato alla distruzione dell’edificio costruito collettivamente.
Tante sono le minacce che provengono da un uso incondizionato e privo di controllo della digitalizzazione universale: non solo il cyberbullismo, la pedopornografia, le fake news, il rilevamento dei dati biometrici in luogo pubblico, il non rispetto della riservatezza personale, la sicurezza delle reti, le diseguaglianze nello sviluppo delle capacità cognitive. Si sono anche sottovalutati i costi della rivoluzione informatica e il suo consumo energetico, la necessità di investimenti e infrastrutture dispendiose, la competitività e il confronto sul piano internazionale con i colossi del web, l’urgenza di diffondere una nuova alfabetizzazione nelle diverse età e classi economiche.
Gli obiettivi di profitto e di potere che condizionano la gestione delle relazioni sociali potrebbero mettere in secondo piano l’identità dell’individuo-persona nell’eguaglianza di tutti e nella diversità di ciascuno. Si pongono infatti altri interrogativi di ordine etico e sociale, culturale e filosofico: l’uso dei Big Data, il diritto alla memoria e all’oblio, il rapporto con l’autorità e l’amministrazione pubblica, la strumentalizzazione dell’informazione per finalità non trasparenti, una percezione distorta della realtà attraverso la manipolazione virtuale, l’impiego di un linguaggio criptato accessibile a pochi eletti, o addirittura l’utilizzo di tecniche subliminali in grado di interferire sul pensiero umano. In campo giuridico, poi, si prospetta una “giustizia predittiva” in grado di suggerire decisioni, anziché fornire dati obiettivi ai magistrati, con il rischio di arrivare a una giustizia robotica.
In sostanza rischiamo forme di controllo e di sorveglianza di massa, senz’altro non democratiche e non rispettose dei diritti civili. Per di più, in termini di pura convivenza, “l’avanzamento della tecnologia – con la velocità, l’eliminazione delle distanze, la modifica del modo di comunicare – si traduce nella riduzione dello spazio, del tempo e delle relazioni, oltre che in una competitività esasperata”, producendo spesso dipendenza emotiva e intellettuale, e incoraggiando il narcisismo individualistico.
Sono problematiche che non vanno sottovalutate, per le quali gli autori propongono alcune possibili soluzioni nella seconda parte del volume, dedicata alla normativa giuridica che disciplina l’intricato e problematico universo informatico.
In primo luogo sarà fondamentale l’elaborazione di regole sulla raccolta delle informazioni e dei dati, sulla sorveglianza commerciale e sulle forniture di servizi, individuando e definendo l’ambito di responsabilità dell’utente, delle imprese produttrici e di quelle che sviluppano i sistemi software installati, predisponendo inoltre modalità risarcitorie in base ai rischi di danni. Poi si dovrà ridiscutere il sistema di tassazione per le grandi imprese, provvedere al rafforzamento del mercato e dei suoi nuovi strumenti come gli smart contract e le block chain, senza dimenticare la lotta alla disinformazione, all’hate speech, al furto di conoscenza e di identità. Infine, se è indifferibile il continuo aggiornamento delle conoscenze informatiche nei programmi scolastici a tutti i livelli, lo è altrettanto l’approfondimento di materie che sono state svilite, la rivalutazione della capacità di critica individuale, insieme alle competenze nella scrittura, oggi messa in secondo piano rispetto all’espressione orale.
Rimane irrisolta la questione di fondo, nei riguardi dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale, e cioè se sia possibile “inserire” in essi principi e idealità umane, in modo che sappiano operare scelte etiche, restituendo il giusto ruolo ai concetti di altruismo e cooperazione che si sono persi nel tempo. Per tale motivo deve soprattutto essere favorita “una coesistenza equilibrata tra uomo e macchina, nella consapevolezza che quest’ultima più si potenzia, più tende a essere vista come un fine e un valore, non come un mezzo e uno strumento”.
GIOVANNI MARIA FLICK, CATERINA FLICK, L’ALGORITMO D’ORO E LA TORRE DI BABELE
BALDINI & CASTOLDI, MILANO 2022, p. 176
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