Diritti
La malinconia di Gino Strada: quando Dio c’è
Bastava guardare i suoi occhi e capire che lacrimavano sempre, perché probabilmente era un incompreso, non conosceva la parola nemico e giammai avrebbe potuto giustificare le logiche imperialiste o della guerra giusta o necessaria.
Era amabile, perché era un kantiano e perciò riteneva che se siamo uomini razionali non possiamo comportarci da bestie che all’aggressione rispondono, per la legge del taglione, con altrettanta inaudita violenza. Aborriva la guerra, coltivava la solidarietà ed era un alieno, un essere soprannaturale, con una sua grammatica, un suo linguaggio, un altro alfabeto: forse quello degli dei che predicano l’armonia.
Era un mite e come i miti attraversava il cerchio di fuoco senza essere lambito dalle fiamme, senza mai bruciarsi. Anzi si innervosiva ed era bellissimo quando cercava di persuadere con le azioni vere che la guerra non ha aggettivi, non è necessaria nemmeno per legittima difesa o per stato di necessità.
Gino alle armi rispondeva con la ragione, con la persuasione, con la parola, con il convincimento e poneva a disposizione la sua scienza ed esperienza per tutti. Per Lui esisteva l’uomo senza distinzione tra amico- nemico, di razza, di religione, di colore della pelle.
Non ha predicato chiacchiere ha agito nella tempesta, nelle trincee, nel rischiare la vita nei campi di guerra per aiutare tutti.
E perciò quando lo vedevano arrivare era come se fosse stato mandato dal cielo. Apparteneva a Gandhi,Martin Luther King, Don Milani, quelli che hanno la struttura costitutiva degli uomini di pace.
Ci mancano i suoi bellissimi occhi e quello sguardo che scuote l’infinito, sempre malinconico, perché non riusciva a spiegarsi perché gli uomini sono storti, sciocchi a dirimere con la violenza della guerra le loro controversie.
Mancherà ai bambini da salvare: quando li toccava e li abbracciava Gino piangeva di gioia.
Perché forse Dio c’era. Era con Lui.
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