Economia civile
Morire di lavoro, strage infinita
Comunicati dall’INAIL i dati relativi ai primi sei mesi del 2021. Non c’è alcun dubbio, si tratta di una strage infinita.
Sono state 538 le morti sul lavoro avvenute nel primo semestre del 2021. Lo comunica l’INAIL confermando i dati che ci sono arrivati centellinati dalle prime pagine, ma non sempre, delle principali testate giornalistiche italiane. Risulta evidente come, nel disprezzo massimo della vita umana, le morti sul lavoro siano una piaga per l’intero Paese e che, proprio nel primo semestre del 2021, siano aumentate tra i lavoratori più giovani rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
S’impone oggi più che mai un’attenta riflessione circa la garanzia della sicurezza dei lavoratori perché è quantomeno inammissibile che si debba perdere la vita proprio nell’esercizio di un diritto fondamentale espresso dalla nostra Costituzione, il diritto al lavoro.
Ma non solo. È più che mai necessario che non si continuino a considerare i morti sul lavoro sterili numeri statistici con i quali, nel bene e nel male, si devono fare i conti.
Dietro a ogni singolo caso c’è un essere umano, una persona fatta di carne, sangue e sogni. Perché dietro ad ogni vittima c’è una famiglia, una madre e un padre, mogli e mariti, figli, affetti ma soprattutto, un essere umano che qualcuno, la sera, aspetta a casa.
Ma ancora una volta, rischiano di esserci morti di serie A e morti di serie B perché se sono risultate eclatanti agli occhi dell’opinione pubblica le morti di Laila El Harim, la 41enne schiacciata la mattina del 3 agosto da una fustellatrice nell’azienda in cui lavorava in provincia di Modena che ha lasciato una figlia di 4 anni e quella della 22enne Luana D’Orazio, travolta da un macchinario in un’azienda di Prato esattamente 3 mesi prima, il 3 maggio, spesso la morte sul lavoro colpisce i cosiddetti invisibili, cittadini spesso stranieri vittime non solo del lavoro ma anche degli stessi imprenditori, se così possono essere definiti, che hanno completamente disatteso le norme relative alla sicurezza di chi lavora per loro e, ancor più spesso, li fa lavorare senza contratti regolari tanto da far nascere il sospetto che il dato reale sia , ahimè, molto superiore perché gli invisibili, ce lo ha raccontato la cronaca già negli anni scorsi, vengono cancellati anche nella loro presenza sul posto di lavoro.
Ancora una volta, come è oramai consueto in questi ultimi anni, il Sud della penisola paga il prezzo più alto. Sempre secondo i dati dell’INAIL, proprio nel Sud si è passati, sempre nel primo semestre del 2021 da 115 a 157 morti. I dati non sono però confortanti nel resto dell’Italia con una crescita delle vittime sia nel Nord-Est sia al Centro. Dall’analisi per classi di età si segnala inoltre un aumento di morti sul lavoro per i giovani tra i 20 e 29 anni, con 6 decessi in più, e per la fascia 40-54 anni, nella quale si registrano 28 casi in più. Sembrano invece diminuiti per la fascia d’età 30-39 anni, con 7 casi in meno, e in quella over 55, con 59 decessi in meno.
Ovviamente, la stessa INAIL avverte che: “Il confronto tra il 2020 e il 2021 richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio Covid-19, in particolare del mese di marzo 2020. Si fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un più o meno lungo periodo di tempo intercorso dalla data del contagio”.
Inoltre INAIL nel comunicato che accompagna i dati sulle morti sul lavoro si sofferma anche sugli incidenti plurimi che hanno avuto esito mortale nel primo semestre 2021: “Al 30 giugno di quest’anno risultano nove incidenti plurimi avvenuti nel primo semestre, per un totale di 23 decessi, 15 dei quali stradali (due vittime in provincia di Bari e due in quella di Torino a marzo, quattro in provincia di Ragusa ad aprile, sette in provincia di Piacenza a giugno). Due lavoratori hanno perso la vita a seguito di un crollo di un fabbricato in provincia dell’Aquila a marzo, due a causa d’inalazione di vapori tossici in provincia di Pavia a maggio, due per esplosione/incendio di un capannone in provincia di Perugia a maggio, altri due, infine, per soffocamento durante la pulizia di una cisterna in provincia di Cuneo a giugno. Lo scorso anno, invece, gli incidenti plurimi registrati tra gennaio e giugno erano stati quattro, con 8 casi mortali denunciati.”
Necessaria non solo un’attenta riflessione, quindi, ma un vero e proprio scatto culturale che deve riguardare sia i lavoratori sia agli imprenditori che, spesso, sono i diretti responsabili di quanto succede complici gli stessi lavoratori che sono disposti ad accettare condizioni di lavoro non sicure e non legali per poter riuscire a sopravvivere.
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