Religione
Per quanto tempo ancora faremo della mangiatoia il simbolo dell’ingiustizia?
È incredibile a volte come le parole possano acquistare nel tempo un significato molto diverso. Oggi infatti sentir parlare di “mangiatoia” ci fa venire in mente il Parlamento, dove è stata apparecchiata da poco la tavola imbandita della stabilità, nel senso di poter mangiare stabilmente senza preoccupazioni. Oppure lo scandalo della mafia a Roma, dove la Bella Addormentata si è accorta al suo risveglio che il principe dei centri di accoglienza era il lupo di Cappuccetto Rosso.
Eppure “mangiatoia” è una delle parole più ricorrenti nei racconti evangelici sul Natale: Maria depose il bambino in una mangiatoia; l”angelo dice ai pastori di cercare un bambino deposto in una mangiatoia. E una mangiatoia, a giudicare dalle foto su Facebook, è probabilmente presente in molte case degli italiani: non nel senso che hanno aderito al programma “adotta un politico” ma nel senso che, ascoltando i teneri inviti dei leghisti, notoriamente difensori dei valori cristiani della tolleranza e dell’universalità – qualcuno spieghi a Salvini cosa vuol dire la parola “cattolico”– hanno allestito in casa un presepe, cioè appunto una mangiatoia.
Se pensiamo che quella mangiatoia si trovava a Betlemme, che significa casa del pane, sembra abbastanza probabile che il messaggio del Vangelo abbia a che fare con il bisogno di mangiare e con la fame, un bisogno che in molti modi gli uomini e le donne si portano dietro per tutta la vita. Abbiamo fame di affetto, fame di dignità e di riconoscimento, abbiamo fame di giustizia e di verità, fame di conoscenza, e in tanti hanno fame proprio di pane, quello fatto con la farina, non quello metaforico.
Il bambino deposto in una mangiatoia nella casa del pane sembra dirti che è lui la risposta alla tua fame.
A dire il vero la Bibbia non è nuova a questa attenzione al mangiare, anzi i suggerimenti sul cibo sono così frequenti che potrebbe sembrare a volte l’opera omnia dello chef Cracco o la trascrizione di un programma sulla salute di Luciano Onder.
Le prime parole della Genesi hanno a che fare con i frutti che si possono mangiare e quelli che si devono evitare, ma siccome quello che piace è sempre quello che fa più male, Eva scelse ovviamente il frutto sbagliato.
Lungo tutta la Bibbia gli uomini hanno continuato a chiedersi cosa fosse giusto mangiare. Il messaggio del bambino nella mangiatoia di Betlemme non era stato molto chiaro, bisognava essere più espliciti. La mangiatoia diventerà un cenacolo, comunque un luogo dove si mangia, ma decisamente più confortevole: «Questo è il mio corpo, mangiatene tutti!». Fino alla fine Gesù torna a ripetere che è lui la risposta alla nostra fame. Ma è una risposta per tutti che non esclude nessuno.
È questa per me la grande provocazione del Natale: abbiamo trasformato la mangiatoia nel luogo dell’abuso e dell’interesse personale. Da simbolo della possibilità di vita per tutti, abbiamo trasformato la mangiatoia nel simbolo dell’ingiustizia.
Quest’anno torneremo a guardare, chi più distrattamente chi con più devozione, la mangiatoia di Betlemme, e ci ricorderà con la forza del suo silenzio che abbiamo distrutto la solidarietà sociale. Ci ricorderà che alcuni hanno ficcato la testa nella mangiatoia e hanno respinto a calci tutti gli altri.
La mangiatoia di Betlemme è un grido, un appello, un’ultima chiamata alla solidarietà: è l’unica via per uscire dalla crisi. Non si tratta di penalizzare qualcuno, additandolo a capro espiatorio, si tratta di impegnarci tutti responsabilmente per correggere gli squilibri che abbiamo immesso nel sistema della vita sociale: dalla sproporzione tra i redditi allo squilibrio tra tutele dei nonni e incertezze dei giovani. Occore un’alleanza.
La mangiatoia di Betlemme non ha un sistema di controllo. Dio si è fidato della coscienza degli esseri umani, affidando a noi la responsabilità di condividere la vita. Vorrei che in questo Natale qualcuno alzasse la testa affondata nella mangiatoia e incrociasse lo sguardo del bambino della casa del pane.
Nella foto in alto, “All’opera”, Presepe Vivente, Piscopio © Ercolina (tratta da Flickr)
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