Letteratura
“Laėtitia o la fine degli uomini”, un caso letterario, mediatico e sociale
Laėtitia Perrais aveva solo 18 anni quando venne uccisa da Tony Meilhon in Francia, non molto distante da Nantes. La sua non è stata una vita semplice, separata dai genitori assieme alla gemella, affidata ad una famiglia in cui ha subito delle violenze, era una ragazza che amava vivere, amava il sole, amava il suo lavoro e sorrideva, sorrideva spesso.
Tony Meilhon ha sempre vissuto in una condizione estremamente disagiata, una famiglia totalmente assente, furti e droga sin dalla giovane età, conosceva bene la prigione e le sue leggi non scritte. Era una bomba ad orologeria pronta a scoppiare in qualsiasi momento; un vulcano in eruzione carico di livore, follia e disprezzo per la vita umana.
Laëtitia non amava Tony, lo aveva incontrato, si era lasciata prendere, in un pomeriggio d’inverno, in una località sull’Atlantico. Lui le aveva promesso tante cose, l’aveva fatta bere, l’aveva spinta a drogarsi e poi, finendo nell’occhio di un ciclone, l’aveva fatta cadere dallo scooter, portata in un luogo sicuro facendo scendere su di lei l’ombra più cupa, in un silenzio raggelante di una notte di gennaio.
Il caso di una giovane donna prima data per dispersa e poi ritrovata fatta a pezzi nel più orribile dei modi non è, purtroppo, una novità. L’archivio criminale di ogni parte del mondo conserva casi simili a quello di Laëtitia, più o meno intricati, più o meno clamorosi.
In questa situazione però hanno giocato tantissimi fattori, sia sul modo in cui è stato concesso a Meilhon di rimanere libero per compiere il suo omicidio “perfetto”, sia su come è stato gestito mediaticamente il fatto di cronaca nera diventato poi notizia dal clamore nazionale. L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy puntò il dito verso la magistratura che non era stata in grado di contenere l’omicida Meilhon e preservarlo dal compiere gesti ben più importanti da quelli che era solito fare (rapine, spaccio, pugni). La magistratura rispose sfilando a Nantes in un corteo che non aveva precedenti.
Nella vicenda di Laëtitia Perrais concorrono – come in ogni altro omicidio – tantissimi agenti, ma forse nessuno, in Francia, è mai stato “sentito” come il suo: “Questo episodio di cronaca nera è eccezionale sotto tutti i punti di vista: per l’onda d’urto che ha creato, per la sua risonanza mediatica e politica, per le ingenti risorse mobilitate per ritrovare il cadavere, per le dodici settimane di ricerche, per l’intervento del presidente della Repubblica, per lo sciopero dei magistrati. Non è un semplice caso giudiziario: è un affare di Stato. Ma che cosa si sa di Laëtitia, oltre che è stata la vittima in un rilevante episodio di cronaca nera?”, commenta Ivan Jablonka, che ha scritto un libro su di lei, uscito per Einaudi. Jablonka dice che: “Dietro il caso Laëtitia si delinea invece una profonda dimensione umana e un preciso quadro sociale: famiglie sfasciate, mute sofferenze infantili, giovani entrati presto nella vita attiva, ma anche il paese all’inizio del xxi secolo, la Francia della povertà, delle aree periurbane, delle diseguaglianze sociali. Ci fa scoprire i meccanismi del- l’inchiesta, le trasformazioni dell’istituzione giudiziaria, il ruolo dei media, il funzionamento del- l’esecutivo, la sua logica accusatoria così come la sua retorica della compassione. In una società in movimento il fatto di cronaca nera è un epicentro”.
Di una giovane donna conosciamo la fine, conosciamo gli orrori che ha dovuto subire in punto di morte e quando era già morta. Sappiamo che qualcuno l’ha violentata ma non conosciamo del tutto la verità, se sia stato il padre affidatario o se sia stato il suo aguzzino. Le condizioni del cadavere non ci hanno permesso di saperlo. Come sostiene l’autore, conosciamo Laëtitia solo dalla fine. Per capirla meglio è stato necessario fare un viaggio a ritroso nel tempo, analizzando la sua terribile vita, un viaggio nel buio da cui stava “sgrammaticamente” riuscendo ad emergere.
Comprendere l’esistenza di Laëtitia presuppone sia tornare indietro di anni, ai tempi in cui nulla la distingueva dagli altri bambini, sia ripercorrere il sequestro e l’omicidio che ne hanno causato la scomparsa. Una storia di vita intrecciata a un’inchiesta giudiziaria. Una biografia che si prolunga dopo la morte. Neonata maltrattata, bambina trascurata, data in affido, adolescente timida, ragazza avviata verso l’autonomia, Laëtitia Perrais non ha vissuto per diventare un episodio nella vita del suo assassino, né un discorso dell’era Sarkozy.
Questo libro è importante perché misura un fatto di cronaca da un punto di vista sociale, mediatico e giuridico, ci restituisce un quadro generale, nelle sue spigolature e nelle sue linee morbide come quelle degli anni dell’apprendimento e delle vacanze, dove il sole e il mare non avrebbero mai fatto presagire la fine in uno stagno sotto acqua fredda e melma.
Ma è andata così, Jessica ora è l’unica gemella che porta avanti la sua eredità, biologica e spirituale. È diversa da Laëtitia, le piacciono le donne, usa felpe e sneakers, ha i capelli corti, non nasconde la sua fragilità, il suo essere ancora viva in un mondo in cui gli uomini, con le loro violenze le hanno portato via una parte di sé, che molti non riusciranno mai a comprendere: l’amore di una sorella e una danza che per un giorno aveva fatto sorridere anche la loro vita.
(Nello scorso maggio 2019 sono iniziate le riprese di una serie tv che racconta la vicenda di Laėtitia)
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