Relazioni
La società fratturata
Viviamo in una società fratturata immersa in un tempo presente che non ha né lungimiranza verso il futuro né memoria del proprio passato. La riflessione e l’approfondimento sono vietati. Ci si scruta in cagnesco, denti digrignati, rabbiosi. Come bestie il nostro linguaggio è degenerato, ridotto a becere “[…] espressioni a effetto, le proposte si esprimono con slogan riduttivi piuttosto che con elaborazioni persuasive.” Il virgolettato assai eloquente è di Monsignor Delpini, Arcivescovo di Milano, tratto dal suo discorso alla città per la festività di Sant’Ambrogio. Il timore che nel vivere contemporaneo si sia riposto il cervello in soffitta è tale da spingere il prelato ad aizzare la comunità. Tutti noi, nessuno escluso, siamo “autorizzati a pensare, possiamo esplicitare i percorsi che riteniamo promettenti e mettere in atto processi concreti, lungimiranti, da attuare con determinazione.”
Ci riesce meglio dividerci. Distinti per gruppi, incasellati dal proprio status sociale, economico, etnico, geografico. Il nostro quotidiano diviene un duello perenne, ring sul quale menare pugni a destra e a manca. Nord e sud, ricchi e poveri, laureati e analfabeti, élite e popolo, destra e sinistra, guardie e ladri, onesti e corrotti, italiani e stranieri, bianchi e neri. Qualunque sia il parametro dobbiamo prendere parte alla contesa. Non serve né un arbitro né un paciere: che se intervenisse verrebbe linciato all’unanimità. Anzi, appena si affievolisce un fuoco subito ne va attizzato un altro. Non ci si può accapigliare su delle macerie fumanti.
Questa attualità è quanto di più vicino alla visione di J.G. Ballard nel suo romanzo “Il condominio”. Gli inquilini dell’elegante palazzo londinese, protagonisti della sua narrazione, avrebbero tutti i mezzi per vivere in pace ed agiatezza. Invece al primo imprevisto vi sarà la resa dell’umanità dei personaggi. Nasceranno bande rivali esecutrici di gesta di inaudita ferocia. I singoli piani si ritroveranno in lotta tra loro. I condomini, prigionieri dell’edificio, vestiranno i panni delle vittime e al contempo dei violenti aguzzini. Una barbarie senza fine destinata a contagiare l’intero complesso residenziale sino alla sua autodistruzione. Il tutto per aver smarrito le coordinate della convivenza tra esseri della stessa specie. Ballard lo sintetizza così in un passaggio della sua opera: “i nostri vicini hanno tutti avuto un’infanzia che più felice non si poteva, ma sono comunque arrabbiati.”
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