Costume

Liberals

4 Marzo 2021

Negli ultimi decenni del secolo scorso e forse anche nei primissimi anni di questo – finché insomma ha, pur in modo farraginoso, funzionato quel meccanismo di truffa in grande stile che le gazzette definiscono (à la manière de Marinetti) “ascensore sociale” – estesi strati di piccola borghesia si sono spostati verso l’alto, emancipandosi.

Porzioni significative di questa sottoclasse servile, conformista, bigotta ma sempre potenzialmente feroce – sulla quale tutti i fascismi fondano le loro fortune – sono passate, quasi per incanto, dal buco nei calzettoni e dal paltò rivoltato, alla crociera di piacere e alla settimana bianca.

Le caratteristiche di classe sono rimaste intatte, ma vi si è sommato il peggio che, nel corso della sua promozione sociale, questa categoria è riuscita a raccattare tra gli scarti delle classi superiori. Al servilismo si è aggiunta l’insolenza, al conformismo la più sfacciata arroganza e la ferocia si è addirittura accentuata, grazie alla persuasione di esercitarla per una buona causa e a maggior beneficio dell’umanità.

L’insperato processo evolutivo che l’ha condotta al benessere economico ha avuto conseguenze sorprendenti. Questa sottoclasse, tradizionalmente semianafabeta non per mancanza di titolo di studio (cosa che, anzi, nel suo ambito abbonda da decenni) ma, direi, per vocazione strutturale, è riuscita infatti a mettere le grinfie sulle derrate culturali, vi si è trovata evidentemente a suo agio e, da allora, smaneggia con la Arte e le cose dello Spirito. Frequenta i musei, le sale da concerto, le mostre d’arte e dilaga non solo tra i fruitori bensì, e direi quasi soprattutto, tra i produttori e tra gli operatori.

Data la diffusione di questa dissenteria di fruizione culturale l’industria del settore si è perciò specializzata nella divulgazione.

Tutti – dal critico d’arte, allo psichiatra, dal politologo al metafisico – divulgano tutto ma, facendo parte della medesima combriccola e condividendo punto per punto le caratteristiche dei fruitori (anzi, essendo essi stessi ex fruitori che, per virtù certe ma ineffabili, hanno fatto fortuna e sono avanzati di livello) non possono che divulgare il risaputo. Ingoiano, rigurgitano e ruminano ciò che l’altro ha a sua volta ingoiato, rigurgitato e ruminato. E’ uno scambio di sensi amorosi tra fruitore e produttore che genera un impressionante brulichio di like sui social media. Si legge e si scrive ciò che va scritto e che va letto, poi lo si riscrive, qualcuno lo rilegge e così via, in progressione automatica.

Che il pensiero, in tutto questo, sia latitante è necessario ma non è sufficiente.

Oltre a non esserci il pensiero deve assentarsi infatti nella maniera prescritta e solo in quella. Se un cretino d’altro tipo manifesta la sua stupidità in forme meno omologate diventa immediatamente bersaglio del branco.

Questa piccola borghesia emancipata ha infatti compreso che non è più redditizio, come lo fu ai bei tempi, fare la claque al Papa Re, perciò è passata, armi e bagagli, all’illuminismo.

Ne conseguono virtù civiche, solidarismo e filantropia quasi senza limiti.

Questa stupidità da manuale di educazione civica si produce tra i virgulti, per gemmazione; giorno dopo giorno, assistiamo ad un primaverile fiorire di coglioneria maturata al tepore dell’impegno civile.

Risulta dunque difficilissimo dire se erano meglio i loro predecessori, che votavano e facevano votare il notabile democristiano della città per farlo andare a Roma a rimpinzarsi nella speranza che, in futuro, avrebbe sistemato i loro figli, oppure loro che finalmente si sono sistemati ma, pur essendo più democristiani dei loro padri, si offendono se glielo dici.

Perché ci hanno nel cuore Berlinguer, tra le mani Saviano, nelle orecchie Benigni; si scompisciano con Crozza e la Littizzetto e nobilmente s’indignano quando i cattivi (che di volta in volta sono quelli che gli suggeriscono le gazzette di riferimento) dicono le sole cose che ci si può aspettare che dicano. Salvo andarci a merenda quando “serve alla nazione”.

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