Geopolitica

L’Urto della folla: che fine farà la democrazia?

3 Febbraio 2020

Chi crede ancora nella democrazia?

Diciamocelo: trovare veri sostenitori della democrazia oggi appare sempre più difficile. O meglio, tutti sostengono la necessità di eleggere rappresentanti con elezioni libere e democratiche, ma poi si lamentano sistematicamente della lentezza della cosa pubblica, della burocrazia ipertrofica che soffoca anche le procedure più semplici. Si tratta di una vera e propria double face della nostra società.

 

Da quando si è insediato il governo giallo-rosso, dopo la crisi di agosto, si sono sentite spesso voci provenienti dai partiti d’opposizione di destra che invocavano libere elezioni subito. Salvini, Meloni e Berlusconi hanno accusato il PD e il M5S di “poltronismo”, attaccamento al potere. Il governo è nato in seguito a nuove consultazioni dopo le dimissioni del precedente, in seguito alla rottura tra Salvini e Di Maio. Salvini stesso che, poco tempo prima, aveva invocato “pieni poteri” per attuare le proprie politiche, ora chiede maggiore rispetto della democrazia.

 

Colpi di Stato “democratici”

Ma questo non deve sorprenderci. Le democrazie non si rompono unicamente attraverso l’instaurazione di un regime alternativo, ma si possono modellare dall’interno. La politologa Nancy Bermeo ha parlato a tal proposito di sei modalità diverse di colpo di stato, interne proprio al sistema democratico: Colpo di Stato Esecutivo, Brogli Elettorali, Colpo di Stato Promissorio, Ampliamento Esecutivo, Manipolazione Strategica delle Elezioni.

 

Non cambiare niente per cambiare tutto

Il primo, il Colpo di Stato Esecutivo, avviene quando coloro che sono già al potere sospendono le istituzioni democratiche. Il secondo, quello dei Brogli Elettorali, si spiega da solo. Il Colpo di Stato Promissorio accade quando le persone che si impadroniscono della democrazia indicono delle elezioni per legittimare il proprio governo. L’Ampliamento Esecutivo è la situazione per cui coloro che sono già al potere smantellano gradualmente le istituzioni democratiche senza nemmeno rovesciarle. L’ultima, la Manipolazione Strategica delle Elezioni, è un caso intermedio fra i Brogli e il Colpo di Stato Promissorio, per cui non si hanno elezioni completamente libere ma nemmeno del tutto manipolate.

 

 

Si tratta forse di situazioni che prevedono un rovesciamento radicale e violento della democrazia? Niente affatto. La politologa afferma che i colpi di stato militari, le rivoluzioni e le guerre civili sono in diminuzione da decenni in tutto il mondo, specialmente in Occidente. Sono molto più comuni, invece, distorsioni interne alla democrazia come i sopracitati “colpi di stato democratici”.

 

Autocrazia democratica

Esempi lampanti di questa tendenza, soprattutto del caso dell’ampliamento esecutivo, sono la Turchia di Erdoğan, la Russia di Putin, l’Ungheria di Orbán e la Polonia sotto il controllo del Partito Diritto e Giustia (Prawo i Sprawiedliwość). Questi Paesi sono addotti spesso a modelli dai partiti sovranisti nostrani, come la Lega e Fratelli d’Italia. In queste nazioni non c’è stata alcuna violenza eversiva che ha rovesciato le istituzioni democratiche. Chi ha conquistato il potere ha semplicemente mantenuto una facciata democratica, lasciando libere elezioni e “tollerando” il parlamento, ma hanno di fatto smantellato i pesi ed i contrappesi democratici pezzo dopo pezzo riducendo la libertà di stampa, incarcerando nemici politici e manipolando l’opinione pubblica.

 

Nemmeno Trump, il più grande populista mondiale, ha seriamente minacciato l’istituto stesso della democrazia. Gli USA restano un baluardo della democrazia nel Mondo, nonostante il leaderismo duro e puro del Tycoon newyorkese. Lo stesso Obama, dopo il voto di novembre 2015 – Dove la Clinton aveva ottenuto 2 milioni di voti in più – Non ha protestato per una presunta farsa elettorale e ha subito incitato la candidata democratica a riconoscere la vittoria dell’avversario repubblicano. L’insediamento alla Casa Bianca è avvenuto come sempre, senza disordini o proteste rilevanti nei paraggi.

 

Populismo vs Democrazia

Il populismo, infatti, non è nemico della democrazia, e non vuole esserlo. Al contrario, si propone come potenziamento della stessa. La volontà di “ridare potere al popolo” per toglierlo alle élite si innesta in un chiaro proposito di potenziamento della democrazia. I 5 stelle, che del populismo sono stati i fautori in Italia, e tra i primi al mondo, non hanno mai rinnegato la democrazia. Hanno osteggiato, semmai, la democrazia rappresentativa, a detta loro troppo farraginosa e incline a giochi di palazzo e corruzione.

 

 

La risposta era che la vera democrazia doveva essere quella diretta, sul modello dell’Atene Antica, dimenticandosi che in quel caso votavano solo i cittadini ateniesi, quindi né le donne, né gli schiavi, e la popolazione era estremamente esigua. La richiesta di democrazia diretta si è materializzata nella creazione della Piattaforma Rousseau, dove le decisioni del Movimento vengono votate da tutti gli iscritti online. Nell’idea iniziale di Casaleggio e Grillo questa doveva essere la vera forma di democrazia, la democrazia del futuro.

 

La (vera) democrazia è diretta ?

La Storia ci ha dimostrato che si sbagliavano. Diversi casi in cui la decisione degli iscritti è stata ribaltata dai dirigenti del Movimento hanno mostrato di come spesso istanze di democrazia diretta si possono facilmente tramutare in manipolazioni dall’alto. I referendum popolari sono un altro esempio. Presentati come la diretta manifestazione della volontà popolare, in realtà sono escamotage di cui spesso i politici si servono per legittimare le proprie idee. Con ciò non si intende dire che tutti lo siano stati a prescindere, alcuni hanno perorato cause assai nobili, come quello sul divorzio del ’78 e quello sul nucleare del ’87.

 

 

La democrazia rappresentativa, come ci dice David Runciman nel suo libro “Così finisce la democrazia” sta vivendo una crisi di mezza età. È logorata, stanca, criticata e presenta numerosi difetti. Molti si interrogano su di un sistema alternativo, molti chiedono più governabilità – l’uomo forte – più velocità e più efficienza, senza però perdere il diritto di essere ascoltati. Sembra che le democrazie siano in agonia ovunque, e nessuno sa cosa fare.

 

È il sistema giusto?

Ci si chiede se la democrazia sia il sistema giusto, e se sopravviverà all’ “urto della folla”. Apparentemente, nonostante le difficoltà, sembra che la democrazia sia destinata a mantenere il suo primato di sistema politico mondiale. In Africa le democrazie sono ancora giovani, ma si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutto il continente. In paesi che hanno o che hanno avuto gravi difficoltà economiche, come la Grecia, la democrazia ha resistito tenacemente.

 

La Grecia stessa, che ha subito innumerevoli Colpi di Stato tra gli anni ’50 e gli anni ’70, ha resistito alle tendenze antidemocratiche, e dopo brevi parentesi dittatoriali, la democrazia si è ripresa il controllo del Paese. Sembra che, in Paesi con una lunga tradizione democratica, come i più importanti Paesi europei (UK, Germania, Francia e Italia) e gli USA, la democrazia si sia ormai consolidata a tal punto da apparire inviolabile.

 

Diverso è il caso, per esempio, di Paesi come l’Egitto. L’avvento della Fratellanza Musulmana, e le prime elezioni (veramente) libere nel 2011 dopo 30 anni di governo Mubarak, non ha saldato la struttura democratica. Nel 2013 un colpo di stato militare capeggiato dal ministro della difesa Al-Sisi ha spodestato il governo Morsi dopo solo 2 anni. L’Egitto, da quel giorno, è governato da una dittatura militare.

 

Ma l’Egitto non aveva gli anticorpi per resistere ad una deriva autoritaria, Una democrazia troppo giovane, troppo fragile, che non aveva sviluppato i fondamentali contrappesi di garanzia del sistema. A tal proposito si potrebbero fare esempi, come il Venezuela di Maduro o il Sudan di Burhan.

 

Ma se poi guardiamo nel complesso, ci accorgiamo ben presto della netta preponderanza di sistemi democratici. Il Bertelsmann Stiftung’s Transformation Index (Bti) è un indice che fotografa la realtà di una nazione secondo 17 diversi criteri che spaziano dalla cultura politica alla crescita economica. Nel 2016 è stato applicato all’Africa, con l’obiettivo di misurare la diffusione della democrazia, prendendo in analisi 44 Stati su 54.

 

Il risultato del report, uscito nel 2016 (https://www.bti-project.org/en/key-findings/regional/south-and-east-africa/) ci dice che sono 23 i Paesi dell’Africa considerati sufficientemente democratici, 21, invece, sono quelli autoritari. La democrazia non funziona bene da tutte le parti, ma è il sistema politico dominante in tutto il Continente. Lo stesso si può dire anche in riferimento all’America Latina.

 

La democrazia vivrà ancora

Insomma, la democrazia domina in tutto il mondo e, nonostante i difetti in moltissimi Paesi, si sta diffondendo ancora. Democrazie giovani, come quelle africane, stanno crescendo e si stanno consolidando. E se nemmeno i populisti più agguerriti, come Donald Trump, si sognano di metterla in discussione, siamo sicuri che durerà ancora un gran bel po’.

 

La democrazia è stanca? Sì. La democrazia non è perfetta? Assolutamente sì. La democrazia funziona? Non lo sappiamo. La democrazia resterà in vita? Direi proprio di sì, e ancora per molto tempo.

 

 

Seguiteci su www.sistemacritico.it per un racconto del mondo con gli occhi dei giovani.

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