Costume
L’ottimismo è il profumo della vita…
L’ottimismo, diceva Tonino Guerra in un vecchio spot pubblicitario, è il profumo della vita. Io lo definirei piuttosto il deodorante dell’esistenza; così come le astrazioni ne sono le spezie aromatiche. Mi riferisco a parole come “Libertà”, “Popolo”, “Legalità”, “Occidente”…il cui valore nutritivo è pari a zero ma che servono a condire qualunque pietanza e, spesso, anche a rendere commestibile ciò che nessuno, altrimenti, sarebbe disposto a ingerire. Con la loro aggiunta l’insipido si trasforma in sapido e perfino il disgustoso qualche volta diviene appetibile. La haute cuisine politicante le utilizza senza parsimonia e ciascuno chef ha una spiccata preferenza per l’una o l’altra spezia, talvolta le miscela, ottenendo bizzarri cocktail aromatici. In Italia il partito che più di ogni altro le ha rese un imprescindibile ingrediente retorico è stato proprio quello che, definendosi partito “di sinistra”, ha dato alla preparazione dei suoi manicaretti tocchi di creatività imprevedibile – si pensi a quel meraviglioso vol-au-vent che è “la costituzione più bella del mondo”. E’ grazie alle astrazioni che il “qui” diventa ininfluente e l’“ora” irrilevante, consentendo ai mestatori di pescare nel torbido degli “Eterni Valori”. In virtù di queste spezie il medesimo partito che da decenni svolge il ruolo di cane da guardia del sistema è riuscito ad accreditarsi come “forza di sinistra”. Feticci monumentali come la Legalità, la Costituzione, il Merito e negli ultimi tempi lo Occidente e i suoi Valori, hanno svolto magnificamente il loro compito, aromatizzando la merda che nel frattempo veniva portata in tavola. La posizione assunta da quel partito nella vicenda bellica che stiamo attraversando – il cui svolgimento è tragicomico ma il cui esito potrebbe essere catastrofico – è esemplare: la più cinica, irresponsabile e guerrafondaia di tutti i partiti dell’arco parlamentare. Eppure non provoca alcun fremito di raccapriccio tra i suoi esponenti e quelli che lo votano, che sono rimasti sostanzialmente gli stessi di prima della guerra. Come mai? In primo luogo per l’estrazione di classe del suo elettorato – come accennavo nel mio precedente articolo – ma poi anche grazie all’uso massiccio di astrazioni retoriche come la “Libertà” la “Resistenza” la “Autodeterminazione”…di chi? Del “Popolo”, naturalmente. Cosa sia quel “Popolo”, come possa questa parola definire allo stesso tempo chi riesce appena a sopravvivere e chi possiede Yacht da centinaia di milioni e case da sogno o come faccia la “Libertà” del primo a coincidere con quella del secondo, naturalmente, non viene spiegato da nessuno. Perché nessuno può spiegarlo. Ma è proprio per questo che si ricorre alle astrazioni: per non spiegare. Per condire una pietanza che si sa disgustosa e, per di più, tossica. Ad un secolo da quando un farabutto cantò la guerra come sola igiene del mondo siamo dunque qui di nuovo a fare i conti con lo stesso farabutto che ha appena aggiornato i nomi in campionario ma smercia l’identico prodotto: lo “Aggressore”, lo “Aggredito”, la “Libertà” il “Popolo” e i “Valori” dello “Occidente. Che posso farci? Niente. Non posso che aspettare il peggio e continuare a occuparmi delle parole tenendomi alla larga da chiunque si voltola in quelle astrazioni come un maiale nel fango. Evitare come la peste chi parla di “Bellezza” e non di qualcosa di bello, chi parla della “Donna” e non di questa donna o quella, dello “Uomo” e non di questo o quell’uomo. Chi declama la “Libertà” trascurando di dire in cosa quella libertà consista, da cosa si dovrebbe essere liberi e per che cosa. E cambiare preventivamente marciapiede quando vedo qualcuno che comincia a blaterare di “Costituzione più bella del mondo”. Insomma: posso solo srotolare il bugiardino e leggerlo. Continuare a ficcare dentro quelle astrazioni il bisturi della distinzione. Perché proprio quelle astrazioni retoriche, che ci hanno condotto più di una volta al macello, ci stanno facendo scivolare nel baratro.
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