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L’ importanza della cura e il valore politico dei piccoli gesti quotidiani
” Chi un tempo è stato un brutto anatroccolo e poi è diventanto un bellissimo cigno, sa molte cose della vita che noi non sappiamo”
Stamattina mi é comparso, come ricordo postato su facebook, un dipinto di Mirò. Lo associai a quanto mi aveva scritto un’alunna dopo esserci recate alla mostra che si teneva al Pan dove ci siamo recate, io e la mia collega d’arte, un pomeriggio in orario extrascolastico. In orario extrascolastico e senza coinvolgere la scuola, senza quindi vedersi attribuire un compenso ma, allo stesso tempo, senza doversi attenere alla, a volte troppo asfissiante, burocrazia scolastica. Ciò che ci ha spinto, ovviamente, é il fatto di credere che l’insegnamento non debba essere confinato all’interno di pareti scolastiche e che proporre uscite culturali a ragazzi in maggioranza privi di stimoli provenienti dalle famiglie, possa essere stimolo al bello, incentivo a sviluppare inclinazioni che non pensavano di avere. Forse pecchiamo di ingenuità? Probabile. Ma senza gli ingenui come farebbe questo mondo feroce e irriconoscente a non naufragare?
Ho frequentato un corso di letteratura americana per qualche anno e il (mio) professore l’ha tenuta in forma totalmente gratuita. Cosa lo spingeva a questa follia? L’intento di condividere una sua passione con delle persone altrettanto curiose e spinte dal medesimo interesse? Di quel corso, Gary mi redarguirebbe e mi direbbe ” reading group”, mi è rimasto l’immenso affetto e la gratitudine per una persona che mi stimolava ad approfondire e che consentiva a ciascuno di esprimersi senza mai giudicare il proprio apporto né per qualità dell’inglese parlato né per le idee espresse. La letteratura è una finestra sul mondo, ma anche un profondo viaggio in sé stessi.
Gratuità è una parola che mi piace molto. Mi ricorda che nell’imminenza del Natale, quando frequentavo le superiori, le suore ci hanno condotto a fare volontariato presso istituti in cui vivevano ragazze madri, orfani e una volta anche in una prigione. Ciò che mi é rimasto impresso di quegli anni di studio matto e disperatissimo, sono proprio le opere di carità che hanno educato il mio animo. Non sono tuttavia cristiana, credo che se esistesse un Dio esisterebbe una giustizia, e basta leggere un quotidiano o sintonizzarsi su qualsiasi canale televisivo per poter affermare che nel mondo imperversano dolore, sopraffazione, violenza. Bisogna cercarsi, perciò, una propria oasi di ristoro dalle intemperie del mondo, a volte l’ho trovata attraverso i libri.
Ci sono libri su cui ho pianto quando ho trovato dentro lo stesso dolore che stavo vivendo io, e mi sono per forza di cose immedesimata, perché i libri anche a questo servono: a unire in una solidarietà fraterna, a trovare amici di un ideale cammino, a sostenersi a vicenda. A essere compagni. In altri mi sembrava che ci fossero descritti i miei interessi. Quando ho potuto ho condiviso libri con i miei alunni, a qualcuno ne ho regalati, a qualcuno ne ho data una mia copia. I miei alunni sono stati la molla che mi ha fatto rialzare dopo la morte di mio padre. Trovarne tanti in chiesa per me ha costituito il gancio necessario per non sprofondare e, quando nel terribile periodo dell’imperversare della pandemia ci hanno costretto a vivere rintanati,- ed io provenivo da un periodo duro e provante da più di un anno- ho offerto ai miei alunni la possibilità che mi era stata proposta: partecipare alla pubblicazione di elaborati in cui potevano esprimere le loro ansie, paure, preoccupazioni. In un periodo che ci costringeva all’immobilità e a convivere con la paura e con immagini di morte che imperversavano sugli schermi, la scrittura avrebbe potuto costituire una valvola di sfogo per far emergere il disagio e la voglia di reagire al clima funereo di un periodo in cui tanti i ragazzi sono stati segnati da forti crisi depressive che si sono inevitabilmente ripercosse sul rendimento scolastico. Se ciò è stato possibile, è grazie all’attenzione e alla gentilezza di un amico che si è prestato persino nel correggere gli elaborati dei miei alunni. Ha impiegato il suo tempo per qualcosa che non gli avrebbe reso nulla se non la mia riconoscenza, avrebbe potuto spenderlo per i tanti altri interessi che ha e le attività di cui é promotore.
Ritorno sul concetto di gratuità: diffondere cultura in modo gratuito non é un peccato. É peccato pensare male degli altri, deriderli, senza alcuna motivazione reale, e soprattutto farlo a insaputa dell’altro. Come scrive Kant a proposito dell’amicizia, “è la piena fiducia che due persone mostrano nello scambiarsi fra loro giudizi e sensazioni fin dove lo consente il rispetto reciproco. La confidenza riguarda soltanto i sentimenti e le intenzioni, ma non coinvolge la decenza, che deve essere rispettata celando i propri difetti”.
La gratuità é faticosa, un pò come l’amore, quello che innaffi senza strapparlo dal suo terreno, riconoscendogli ampi spazi di libertà, condivisione dei tuoi interesse, presentazione di amici, gesti di affetto scambiati per costrizione. La gratuità è faticosa, é come fare le fatiche di Sisifo: un lavoro duro, ripetitivo e quel che é peggio inutile. L’astuto Sisifo – che prima di morire pregò la moglie di non seppellire il suo corpo- arrivato al cospetto del dio degli inferi, ottenne il permesso di tornare un attimo sulla terra per punire un attimo la vedova che gli aveva negato le onoranze funebri. Come i carcerati dell’Ucciardone che, ottenuta una licenza premio, non si fanno più vedere, Sisifo si diede alla latitanza, finché non intervenne il dio Ermes( il Mercurio dei romani, detto anche psicopompo, conduttore dei morti) che lo portò nel regno delle ombre.
La crisi del Covid ha fatto capire meglio alcune cose sul volontariato. Ha fatto capire soprattutto che cosa è la cura, che cosa è questo bene maltrattato, malpagato, questo bene non stimato. Anche se il volontariato non è solo cura ed è anche altre cose, però ciò che ha in comune la cura con il volontariato è questa insufficiente stima sociale perché tutto ciò che ha a che fare con il dare una mano, con il prendersi cura degli altri, con la gratuità è stato per troppo tempo qualcosa non considerato, non guardato come qualcosa di serio per la vita economica e politica.
A volte noi diciamo, usando una metafora che magari aiuta, che il volontariato è un po’ come il limoncello durante la cena, cioè dopo il primo, il secondo, il contorno e la frutta – e badate che sbucciarla in atti di gentilezza diffusi senza criterio è diverso dallo sbucciarla a chi non solo ve l’ha comprata, ma ha anche pensato di comprarvela- se c’è viene il limoncello, se non c’è si mangia lo stesso. Insomma, qualcosa di non essenziale, qualcosa per le anime belle, qualcosa che fanno le persone particolarmente motivate, però in fondo è un lusso che ti puoi permettere quando sei in pensione, quando hai tempo ma non è qualcosa di essenziale. Questo è un antico problema, la carità dà il di più, il di più che poi diventa non necessario e finisce con il diventare superfluo.
Il volontariato oggi deve lavorare culturalmente non rivendicando, ma dicendo, mostrando, facendo vedere che non è il limoncello ma è il pranzo. È il come si sta a tavola. Chi mangia e chi non mangia, come si distribuisce il cibo, come devono essere i rapporti mentre si mangia. Ecco perché l’arte della gratuità non è l’arte delle cose gratis, è l’arte del vivere, è l’arte dell’eccedenza necessaria per poter vivere bene insieme. Nella sua opera il ” Convivio” dal latino ” convivium” ossia ” banchetto”, Dante si immagina di trovarsi a tavola, figura metaforica di un luogo di incontro dei sapienti, con filosofi quali Aristotele, Platone e Seneca, mentre tutti questi sapienti disquisiscono, fanno cadere dalla tavola le briciole di pane, rappresentanti metaforicamente una parte del loro sapere. Cerca di raccogliere questo sapere che loro lasciano cadere involontariamente. Dante dice che la Filosofia deve essere il pane quotidiano dei politici al fine che essi non acquisiscono cariche pubbliche solo per il guadagno, ma lavorino correttamente per la popolazione; è il mezzo attraverso cui l’uomo arriva alla verità.
Non scoprite mai se siete cigni o brutti anatroccoli; restate col dubbio, ma almeno coltivatelo in modo salvifico, mettete sempre in discussione le vostre certezze.
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