Privacy

Big Data, biometrica e sorveglianza | Il tuo tatuaggio può identificarti

21 Luglio 2017

Questo articolo è, in parte, la traduzione di un pezzo pubblicato sul sito della Elettronic Frontier Foundation (EFF) scritto da Aaron Mackey, Dave Masss e Soraya Okuda nel 2016. Nonostante sia passato un anno dalla sua prima pubblicazione, rimane interessante per la chiarezza con la quale spiega le possibili – reali – violazioni della privacy che la biometria, applicata ai Big Data e allo sviluppo di algoritmi di ricerca, possono produrre.

Così come le tecnologie per il riconoscimento facciale e quelle per l‘analisi del Dna, anche l’uso dei tatuaggi come tecnica di riconoscimento apre vasti scenari nella violazione della privacy e nello sviluppo di tecniche di controllo.

La EFF è una organizzazione che si occupa di difesa di diritti civili e libertà di espressione nel mondo digitale.

 

Tattoos are free speech that we wear on our skin. (Electonic Frontier Foundation)

 

Riconoscere i tatuaggi, così come le impronte digitali, attraverso una tecnologia apposita che metta a confronto immagini stoccate in uno (o in tanti) database con video di sorveglianza, per esempio, o con foto prese per strada o durante una banale operazione di fermo o, ancora più facile, dal web. Non si tratta di uno scenario così improbabile, anzi.

I tatuaggi sono già un segno di riconoscimento; l’uso che ne viene fatto per identificare un criminale o una vittima è noto, così come quello per determinare l’appartenenza di un individuo a una gang o a un gruppo sovversivo. Cosa cambia? Che fino a poco tempo fa il tatuaggio restava legato a un supporto specifico, la fotografia, non era catalogato né stoccato e organizzato in un database. Sono i Big Data, bellezza.

Tra il 2014 e il 2015 alcuni ricercatori del National Institute for Standards and Technology (NIST, un’agenzia del governo americano, parte del Dipartimento del Commercio, che si occupa di nuove tecnologie) insieme a un gruppo proveniente dall’FBI hanno lanciato un programma per sviluppare e accelerare la tecnologia di riconoscimento dei tatuaggi.

Il programma si chiama Tatt-C (“Tattoo Recognition Technology Challenge”) ha un logo particolarmente evocativo ed è partito da un database di 15mila immagini. Queste arrivavano principalmente da foto prese sul corpo di carcerati poi suddivise in sottogruppi, affidati a una diversa azienda che si occupano di biometrica, ad istituti di ricerca e/o a università. Il compito era quello di fare esperimenti per elaborare algoritmi di ricerca in grado di comparare tatuaggi in diverse situazioni.

Alcuni test hanno confrontato diverse foto di tatuaggi sul corpo della stessa persona; altri hanno tentato di confrontare tatuaggi simili su persone diverse basandosi su caratteristiche “ricorrenti”: un crocefisso, Minnie o dei caratteri cinesi, per esempio.

Questo tipo di test pone dei seri problemi per quanto riguarda la privacy, la libertà di espressione, la libertà religiosa e il diritto di associazione. I risultati del Tatt-C, diffusi la scorsa estate, sono una sorta di quadro attraverso il quale creare leggi e tecnologie specifiche, nonché la base delle nuove ricerche nel settore. 

I test elaborati per il Tatt-C sono cinque e raccontano tanto rispetto al futuro uso delle tecnologie di riconoscimento dei tatuaggi.

Nota della EFF: il database creato per il Tatt-C contiene 15mila immagini che l’FBI ha ottenuto da foto prese su persone in carcere. Questa serie di dati è stata suddivisa in categorie e sottocategorie per permettere lo svolgimento dei test. Ogni ente partecipante al Tatt-C ha presentato, in maniera autonoma, i propri risultati che non sono stati verificati in maniera indipendente. Le percentuali citata sono quindi l’espressione dell’esperimento in sé ma non il riflesso della performance della tecnologia in generale.

La EFF chiese la fine di questo programma, che naturalmente, sta continuando.

Tattoo Detection: capire se una persona ha o meno un tatuaggio

Ogni corpo di polizia possiede un database di immagini, di ogni tipo. Prima di tutto le foto segnaletiche, poi quelle di cicatrici, voglie e, naturalmente, i tatuaggi. Tutte queste informazioni fino a ieri (fino ad oggi ancora) sono tutte insieme, non catalogate o, spesso, catalogate male. Senza l’aiuto di un computer è quindi necessario molto “lavoro umano”, tanto tempo perso in un archivio, per poter trarre da questa mole di informazioni qualcosa di utile. Il NIST sostiene, non a torto, che una ricerca automatica sui tatuaggi permettere una migliore catalogazione delle immagini. In questo caso quali sono i problemi di privacy? Che una tecnologia di in grado di riconoscere se una persona è tatuata apre la strada per un algoritmo che isola i tatuaggi da immagini raccolte sul web (i social media sono pieni di foto di corpi tatuati, per esempio) o attraverso videocamere di sorveglianza.

Il team di Tatt-C ha fatto sapere che 3 diversi algoritmi possono riconoscere un tatuaggio con una percentuale di riuscita del 90%. La compagna MorphoTrak, un’azienda privata che si occupa di biometrica, ha ottenuto il miglior risultato: sono stati in grado di riconoscere un’immagine contenente un tatuaggio con un’efficacia del 90%.

Tattoo Identification: confrontare le immagini del tatuaggio sulla stessa persona in momenti diversi nel tempo

Quando diciamo “biometrico” stiamo parlando di caratteristiche comportamentali o fisiche che possono essere usate per per identificarti. Per esempio le impronte digitali sono utilizzate da tempo come mezzo per identificare un sospetto. Il riconoscimento di un tatuaggio può avere lo stesso tipo di impatto e di applicazione.

Diciamo che, ad esempio, un poliziotto fa domande a qualcuno per strada e che questa persona rifiuta di fornire una documento di identità. L’agente, sempre in maniera teorica, potrebbe far passare un’immagine di un tatuaggio del soggetto in un database per cercare una foto non della stessa persona, ma dello stesso tatuaggio fatta durante un precedente arresto. Una delle applicazioni possibili di questo tipo di tecnologia da parte del NIST è, per esempio, la possibilità di applicarla a video di sorveglianza nei quali un sospetto indossa una maschera, ma nel quale è possibile individuare una parte di un tatuaggio che si vede attraverso gli abiti.

Gli esperimenti fatti dal Tatt-C su foto dello stesso tatuaggio prese in diversi momenti nel tempo hanno avuto un successo del 95%: anche in questo caso MorphoTrak è l’azienda che ha ottenuto il miglior score.

Region of Interest: confrontare una parte di un tatuaggio con tutta l’area tatuata.

NIST usa questa tecnica per descrivere fino a che punto un algoritmo può confrontare una piccola parte di un tatuaggio più ampio con il tatuaggio nella sua interezza.

A volte una telecamera può riprendere solo una parte di un tatuaggio che è visibile da parti del corpo non coperte da abiti, per esempio. (Vi ricordate del collo tatuato di George Clooney in “Dal tramonto all’alba?”). Da qui ci si chiede se sia possibile, partendo da un database naturalmente già esistente, risalire a un’immagine dell’intero tatuaggio. Questa tecnologia permetterebbe il riconoscimento di un tatoo anche se la persona lo ha modificato (in estensione), nel corso degli anni.

L’Università di Purdue, su questo esperimento, ha sviluppato una app in collaborazione con il U.S. Department of Homeland Security che ha raggiunto risultati che toccano il 91,6% di precisione.

Mixed Media: confrontare un tatuaggio con un’immagine simile, ma su un altro supporto.

Quando si fa un tatuaggio è raro che il tatuatore faccia il primo schizzo direttamente sulla pelle del cliente ma, molto probabilmente, userà un pezzo di carta da cui poi ricavare il calco. La questione per il ricercatore è se l’algoritmo può invertire il processo e, invece di fare una comparazione tra tatoo, la può fare con un’immagine su altro supporto.

Esempio: se un testimone vede un tatuaggio durante un crimine e ne viene fatto poi un disegno, questo può essere confrontato con un database? Oppure con un’immagine di un murale? La quantità di dati che si possono ottenere a questa intenzione è potenzialmente enorme: per esempio la “A” cerchiata di “Anarchia” potrebbe far emergere migliaia e migliaia di persone.

Al momento questa è la tecnologia meno sviluppata e i risultati hanno mostrato un successo del 36%, ma esiste già un’applicazione GARI, usata dalla polizia dell’Indiana, che mette in relazione graffiti e tatto per esempio.

Tattoo Similarity:  incrociare i tatuaggi di persone diverse che hanno lo stesso elemento o simbolo.

Una delle applicazioni possibili di questo tipo di tecnologie è proprio mettere in evidenza connessioni tra le persone. In questo modo si potranno creare liste di persone che condividono una visione religiosa, politica o un’affiliazione di altro tipo (band musicale, gang, gruppi militari…). In questo caso è alta la possibilità di avere dei falsi positivi: tatuaggi simili ma che, simbolicamente, non hanno nulla a che fare con un’appartenenza.

Anche in questo caso la tecnologia è in uno stadio non avanzato con risultati che non hanno superato il 14.9%.

Compagnie come MorphoTrak e DataWorks offrono già, nel loro pacchetto vendita, oltre al riconoscimento facciale, analisi del Dna e impronte digitali, il riconoscimento dei tatuaggi. In California uffici di pubblica sicurezza hanno contratti con queste aziende.

E ora? Dalla pubblicazione di questi dati le ricerche stanno andando avanti in effetti: il NIST alla conclusione di Tatt-C ha lanciato il “Tattoo Recognition Technology-Evaluation” (Tatt-E), il cui scopo è automatizzare i risultati ottenuti dal Tatt-C, con un database ampliato a 100mila immagini, dicono dall’EFF.

Se già le tecnologie di riconoscimento facciale pongono importanti problemi di privacy, allo stesso tempo tutti noi dovremmo informati sull’invasività delle tecnologie di riconoscimento dei tatuaggi: non si tratta infatti si sola indentifiazione, ma della possibilità di ritracciare, nel tempo e nello spazio, una persona attraverso i suoi segni che ha deciso di fare sul suo corpo. 

In maniera più generale si tratta di agire con consapevolezza riguardo all’uso che si fa dei propri dati (sei sicuro di voler pubblicare sul tuo profilo Facebook una foto del tuo bicipite tatuato o della farfalla sulla tua spalla? e, in maniera ancora più generale, del tuo compleanno, delle tue vacanze o dei tuo figli?) e di come le tecnologie di controllo e di sorveglianza si sviluppano in maniera proporzionale alle quantità di dati che ogni giorno produciamo, in maniera consapevole o meno, ad uso di aziende private e, in seconda istanza, degli apparati statali.

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