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In Italia c’è la rivoluzione politica, ma in tv ci sono solo “morti viventi”
No, non vale più nemmeno il detto per cui “la televisione è lo specchio del Paese”. È stato a lungo così, ma adesso non più. E il perché è drammaticamente sotto gli occhi di tutti. E ne abbiamo avuta una fulgida rappresentazione nelle ore successive al voto nei ballottaggi del 19 giugno. È bastato sintonizzarsi su qualunque “maratona” elettorale per rendersi conto che c’è, quantomeno nel Paese televisivo, chi continua a resistere strenuamente anche davanti al mondo che crolla, e che cambia.
Tutti a discutere della vittoria del Movimento 5 Stelle, a Roma e Torino soprattutto, sulla sconfitta sostanziale del Pd e la scomparsa del centrodestra. Tutti a discettare sulle prospettive del Paese relativamente a questo cambiamento, compresi quelli che in qualche modo hanno tentato di giustificare pure le sconfitte. Insomma, il solito teatrino. Eppure dalle urne sono uscite indicazioni in qualche modo devastanti. Ma detto tutto ciò la tv italiana, perlomeno quella generalista, non pare essersene accorta. I salotti del piccolo schermo che hanno raccontato i ballottaggi hanno dato una pessima prova di sé. Intanto proponendo gli ospiti di sempre, ancora e ancora gli stessi. Qualcuna di queste trasmissioni ha messo in scena una sorta di celebrazione di “morti viventi”, personaggi bolliti e ribolliti, masticati rimasticati e sputati più volte dal sistema, ma che continuano a tornare a galla, complice proprio una televisione incapace di proporre non solo un racconto, ma proprio una visione nuova di questo Paese.
E non si tratta solo della crisi dei talk show. Qui è in gioco l’intero canovaccio con cui la tv, e il Servizio Pubblico in modo particolare – quello, per intenderci, pagato da tutti noi – dovrebbe in qualche modo formare e informare le masse. E invece, continuare a riproporre i salotti con le facce che sapevano di vecchio già dieci/quindici anni fa, sa proprio di sconfitta. Sa di incapacità di sdoganarsi da un “controllo” e da un “rapporto” con la politica ormai vecchio e malato.
C’era, ci sarebbe e ci sarà ancora, da raccontare la deflagazione di una “bomba politica” nel bel mezzo dell’Italia, a partire dalla sua Capitale per la quale, nella migliore delle ipotesi, qualcuno dei “morti viventi” della tv è riuscito a biascicare qualcosa tipo che “era tutto ampiamente previsto”. Vero, verissimo. Peccato che quasi mai nessuno dei conduttori si è preoccupato di mettere gli ospiti davanti alle proprie responsabilità. Certo, l’ospite non va indispettito, anzi, va omaggiato e coccolato, altrimenti poi non torna più. Eh certo! Però, chissà come mai, Maurizio Costanzo – il “padre” dei talk show all’italiana – ha sempre sostenuto che invece l’ospite “deve stare scomodo”, per una serie di ragioni che se non risultano intuibili allora meglio cambiare mestiere! Ultimamente in tanti si sono sperticano a lodare il ritorno del Costanzo Show. Seguirne gli insegnamenti non sarebbe male. Ah già, si dimentica che questo è un Paese che ha fatto la rottamazione e che da qualche tempo seppellisce in fretta il passato perché si sta facendo “largo ai giovani” (a chiacchiere).
La verità è che il rapporto tra tv e politica è finito da tempo appannaggio della seconda e che molte scalette, specie quelle dei talk show, vengono redatte per compiacere e quasi mai per esercitare il diritto a svolgere la propria professione. Si obietterà: i cosiddetti “nuovi” – cioè i “grillini” – non amano andare in tv. Vero anche questo. Ma questo non vuol dire che non sia sacrosanto cercare il modo per raccontare quello che sta accadendo in tutti i modi. I cosiddetti “nuovi” vanno stanati. Le feste chiuse alla stampa vanno spiate. Sì, spiate. Se loro non vanno nei talk, allora siano i talk a intrufolarsi nei loro spazi. La vita pubblica è pubblica (per definizione) e nessuno, nemmeno i 5Stelle, hanno il diritto di nascondersi. È assurdo dover conoscere tutti i dettagli della vita pubblica e privata di un Fabrizio Corona qualsiasi e non poter fare le pulci a quanti si stanno candidando alla guida del Paese, e di cui spesso non si sa assolutamente nulla. La tv la smetta di fare da proscenio di convenienza e apra le sue porte a tutto e a tutti. I talk show che non funzionano vengano chiusi. C’è bisogno di programmi di racconto vero e non dei soloni che ormai passano il loro tempo a catechizzare un popolo (inesistente) direttamente dal loro letto di morte. Il cordone ombelicale con la politica è ormai marcio, va semplicemente tagliato, e al più presto.
Gennaro Pesante
Gennaro Pesante (addetto stampa presso la Camera dei Deputati) ha di recente pubblicato il libro I politici e il controllo della tv.
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