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THE post-CROWN DIARIES / 2
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Ore 10. Calma piatta davanti alla casa che Jonas doveva visitare. Si era recato all’appuntamento con largo anticipo, per avere un’idea più chiara di dove e di come fosse l’appartamento che voleva prendere in affitto. E soprattutto per constatare con i propri occhi se il giardino per il suo labrador, per Mia, era davvero così grande da non far troppo rimpiangere gli ampi spazi liguri cui lei era abituata.
Sì, la casa era bella, un villino monofamiliare abbastanza vicino ai mezzi pubblici e ben tenuto. E anche il giardino pareva sufficientemente vasto, con alberi e siepi ben curate tra le quali Mia avrebbe potuto correre e giocare. Insomma, per quanto si vede dal di fuori mi pare davvero la soluzione ideale per noi, tram e metrò a pochi minuti, verde a sufficienza per entrambi, distanziamento sociale quasi automatico, la casa più prossima è piuttosto lontana, niente noie nemmeno con i vicini, se Mia decidesse di abbaiare troppo, quando io sono fuori per lavoro.
Se l’affitto è davvero così basso, nemmeno mille euro al mese, diciamo che non vedo l’ora di trasferirmi qui, almeno per un anno. Poi si vedrà, se il padrone volesse favorire una mia ulteriore permanenza, meglio ancora. Altrimenti avrò tutto il tempo per cercare una nuova sistemazione. Intanto vediamo come ce la caviamo insieme nella vita cittadina. Non mi resta che attendere l’arrivo di costui, sperando che prima o poi si faccia vivo. Sono già le dieci e venti e ancora questo non si mostra.
Jonas fece un altro giro intorno alla casa, provò anche a capire se si potesse entrare dall’esterno nel giardino, che però era completamente recintato con un cancello chiuso da una pesante catena e un grosso lucchetto. Meglio così, si disse, nessun pericolo di malintenzionati né che Mia possa uscirne, in una delle sue tradizionali fughe per la salvezza. Qui starai bene, vero? Un borbottio compiaciuto fu la risposta del suo cane, che forse già aveva compreso che questa sarebbe stata la sua futura nuova dimora.
Ma ancora il padrone non arrivava. Provò a chiamarlo al cellulare, che però risultava spento, e nemmeno dotato di una segreteria telefonica. Jonas cominciò a preoccuparsi. E se fosse stato uno scherzo, uno stupido scherzo? Ma perché poi? Riprovò. Questa volta si inserì una voce pre-registrata che informava di chiamare, in caso di mancata risposta, un altro numero, di un telefono fisso.
Chiamò quel numero, e gli rispose una donna, probabilmente la segretaria, anch’ella stupita dell’assenza. Gli disse che l’uomo avrebbe dovuto passare anche in ufficio la mattina presto, per ritirare il materiale che gli serviva per il suo trasferimento in un’altra sede, ma non si era fatto vivo e nemmeno aveva avvisato di un possibile contrattempo: un mistero.
Jonas ringraziò, un po’ preoccupato. Che fare?
Cominciò in quel momento una imprevista caccia al tesoro. Jonas, il detective!
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