Costume

Per una epidemiologia della stupidità 6 – Le piccole vacanze

27 Aprile 2020

Ci sono poche cose, per me, più deprimenti che leggere un quotidiano.

Se ogni tanto mi sottopongo a questa mortificazione è perché credo che nella struttura rudimentale e primitiva del giornale, si fissi quella figura della barbarie che in altri media, radio o televisione, assume una configurazione, magari più efficace, ma incorporea e sfuggente. Sulla pagina la stupidità e la ferocia acquistano invece una dimensione tattile e raggiungono qualche volta la forza iconica delle pitture rupestri. Sospetto che, se l’umanità dovesse sopravvivere, nelle storie dell’arte del cinque o seimila dopo Cristo, le grotte di Lascaux e la prima pagina del Corriere della Sera, una accanto all’altra, faranno un figurone.

Abbiamo festeggiato il 25 aprile e sui giornali la resistenza ci è stata servita a colazione.

Si resisteva a cottimo.

Su La Repubblica, in prima pagina, Michele Serra non soltanto resisteva, ma ci ha rivelato che la liberazione arriverà presto e di sicuro.

Da cosa o da chi verremo liberati non era chiarissimo (malvagità, odio, coronavirus…chissà) ma pur mantenendosi nel vago Serra riusciva a stare, come sempre, sul pezzo: “Nell’occasione in corso, e non è una differenza da poco, è la popolazione intera a ritrovarsi oppressa. I contrasti politici, ideologici, religiosi sono meno rilevanti, di fronte alla minaccia comune”.

Questa bella comunanza veniva ribadita appena più in là da un titolone che sfoderava il NOI delle grandi occasioni: “MARE, MONTAGNA E SECONDE CASE: LE VACANZE CHE FAREMO. Da Erice a Cortina si studia come garantire il distanziamento. Ma per un’estate d’altri tempi la vera certezza sono le seconde case: presto si potrà andare anche in quelle fuori regione”.

Dunque la minaccia è comune, il fronte pure, tutta la popolazione si ritrova oppressa al di là dei contrasti ideologici, politici e religiosi…però “la vera certezza restano le seconde case”.

Perciò, sì, è vero che “Niente sarà più come prima”…ma, per Michele e per gli amici che il sabato sera si vedono da Fulvia, qualcosa, almeno, non cambierà: il lacerante dubbio stagionale: quest’anno si va al mare, in montagna o in crociera? Nessun venticinque aprile, ahimè, li libererà da quella incombenza e dalle pesanti responsabilità che ne conseguono. D’altra parte per i privilegiati, come il sottoscritto, che da decenni vengono risparmiati da quel dilemma, le “vacanze che faremo” saranno comunque identiche a quelle che abbiamo sempre fatto: una sdraio al balcone, un libro (o, a piacere, la settimana enigmistica) e un tè freddo. Se per Serra, Fulvia e i loro amici, dunque, “Niente sarà più come prima” tranne quel fastidioso quesito annuale, noialtri che al balcone siamo stati finora e al balcone resteremo- coronavirus o no – non saremo infastiditi neppure da quella perplessità insolente come una zanzara.

E così, resistenza e liberazione a parte, neppure con questo venticinque aprile per noi sarà cambiato un cazzo.

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