Russia
Lettera da Mariupol
Mi chiamo Mykhaylo Kovalenko, ho cinquant’anni e vivo, con mia moglie e due figli di otto e undici anni a Mariupol.
Di mestiere facevo il puliziere; ora però che da pulire ci sarebbe tanto non c’è nessuno che mi paga per farlo. Perciò sono disoccupato.
Mio padre pure faceva il puliziere.
Mi ha raccontato che ai suoi tempi non ci mancava niente di essenziale.
Però non c’era la libertà.
Allora hanno preso e ci hanno portato la libertà e a noi è venuto a mancare quasi tutto il resto. Io pure ho ereditato quella libertà e anche la democrazia. A parte questo però non ho potuto studiare perché studiare costa molto e spesso si deve andare all’estero. Roba per ricchi. Mi sarebbe piaciuto che almeno i miei figli studiassero ma studiare, adesso, costava più di prima.
E poi è arrivata la guerra.
Ora la città è assediata.
Il governo ci mostra dei filmati in cui si vede il nostro presidente acclamato dappertutto e molte persone importanti (americani, italiani, inglesi, francesi) dire quanto è bella la libertà, la democrazia e un’altra parola che non capisco bene – nella mia lingua suona così: samovyznachennya (autodeterminazione). Per difendere queste cose, dicono, vale la pena di morire.
I ricchi sono stati i primi ad andarsene dall’Ucraina.
Loro avevano le conoscenze giuste e un posto dove andare.
Quelli come me sono rimasti. Dove saremmo dovuti andare?
Io faccio il puliziere.
L’unica cosa di valore che possiedo è la mia vita, la vita dei miei due figli e la vita di mia moglie, perché i miei genitori e i suoi sono già morti prima della guerra: nessuno di loro aveva i soldi per curarsi e le cure non le forniva più lo stato.
Sento quello che dicono nei filmati che mi fanno vedere ma non ho studiato.
Mi riesce difficile capire cosa ci sia di più importante, per me, di quest’unica cosa che possiedo: la mia vita, la vita dei miei figli e di mia moglie.
E l’unico modo che riesco a vedere per salvare la vita dei miei figli, di mia moglie e mia è che quest’assedio finisca, che questa guerra finisca.
Perché ogni giorno muore altra gente e, un giorno o l’altro, toccherà anche a noi.
Ma in quei filmati dicono che dobbiamo continuare a resistere, che il tempo gioca a nostro favore e che più tempo resistiamo meglio sarà per noi.
E io continuo a non capire.
Perché ogni giorno vedo morire altri come me. Ogni giorno ne muoiono di più.
C’era un giornalista di Mariupol (ai bei tempi della libertà e della democrazia gli pulivo la villa e la piscina) che parlava in uno di quei filmati.
Lui è a Londra.
Diceva anche che dobbiamo resistere eroicamente e respingere i russi in modo da far tornare la libertà e la democrazia.
Aveva registrato quella dichiarazione quattro giorni fa.
L’altro ieri è morto Leonid, mio compagno di lavoro.
Ieri è morta anche sua moglie e uno dei suo figli, rimasti feriti.
Domani non sappiamo a chi toccherà.
Ma, dicono da Londra, da Milano, da Parigi che dobbiamo salvare la libertà, la democrazia e la samovyznachennya e che ogni giorno di più che resistiamo è una vittoria contro i russi.
Io non ho studiato.
E vorrei che mi spiegassero una cosa.
Una cosa sola.
Loro che sono dalla parte nostra (la parte, dicono, delle “vittime”) loro che ci mandano le armi per resistere eroicamente.
Questa è la domanda:
Quanti di noi dovranno morire perché voi, la libertà, la democrazia a la samovyznachennya possiate ritenervi soddisfatti a sazietà?
Mille? Diecimila? Centomila? Quanti?
Vorrei solo conoscere quel numero per poterlo dire a mia moglie e ai miei figli.
Gli dirò: abbiate pazienza.
Quando saremo morti in mille o in centomila la guerra finirà.
I nostri governanti potranno uscire dai bunker, i ricchi far ritorno a casa e riprendere a fare quello che facevano prima.
E se per quel tempo io, mia moglie e i miei due figli di otto e undici anni, saremo ancora vivi, potremo tutti andare a pulire le loro piscine.
Io sono un puliziere.
Non ho studiato.
Ma loro che hanno studiato e hanno così a cuore la samovyznachennya – da Londra, da Roma o da Parigi – forse potranno rispondere alla mia domanda.
Se per me, i miei figli e mia moglie non sarà troppo tardi.
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