Società
La stecca del tenore
Andrea Bocelli, similtenore di fama internazionale, interprete del bel canto e amante dell’agiatezza si è ritrovato al centro di una “querelle” per via del suo intervento in Senato durante un convegno di negazionisti del Covid. Il maestro ha affermato ad arte: “Mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa senza aver commesso un crimine”. Fin qui, ordinaria minchioneria d’autore. L’eccellenza sopraggiunge quando la star pur avendo raccontato di aver affrontato, in passato, la malattia dovuta al coronavirus, guarendone, afferma con stile disinvolto: “Quando siamo entrati in pieno lockdown ho cercato di analizzare la realtà e ho visto che le cose non erano così come ci venivano raccontate… Non ho mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, quindi perché questa gravità?”.
Ecco, negare il covid è già di per sé un virtuosismo di acuta stoltezza; negarlo, dopo averlo contratto, con l’impostazione della voce di petto è da super eroi, da uomini baciati dalla stella del tragicomico. Altro che melodramma! Al diavolo la vocalità limpida, cristallina ed estesa che veicola amore e giustezza, che salva il soprano (in genere l’amata) dalle grinfie del suo acerrimo nemico e rivale in amore, il baritono! Fanculo pure tutto ciò che ruota intorno alla figura del tenore di grazia, dotato di acuta tessitura e agilità (mentale). Molto meglio Bocelli, che predilige il leggero. Egli si esercita, infatti, e da par suo, nella canzone, spingendosi fino all’area estrapolata dal suo contesto melodrammatico. Un repertorio vario e di facile impatto. Pezzi firmati da lui, come “Con te partirò”, insieme a celeberrime canzoni come “O sole mio”, “La voce del silenzio”, “Mamma”, ne hanno fatto un’icona italiana nel mondo. Buon per lui e per quell’oleografica e redditizia identità italiana reclamata altrove. Ne siamo contenti. Siamo, però, e in tanti, altrettanto sorpresi dalla sua triste uscita.
Come gli sia venuto in mente di partecipare a quel convegno di “negazionisti” non è dato sapere. Resta il suo goffo e insipiente tentativo di spiegare la non pericolosità del covid, tirando in ballo assembramenti di feste sportive come quella realizzata da alcuni tifosi del Napoli in seguito alla vittoria della Coppa Italia, attribuendole, inconsapevolmente e alla stregua di un minus habens, un valore scientifico inconfutabile. Come a dire: “Visto, i napoletani si sono abbracciati e hanno cantato e non è successo niente!” Ignorando, tra l’altro, che i napoletani in grande maggioranza hanno stigmatizzato l’episodio. Sarebbe oltre modo facile cedere alla retorica ed evidenziare quanto risulti essere urticante che un uomo, residente in una villa disposta su tre piani, un centinaio di ettari intorno, con l’accesso a una spiaggia, anch’essa di proprietà, si lamenti di “essere stato rinchiuso in casa” a causa di una pandemia ritenuta inesistente. Mi limito, pertanto, a riportare la frase pertinente di una signora, che ho letto sui social: “Poi uno dice il sesto senso! Ecco perché quest’uomo non mi hai mai appassionata!”
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