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The Crown Diaries / 13
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Un sospiro di sollievo, per Jonas, la notizia che dunque non si era realmente infettato, o almeno non in maniera grave. Aveva trascorso ancora qualche giorno di quarantena, ma ora stava meglio, e aveva ripreso i suoi giochi in giardino con Mia, la femmina di labrador che aveva adottato e che l’aveva salvato dalle sue paure riuscendo a chiamare un dottore al pronto soccorso, convincendolo a venire a visitarlo. Che splendido cane era, ed ora trovava difficile immaginare di lasciarla lì, quando fra poco sarebbe rientrato in città, dopo la riapertura totale delle frontiere regionali. Back home, alla vita di sempre, con o senza Mia?
Il dilemma. Sorrise tra sé, ripensando alla sua vita passata, costantemente intrisa da dilemmi ai quali non riusciva quasi mai a rispondere con scelte chiare, univoche. Facile dal di fuori, facile quando le decisioni sono prese da altri, o quando dobbiamo decidere su problemi di amici o parenti, in quei momenti è tutto evidente, tutto facile da interpretare, sbrogliare le matasse altrui è sempre stato il mio punto di forza, quanti venivano da me a sfogarsi, e a quanti ho elargito i miei saggi consigli, analizzando razionalmente i vantaggi e gli svantaggi di ogni possibile decisione, meglio cambiare lavoro, meglio non lasciare quel fidanzato, meglio restare nella vecchia casa che cercarne una nuova, meglio un periodo di riposo, meglio, meglio, meglio.
La risposta che emergeva evidente nelle faccende altrui si inceppava inesorabilmente quando si trattava dei suoi casi personali. I pro e i contro nelle decisioni da prendere avevano sempre il medesimo peso, sul piatto della bilancia di Jonas. E ora quest’ultimo dilemma: lasciare il cane qui, in campagna, nel suo habitat naturale, oppure portarla con me in città, dove il verde latita, dove le sue corse a perdifiato le sarebbero quasi sempre precluse? Un lampo, improvviso, la soluzione: lasciamo decidere a lei. Se vorrà restare con me, se salterà rapida e senza indugi sul sedile dell’auto, al mio fianco, o se invece si mostrerà perplessa, restando a guardarmi partire, dentro al giardino, senza capire o senza voler capire che quello sarà un addio, o quantomeno un arrivederci a chissà quando.
È tempo di andare. La fase 3 è cominciata. Dopo tre mesi di clausura, è tempo dunque di tornare a rivedere gli amici, la mia recente fresca fidanzata, il mio vecchio mondo, e chissà come andrà. Que sera, sera. Doris Day. Hitchcock. L’uomo che sapeva troppo. Non è certo il mio caso, sorrise divertito Jonas. Ma non facciamoci distrarre dalle futilità. Il momento cruciale alla fine è giunto. Portò l’auto davanti al cancello, mise i suoi bagagli nel baule, chiuse le porte di casa, sotto lo sguardo attento o forse preoccupato di Mia, salì in macchina, lasciando aperta la portiera posteriore. Per qualche interminabile secondo il tempo si fermò, come il fotogramma di una pellicola avariata, senza che nulla accadesse. Mise allora in moto, chiuse la portiera e si apprestò a partire.
Fu in quell’attimo, quando Jonas non aveva percorso che un paio di metri, che Mia capì cosa stesse accadendo, comprese che stava per essere abbandonata, che sarebbe restata lì, infelice e senza più desideri. Allora si riscosse, superò con un balzo la siepe e si fermò al fianco dell’auto, abbaiando in direzione di Jonas.
Ok. Salta su. Andiamo a casa.
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