Società

L’abc dell’accoglienza

3 Novembre 2016

Abbiamo iniziato a costruire software per i libri digitali con l’idea di realizzare libri divertenti per i nostri figli: non volevamo cambiare il mondo, volevamo rendere semplice una cosa complicata. Poi lo scorso anno un nostro amico e cliente, Caspar Armster, è venuto a trovarci alla Fiera del Libro di Francoforte per mostrarci  un progetto ideato da Anna Karina Birkenstock, sua moglie: un libro digitale, Wilkommens Abc, realizzato per i volontari del campo profughi di Colonia, dove i nostri amici lavorano con i bambini. Tutto partiva da una semplice constatazione: un contenuto su uno smartphone è velocemente disponibile per un volontario; serve a stabilire un primo contatto con un bambino che proviene da un incubo, che spesso non ha più una famiglia intorno a sé e non capisce una parola di quello che gli viene detto. Un piccolo dizionario, disegnato da una ventina di illustratori tedeschi. Facile, efficace.

Allora anche noi abbiamo alzato la testa dalla tastiera e ci siamo messi a studiare, scoprendo che nel mondo ci sono 11 milioni di bambini che vivono come rifugiati lontano dal loro paese d’origine, e che questi bambini sono esposti a violenze di ogni tipo, sono arruolati da gruppi armati o terroristici, a volte scompaiono nel nulla. E poi, che sono bambini la metà dei rifugiati siriani. Ce ne siamo resi conto, purtroppo, anche grazie alla terribile fotografia di Aylan, morto a tre anni sulla spiaggia di Bodrum.

Però tutti noi sembriamo voler rimuovere il problema, come se non ci riguardasse; alcuni si limitano a non interessarsene, altri, come testimoniano le cronache di questi giorni, sembrano vivere nell’ansia di una non ben precisata invasione africana, foriera di violenze, spaccio incontrollato, terrorismo.

L’Italia è in prima linea, morfologicamente: anche la nostra razza è ibridata da decine di migrazioni, e non c’è un’epoca in cui non si sia affrontato il problema di integrare un migrante, utilizzando gli strumenti a disposizione. Per questo ci è sembrato ovvio replicare l’esperienza di Caspar e Anna e chiedere alla comunità dei creativi italiani di partecipare alla realizzazione di un dizionario di base, con animazioni interattive e lettura in italiano e inglese, da regalare a tutti i volontari, gli educatori, gli insegnanti che ogni giorno accolgono un migrante. E ci è sembrato altrettanto normale aprire subito un dialogo con Fondazione Migrantes, che è in prima linea insieme a tante altre associazioni, e lavorare insieme a loro sul progetto, così da fare arrivare nelle mani dei volontari e dei bambini qualcosa di utile.

Così è nato Benvenuti ABC: più di 120 illustratori e creativi hanno disegnato, costruito con noi le animazioni, in alcuni casi imparato come lavorare con il digitale; e poi le traduzioni, le voci, il rumorista, il montaggio, la costruzione di un sito, di una app per Apple e di una per quasi tutti gli altri smartphone, che sono Android. Oggi tutti possono scaricare gratis un dizionario illustrato interattivo di quasi 200 tavole, e possono usarlo su un browser, su un tablet o uno smartphone.

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Sergio Durando, che dirige Migrantes a Torino, dove stiamo anche noi di PubCoder, dice a tutti che Benvenuti ABC è bello, ma “è ancora più bello perché in pochi mesi così tanti professionisti lontani dal mondo dell’accoglienza hanno deciso di dedicare il loro tempo e il loro talento alla comunità”. Lo ha detto anche durante la prima presentazione pubblica di Benvenuti ABC, che abbiamo fatto insieme nella struttura storica di via Cottolengo a Torino, dove ogni giorno arrivano decine di persone in cerca di un aiuto, dalla casa per la notte alla traduzione della burocrazia italica; abbiamo steso un lenzuolo bianco su una parete e proiettato il nostro lavoro davanti a decine di illustratori, volontari, giornalisti, ed è stata un festa, perché tutti abbiamo avvertito il calore di tanti piccoli gesti messi insieme, abbiamo capito che si possono fare davvero cose straordinarie se si va nella stessa direzione. E tante persone hanno alzato una mano e proposto delle idee, per fare meglio, per aggiungere parole nuove, includere altre lingue, essere ancora più accoglienti.

Tutti i volontari con cui abbiamo parlato sono abituati alla concretezza: le domande a cui danno risposta sono urgenti, per il freddo servono coperte, per la fame il cibo. Se possono usare una app sul telefono per far sorridere un bambino, lo fanno; oppure un libro, un gioco, un naso rosso. Contano i risultati, ci sono troppe cose da fare per perdersi in chiacchiere.

I muri, le frontiere chiuse, i bancali sulle strade sono vecchi arnesi. Il nostro futuro sta nell’accogliere le persone, nel crescere insieme a loro,  e soprattutto nell’imparare da loro; chiunque stia lavorando con giovani imprenditori in Africa sa come la loro innovazione sia veloce e travolgente, come sia quasi ovvio spostare denaro con un telefonino o inventare soluzioni smart per problemi quotidiani.

I bambini che oggi migrano saranno i nostri migliori scienziati, le loro intuizioni salveranno anche chi oggi li allontana: prima o poi anche questo vecchio paese sarà felicemente travolto dai loro sorrisi e dalla loro voglia di imparare. Io spero che la mia generazione, che oggi ha il potere, possa un giorno essere ricordata come quella capace di accelerare in maniera decisiva questi processi: se non ne saremo stati capaci la storia, nel migliore dei casi, ci ignorerà.

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