Musei

No, i Francesi non «rottamano» i numeri romani. J’accuse!

19 Marzo 2021

C’è costernazione fra gli italici commentatori in merito all’introduzione dei numeri arabi in alcune didascalie al Musée Carnavalet, il museo parigino dedicato alla storia della Ville Lumière. Ristrutturato dopo quattro anni di lavori, in procinto di riaprire non appena il limbo pandemico lo consentirà, il museo di Parigi ha fatto sapere, tramite la sua curatrice Noémie Giard, che alcuni percorsi guidati, principalmente quelli destinati a utenti con disabilità, vedranno l’uso dei numeri arabi in luogo di quelli romani.

In Italia, la frangia dei timorati di qualsiasi cambiamento è andata in tilt. Gramellini, sul Corriere, tuona tutta la sua disapprovazione. Prima parla di « catastrofe culturale », poi minaccia : «Ai tempi di Luigi XVI-16 le avrebbero tagliato la testa per molto meno», dice alludendo alla povera Giard, rea di avere pensato che un museo frequentato da gente di tutto il mondo potrebbe beneficiare, in qualche percorso, dell’uso di numeri che tutto il mondo conosce. Ma per fortuna, magnanimo, le concede una chance: «Noi gliela risparmiamo volentieri, a condizione però che la usi». Quella stupidina.

Anche Il Foglio non è da meno. Titolo: «Abbasso i numeri romani ». Occhiello contrito : « La gente non sa leggere e il museo abolisce Luigi XIV. Si chiamerà “14” ». Nel testo, decapitazione della notizia: « E anziché mettere una legenda all’ingresso, o aggiungere una parentesi al cartello espositivo con il numero arabo ordinale, hanno preferito tagliare la testa al passato».

Non manca, ovviamente, chi in questa appassionante guerra dei numeri vede il nemico di sempre, ovvero il temibile politically correct. Il j’accuse viene da Luciano Canfora, interpellato sempre dal Corriere (del resto, perché non dedicare più di un pezzo a notizie di tale spessore?). Secondo il noto classicista, la  «stupidità» di questa scelta del museo francese è parte «Di una piaga più generale, quella del ‘politicamente corretto’». Era un po’ che nessuno lo nominava e iniziavamo a preoccuparci.

E in Francia? Tranne qualche borbottio, la numerazione dei pannelli del Carnavalet, che del resto è sulla scia di una mossa simile fatta cinque anni fa dal Louvre, non ha suscitato tutto questo clamore. Ha stupito, invece, la reazione italiana. Tanto che, in un divertente cortocircuito, testate che non avevano dato troppo peso al caso in sé hanno invece considerato notizia proprio la reazione dei nostri giornali. Nella pagina culturale del Figaro leggiamo che «La stampa italiana insorge», mentre il sito France Info, sempre in risposta all’attacco d’ansia d’oltralpe, pubblica un comunicato di rettifica da parte dello stesso museo, e addirittura si scusa con i lettori per avere ingigantito il caso.

Così recita il comunicato: « Per i nomi dei re, l’uso dei numeri romani è stato mantenuto in tutti i testi del museo (pannelli, didascalie, cartelli per i bambini, schermi) ad eccezione dei dispositivi d’accessibilità universale (quindi quelli indirizzati a un’utenza portatrice di disabilità, ndr) che sono solo una parte del percorso. Di circa tremila fra testi, cartelli e contenuti del nuovo percorso espositivo, sono centosettanta quelli che hanno adottato lo stile di accessibilità universale ». Sono quindi poco più di un centinaio su tremila i numeri arabi che usurpano la numerazione romana. I guardiani della tradizione possono tirare un sospiro di sollievo: per ora, la cultura è salva.

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