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The crown diaries / 8
Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama. Montale. Ossi di seppia. La sua raccolta di poesie preferita da sempre. Jonas provava ora esattamente quella sensazione. Niente può ripagare il pianto di un bimbo a cui sfugge il palloncino, volando su nel cielo. Si sentiva quel bambino, Jonas, dal momento in cui aveva compreso che i momenti felici, condivisi con Mia, il labrador che aveva trovato pochi giorni prima nel suo giardino, non potevano più durare. Erano già al capolinea, dopo che il vero padrone si era affacciato quel pomeriggio al cancello per cercare la pecora smarrita, un cane di nome Cora.
Nulla era più come prima, ormai. La sua esistenza reclusa dal Corona, nella casa sul mare, prima triste e solitaria, divenuta poi gioiosa e divertente grazie alla compagnia di Mia, come lui aveva (ri)battezzato la femmina di labrador, rischiava di tornare come nei primi giorni, quasi due mesi addietro. Non poteva più tenerselo, quel cane, lo sapeva. Che il suo padrone fosse o meno una persona perbene, nel modo di comportarsi con l’animale, non cambiava le cose. Poteva prolungare per qualche giorno ancora il felice incontro, la felice convivenza, ma ad un certo punto avrebbe dovuto restituirlo, non c’erano altre possibilità. I giorni dell’abbandono stavano avvicinandosi a grandi passi, ahimè.
D’altra parte, rifletteva Jonas, la situazione sarebbe comunque difficile da proseguire, nel prossimo futuro, portare Mia in città, quando tutto questo sarà in qualche modo terminato, non è pensabile, non potrò certo conciliare il mio lavoro quotidiano con la presenza di un cane, costretto a rimanere solo in casa tutti i santi giorni, per almeno sette otto ore, rinchiuso come accadeva con il vecchio padrone, Mia non starà bene, perché lei vuole correre, vuole assaporare le gioie dell’aria aperta, le piace vagabondare intrepida per poi addormentarsi esausta sul suo tappetino, e in città tutto questo è proibito, se non per qualche pomeriggio di festa, e forse nemmeno per quelli, tenuta quasi sempre al guinzaglio, per non spaventare i bambini, per evitare brutti incontri con altri cani psicologicamente instabili, magari aggressivi.
No. Meglio così, meglio chiamare il suo padrone (ma sì, magari aspettando ancora qualche giorno) e raccontargli che Mia – pardon, Cora – è ripassata davanti al mio giardino, e questa volta l’ho fatta entrare, le ho dato qualcosa da mangiare per trattenerla qui con me, ed ora è qui, tranquilla, che l’aspetta, forse non molto contenta di tornare alla vecchia vita di reclusa, ma insomma, un padrone è sempre un padrone per un cane, gli deve obbedienza, perfino gratitudine, sebbene non sia trattata nel modo migliore, i cani si affezionano, non mettono in discussione le gerarchie. Si adattano, come abbiamo fatto noi umani con le drastiche misure contro il virus.
È la loro natura. Già, la loro e la nostra natura: siamo esseri sociali. Sappiamo obbedire, quando è il caso di farlo. Iniziava la fase due, anche per Jonas. Sì, la fine dei giorni felici. E una lacrima solcò, per un breve istante, il suo viso.
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