Diritti

Parla come mangi e ti dirò chi sei

19 Maggio 2021

Accendo la tv e si parla del politicamente corretto. Cambio canale e si è sempre lì. Ieri se ne parlava pure, così come l’altro ieri e la settimana scorsa. Evidentemente il politicamente corretto sta ponendo dei problemi. Non si può insultare in nome della libertà di espressione. Verissimo e giustissimo. Ma guarda caso, questa “libertà di espressione” che da alcuni viene portata avanti come la bandiera di tutte le libertà fondamentali, poi si traduce spesso in violenza o in cortocircuiti della sintassi. I fan di certi Capitani o di certe sorelle d’Italia, per esempio, che seguono ogni minima pisciatina (ops… si potrà dire o bisogna usare minzionina o minzioncina?) fuori dal vaso dei loro leader del cuore, sembra che del politicamente corretto se ne strafreghino, né d’altro canto, i titolari del profilo facebook o youtube o comunque social pubblico, ossia i politici stessi, cancellano i commenti offensivi e violenti degli ammiratori, anzi, se ne fanno un vanto, li lasciano lì per alimentare il fuoco. E sì, perché quei commenti così coloriti, pieni di livore, astio, rabbia, sono il nutrimento dell’immagine stessa di quei leader. Corretto non lo è di certo, politicamente invece molto. Ma il politicamente scorretto sembra sempre e solo quello degli avversari.

Ai ciechi, per esempio, non credo importi molto di essere nominati non vedenti, così come a un handicappato portatore di handicap, se poi, dopo l’ipocrita rimozione del termine incriminato e tacciato di obsolescenza, non segue la rimozione dei veri problemi ossia le barriere architettoniche, o la mancanza di dispositivi acustici o la trascrizione in Braille di tutto, perché i ciechi e gli handicappati restano tali anche se cambi loro il nome. A parte il fatto che cieco e handicappato di per sé non sono offese. Né lo è contadino, nel significato primario del termine, che oggi dev’essere chiamato operatore agricolo, oppure netturbino, operatore ecologico. Cosa cambia in quest’ipocrisia idiomatica che crede che il problema si risolva unicamente in superficie ma lasciando la monnezza al suo posto e mettendole il belletto?

L’Avanti, pagina spettacoli di Milano, 1971. I ballerini erano negri e, nonostante lo fossero, hanno avuto un grande successo

Cos’ha di più accettabile diversamente abile da disabile, se non ci sono le rampe di accesso? La nostra epoca è maestra nel camuffare i problemi, soprattutto dando un aspetto più presentabile ai problemi senza avere minimamente, in fondo, l’intenzione di risolverli. Può darsi che sia meglio partire dalla soluzione dei problemi e poi, casomai, cambiare il lessico, perché finché un problema persiste il lemma rimane a identificare l’oggetto di quel problema e il nuovo lemma non inquadra la realtà ma solo una sua proiezione. Certo, altra cosa è l’insulto; perché se continuo a dire “sporco negro” o “sporco ebreo” o “frocio di merda” questa non è espressione di altro che un atteggiamento insultante. Ma se “negro”, “ebreo” e “frocio” (e molti altri termini) fossero usati normalmente come vocaboli senza alcun attributo peggiorativo e senza intenzione offensiva io credo che perderebbero la loro carica dispregiativa che hanno acquistato nel tempo e nella cultura. A parte il fatto che “ebreo” non è per niente spregiativo, anzi, gli ebrei vanno fieri di essere considerati ebrei, ma diventa un termine da maneggiare con cura per il senso di colpa che è seguito allo sterminio nazifascista e ancora oggi crea qualche problema.

La fragile ipocrisia idiomatica nasconde disagi molto più profondi e sensi di colpa abissali. Io suggerirei di rispolverare un adagio lombardo, colorito, in quanto popolaresco, ma efficace: “Alegher, alegher, che el büs del cü l’è negher” ovverossia “State allegri che il buco del culo è sempre nero”. Traslato: “Allegria! Tanto, nella cultura italica, le cose sono ciò che sono, non cambiano”. Sa tanto di roba leghista ma credo che sia di parecchio antecedente all’invenzione del movimento regionale e sovranista. Equivale, in maniera meno elegante, in quanto c’è sempre una parte anatomica che sembra ossessionare i lumbard, al siciliano “Cu nasci tunnu un pò moriri quatratu”, che è più potente, se si vuole, usando anche una sapienza geometrica aliena al lombardo, nonostante sia passato dal Ducato il grande Leonardo e abbia lasciato delle tracce di sapienza ingegneristica. D’altro canto la Sicilia era il fiore all’occhiello del mondo arabo nel Mediterraneo e gli arabi, si sa, tra le tante cose, inventarono l’algebra e curarono le scienze.

’Sto politicamente corretto sta diventando politicamente molesto, soprattutto quando, da parte delle destre, viene usato destramente per dimostrare che l’insulto dovrebbe essere consentito. Ma se l’insulto viene diretto all’intoccabile sorella d’Italia (va detto, unica signora in un panorama di leader politici di soli signori) allora diventa tale e da condannare colla decapitazione per lesa maestà. Se invece los hermanos de Italia dicono di votare con la testa e non con il culo,

come fecero i due candidati alle elezioni 2013, Raffaele Zanon al Senato e Alberto Romano Pedrina alla Camera, tutto va bene, questo sembra loro corretto, e lo sembra tanto da sentirsi in dovere di esprimerlo pubblicamente, con un video muto, fatto di cartelli, e corredato di colonna sonora chopiniana. La sorella d’Italia, va detto, corse subito ai ripari prendendo le distanze dallo scivolone regionale, cercando di arginare la deriva sociolinguistica dei candidati.

Vabbè, sempre in Veneto, che si sa è un posto dove la linguistica non va tanto per il sottile e rispecchia molto bene certi esponenti della politica locale, vedi anche il famigerato sindaco sceriffo di Treviso Giancarlo Gentilini che voleva fare “una pulizia etnica dei culattoni”,

dimostrando ancora una volta che anche in Veneto, quella parte del corpo risulta importante tanto quanto in Lombardia. Forse per non essere da meno, diciamo per complesso d’inferiorità, perché la Serenissima, a parte un glorioso passato, poi ha sempre avuto un ruolo subalterno. Le cameriere, per esempio, nell’immaginario del dopoguerra, erano venete, e il ribaltamento semiotico ed estraniante della pubblicità dell’Olio Sasso presentò una cameriera neGra che parlava in veneto, Matilde (la simpaticissima Edith Peters, cantante e attrice di successo anche in Italia): ghe semo, la paura de la panza. Capolavori del politicamente corretto anni ’60, epoca di grande fantasia.

Ma si sa, la Lega è così, bisognerebbe relegarla a un fenomeno folclorico da adunata degli alpini che sbevazzano e che buttano le briciole della polenta avanzata insieme alla tovaglia di carta nell’immondizia (non credo differenziata). Quando invece assumono posti di potere arrivano i problemi. Anche perché, bisogna dirlo, colla lingua (intesa forse non come parte anatomica come il suddetto e tanto utilizzato posteriore), sia italiana che straniera, non hanno molta dimestichezza.

https://www.youtube.com/watch?v=VATDrwX1z-c

La cosa divertentissima di questo video (autentico!) è che anche la traduzione in linguaggio LIS, risente dell’errore…

 

0 Commenti

Devi fare login per commentare

Login

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.