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L’orso, la Luna e noi

20 Luglio 2019

Oltre che un grande scrittore, Jack London era un raffinato naturalista. Una delle pagine più belle di Zanna Bianca è dedicata alla descrizione delle prime settimane di vita del cucciolo di lupo protagonista del romanzo. Il piccolo Zanna Bianca vive con i fratellini e la madre nella caverna dove è stato partorito. La sua vita è scandita dalle poppate e, lentamente, Zanna Bianca acquisisce la capacità di reggersi in piedi e camminare. Con la curiosità di un cucciolo esplora la caverna. Le zone buie non lo attirano: Zanna Bianca è irresistibilmente attirato, come i suoi fratellini, dalla luce che proviene dall’ingresso della caverna. Il cucciolo continua a muoversi verso l’imbocco della tana, e ogni volta mamma lupa lo riprende e lo riporta più all’interno, dove i cuccioli sono protetti da predatori esterni. Ma la forza attrattiva della “parete di luce” non si acquieta mai. London scrive che le giornate del piccolo lupo “trascorrevano in un continuo tentativo di raggiungere quella parete. La vita che così rapidamente sbocciava in lui lo spingeva continuamente verso la parete di luce. La vita che era in lui sapeva che quella era l’unica uscita, e che egli era destinato a seguire quella strada.” La parete di luce è l’ingresso al mondo esterno e alla libertà del vivere, anche se Zanna Bianca non sa ancora nulla di tutto questo. Finchè un giorno, con la madre assente, l’attrazione per la parete di luce diventa insostenibile e Zanna Bianca esce per la prima volta nel mondo esterno. Supera la barriera della paura e diventa libero.

Questa storia mi è tornata in mente quando ho saputo delle recenti peripezie dell’orso M49 in trentino. Se ho ben capito, M49 è un orso maschio molto vivace che nelle sue scorribande al limite delle zone abitate ha ucciso alcuni animali allevati. Per questo, è stato catturato e posto in una gabbia disegnata apposta per impedire ad animali di grossa taglia, come gli orsi, di fuggire. Ma M49 ha beffato il suo carcere: ha scavalcato o rotto un’alta recinzione, non fermandosi nemmeno di fronte alle scosse elettriche ricevute da alcune parti metalliche della recinzione stessa. E ora M49 è libero, e vaga per i boschi del trentino del sud, mentre è stata scatenata una caccia all’orso dalle autorità locali.

Il romanzo di Jack London mi è tornato in mente perché senz’altro M49, da cucciolo in qualche caverna di una foresta sulle Alpi, ha sperimentato il richiamo alla libertà. Che è un richiamo chimico, certo; un istinto inconsapevole, probabile; ma la libertà è il modo con cui la vita esplora l’ambiente e si perpetua. La paura e la soggezione tengono nella tana o nella gabbia elettrificata.

Chissà se M49, in questi giorni, nascondendosi abilmente nei boschi trentini e muovendosi di notte, ha mai alzato lo sguardo al cielo. Mi piace pensare che l’abbia fatto. Mi piace pensare che M49 abbia consapevolezza della Luna, un disco luminoso nel firmamento che rischiara la foresta. Forse ha pure istintivamente percepito che una di queste notti la Luna era diversa; l’eclisse parziale ne abbassava la luminosità; ed il suo disco, da rotondo, sembrava che fosse stato parzialmente divorato. Un orso in fuga dalla caccia degli uomini, che lo vogliono rinchiudere in una gabbia supponendo che sia pericoloso, ha avuto senz’altro un attimo per guardare la Luna, per poi scuotere il testone ed annusare delle tracce a terra.

Quello che non sa, non può sapere M49, è che quel disco luminoso è stato anche per noi una “parete di luce” dall’attrazione irresistibile. 300 anni prima di Cristo un giovane geniale che viveva a Samo, Aristarco, aveva calcolato la distanza del nostro satellite dalla terra, 56 volte il raggio terrestre. Una distanza enorme che non ha scoraggiato geni letterari come Cyrano de Bergerac, Edgar Allan Poe e Jules Verne nel vagheggiare l’arrivo dell’uomo sulla luna. Ci sono volute delle condizioni particolari, il progresso tecnologico, la guerra fredda e la leadership di un giovane Presidente americano, per trasformare i sogni in realtà. Esattamente 50 anni fa arrivavamo sulla Luna, Neil Armstrong posava il suo piede sulla superficie. Nella beata indifferenza degli orsi nelle foreste, forse; ma sicuramente nella commozione e stupore generale degli esseri umani. Trascinato dalla forza della libertà, codificata in ogni atomo della vita, il 20 Luglio 1969 l’uomo ha superato la parete di luce più alta della storia.

La storia dei decenni successivi è meno luminosa, anche se il mondo è andato avanti. Abbiamo attraversato molte pareti di luce meno appariscenti, nel tempo. Milioni di persone non sono più schiavi del bisogno e della malattia. Ma la percezione che qualcosa si sia indebolito rimane. La gabbia del presente, della contingenza, si è richiusa su gran parte dell’umanità. E come la gabbia di M49 ha sbarre alte ed elettrificate. Pochi riescono a superarla, e in molti luoghi è ancora agguerrita la caccia a chi vuole evadere verso la libertà e la conoscenza. Altrove la gabbia è più sottile, e si basa sulla rassegnazione ad un progresso modesto e consolante.

Mi piace dare colonne sonore alle mie immagini, ed ho pensato che musica mi piacerebbe accompagnasse la fuga di M49 verso la libertà dei boschi. Forse quella più adatta è l’assolo di chitarra in Highway Star, dei Deep Purple. Ritchie Blackmore, il chitarrista, l’ha composta pensando ad un’auto lanciata a folle velocità lungo un’autostrada, ma l’ha strutturata in un arpeggio che riprende un codice musicale di Bach. Una nuova forma di libertà musicale, secondo alcuni.

Corri, corri, M49. Scappa dalla paura e dalla prigione; e prova a raggiungere la tua Luna, qualunque essa sia.

 

Immagine di copertina: Stephanie Laird

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