Letteratura
Nostalgici di Gianni Minà
Gianni Minà apparteneva ad un giornalismo che non c’è più.
Oggi ci sono gli urlatori che vengono pagati per fomentare e provocare risse o per genuflettersi davanti al campione cui supinamente rivolgono domande ovvie, o compiacenti. Sono i giornalisti che baciano la pantofola, il cordone del potere, maggiordomi, servili, da livrea.
Minà era di un’altra razza, di un taglio poetico, capace di diventare amico atleta. Era il giornalista che ci faceva comprendere l’uomo Maradona, Cassius Clay, Pietro Mennea.
Per questa ragione era preferito ad ogni altro: quando poneva le domande sorrideva con un filo di malinconia, appariva dimesso, ma addolciva l’intervistato che si confessava, si apriva, si confidava con Minà.
Maradona quando fu cacciato via dal mondiale del 1994 per doping, volle parlare solo con Minà, allo stesso modo Mennea quando conseguì il record del mondo a Città del Messico.
Minà non era solo giornalista di sport, ma anche di spettacolo, cinema, politica.
La sua famosa “agenda“, come lo canzonava Massimo Troisi che agognava di possederla, conteneva nomi illustri: Garcia Marquez, Robert De Niro, Federico Fellini, Sergio Leone, Ettore Scola, Fidel Castro, Vinícius de Moraes, Toquinho.
Perché era un amico del Mito, ne coglieva lo spessore umano, era capace di indagare quello che c’era dietro e dentro il campione o l’artista.
E tutti lo cercavano. Erano entusiasti i divi che si sentivano tali, perché intervistati da Minà e non viceversa perché erano già famosi.
Era il giornalista italiano più conosciuto estero. Ha intervistato anche i Beatles.
Ha condotto programmi prestigiosi, come “Blitz”, “Alta classe” “Notte per uno scudetto “, quando il Napoli lo conseguì per la prima volta: e volle utilizzare il tocco poetico di una canzone: “Tu mme diciste: “Sí ‘na sera ‘e maggio”.
Era molto preparato e scriveva anche bene, è stato uno stimato direttore di giornali sportivi.
Era l’epigono di una grande scuola: quella cui apparteneva Gianni Brera, Gino Palumbo, Giorgio Tosatti, Candido Cannavò, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Alfredo Pigna, Bruno Pizzul, Gianni Mura. Sapevano mettere il congiuntivo e facevano poesia.
Siamo nostalgici di Minà, capace di riunire in una trattoria romana “Checco Er Carrettiere”, storico ristorante di Trastevere, Garcia Marquez Robert De Niro, Cassius Clay, Sergio Leone, in una sera d’estate per l’affabulazione di racconti e storie di vita.
La sua mancanza ci intenerisce.
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