Media

Una pandemia di imbecillità

8 Marzo 2020

Vorrei precisare, per i soliti pedanti, che quello che segue non riguarda se non indirettamente il coronavirus.

Riguarda invece, direttamente, la pandemia di imbecillità che ne è seguita.

Nove post su dieci sui social forum, nove articoli su dieci sui giornali, cartacei e on line, e dieci chiacchiere su dieci, in tv e alla radio hanno come tema il coronavirus in tutte le sue implicazioni.

Certo, mi sarebbe piaciuto di parlar completamente d’altro, come ho fatto fino a ieri e continuerò a fare ma ci sono limiti di bestiale efferatezza che non dovrebbero venire oltrepassati impunemente.

Questa notizia  (https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/07/news/coranvirus_limite_di_eta_per_i_ricoveri_in_tempi_di_emergenza_sono_necessari_dei_criteri_etici_condivisi_-250547728/?fbclid=IwAR0LhLm-X4Nh0k-jLl4kq2mUA6fJbrvK6MZ34T64Ddxbff0TeUWrUe8GjHQ) pubblicata ieri su la Repubblica li oltrepassa e fa il paio con la pubblicazione (su tutti i giornali) del decreto sulla chiusura della Lombardia. I risultati di quest’ultima bravata giornalistica li abbiamo visti nella notte e continueremo a vederli nei prossimi giorni. La pubblicazione di quella folle “dichiarazione” della “Associazione anestesisti” (non so che cosa mi rappresenti né so a che titolo si esprima e non m’importa ma so che non dovrebbe permettersi di “dichiarare” alcunché “urbi et orbi” e, semmai, solo di comunicare, professionalmente, con il governo e tramite i canali adeguati) è meno diretta ma assai più dirompente.

Ambedue manifestano la nostra totale immersione in uno stato catatonico di nevrosi mediatica oramai fuori controllo e del tutto privo di precedenti storici e di esiti in qualche misura prevedibili. Ma manifestano soprattutto quale sia il ruolo giocato dal giornalismo nella barbarie pandemica, la complicità interessata di chi “professionalmente” passa queste notizie ai giornali e di chi le pubblica.

Ambedue andrebbero processati per crimini contro l’umanità. Invece, magari, alla fine daremo loro un premio.

Perché la catastrofe non è il coronavirus. La catastrofe è il sistema mediatico che (lo) ha generato e che ormai coinvolge, senza distinzioni anche quelle strutture professionali che dovrebbero fargli fronte e sarebbero tenute a fare il lavoro per cui sono pagate e tacere o comunicare solo (via cablogramma) con chi di dovere.

Invece ecco: anestesisti coglioni che, con tanto di camice verde, si autoriprendono per dirci “amatevi” come se questo rientrasse nei loro compiti professionali; virologi indementiti che, freschi di permanente, si prendono a pernacchie l’un l’altro; esperti di ogni genere che, dicendo per ventiquattro ore al giorno ogni giorno della settimana le medesime miserabili stronzate (“per informare” dicono ma informare con niente e sul niente) contribuiscono alla irrazionalità e alla follia.

Perciò il coronavirus, in confronto, è acqua fresca.

Il vero e unico contagio letale è il sistema mediatico che ogni giorno produce questo orrore e il narcisismo immondo di “esperti” prezzolati che hanno fatto e fanno della popolarità mediatica una redditizia professione e speculano finanziariamente su “LA SCIENZA”, entità divina e ineffabile di cui ciascuno di loro sarebbe confidente esclusivo e privilegiato.

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