Costume
Numeri che non interessano a nessuno 2 – Rovesciare il tavolo
Una distribuzione così ineguale della ricchezza impone le sue regole del gioco ma trascende la volontà dei singoli giocatori. Gli interessi di questi ultimi possono apparire perfino contrapposti e i loro ruoli intercambiabili ma, in realtà, essi assumono sempre, con perfetto fair play, quelle regole come immodificabili. Per questo nell’economia complessiva del gioco mediatico non ha alcuna importanza quale parte assuma, di volta in volta, ciascuno dei partecipanti. Sia il giornalista progressista “di denuncia” che il mezzobusto bigotto e reazionario (si chiami Gabbanelli o Vespa, Giordano o Formigli) sia il comico da cinepanettone che il “satirico” da prima serata, giocano lo stesso gioco anche se occupano postazioni differenti. A nessuno di loro salterebbe dunque in mente di rovesciare il tavolo, perché solo stando seduti a quel tavolo hanno la possibilità di intascare, a giro, il piatto.
E giocando secondo le regole consolidano il tavolo e attestano il loro ruolo.
Per questo le ipotesi complottiste oltrepassano di gran lunga il bersaglio; non applicano il rasoio di Occam e ipotizzano improbabili, complicatissime, congiure planetarie laddove non ce n’è alcun bisogno e tutto funziona a perfezione nella più serafica buona fede (o, al massimo, con appena una spolverata di ipocrisia). Non servono cervellotiche strategie di dominio quando il gioco è condotto dagli stessi partecipanti che hanno tutto l’interesse a non rinunciare al privilegio di parteciparvi. E’ evidente che, ad ogni smazzata, ci saranno perdenti e vincitori, ma è proprio questo che rende la partita credibile e ne consolida il funzionamento. Nell’economia complessiva del gioco non ha importanza chi vinca e chi perda; l’interesse primario degli uni come degli altri è che si continui a giocare secondo le regole. Fino a che ci sarà partita si beneficerà dei privilegi che ne derivano: sedere comodamente al tavolo ed avere la possibilità di intascare la posta.
Solo quelli che si accalcano intorno senza altro vantaggio che sgomitarsi follemente l’un l’altro avrebbero l’interesse di porre fine a una partita che non giocheranno mai. Ma, fino a che s’illuderanno che, vincendo l’uno o l’altro, per loro cambi qualcosa, rimarranno stipati a fare il loro tifo da straccioni. Il meccanismo, del resto, non è molto diverso da quello che fa funzionare il mondo del calcio, nel quale moltitudini di poveracci si esaltano e si prendono disinteressatamente a legnate per le imprese di un pugno di milionari che, con compensi insensati, contribuiscono alla loro miseria. Vincendo, s’intende, quei giocatori diventeranno ancora più ricchi, eppure perfino perdere non annullerà i privilegi di cui godono: potranno sempre vincere la prossima partita. L’unica cosa che conta, per il privilegiato che vi prende parte, è dunque che il gioco, in un modo o nell’altro, continui.
Solo chi non vi partecipa ha interesse davvero a rovesciare il tavolo.
E solo lui può farlo.
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