Società
La libertà delle donne tra stereotipo e linguaggio della seduzione
“La regina disse: Sire /quel che voglio dir sappiate:/ nessun uomo il corpo mio/ conosciuto non ha mai / né alcuno in nessun tempo/ tra le braccia oppure al fianco, /tranne voi, s’è mai giaciuto”.
Con il ritiro delle forze americane dall’Afghanistan, il Paese precipita nuovamente nell’incubo della dittatura e del soffocamento dei diritti civili. Rifiutando la possibilità di una democrazia come forma di governo, i talebani hanno proclamato il loro impegno a mantenere una situazione di pace e a fare concessioni alle donne.
Un urlo ha accompagnato le donne in marcia verso il palazzo presidenziale di Kabul con cui hanno rivendicato le conquiste fatte negli ultimi vent’anni: hanno reclamato il loro diritto di libertà di parola, di poter camminare libere e la possibilità di vestire secondo il proprio gusto. Non ci stanno le donne a vedersi negati tutti i diritti sociali conquistati a fatica. Durante la protesta indossavano un velo, non il Burka.
Fu il notare quanto l’hijab, il velo che copre la parte superiore del corpo, creasse difficoltà a sua nipote nel giocare a netball, che indusse Aheda Zanetti a creare il burkini. L’australiana, di origine libanese, ha immaginato allora l’hijood, contrazione di hijab e hood (cappuccio in inglese), una tuta conforme al “pudore” religioso.
La parola burkini viene da una combinazione di burka con bikini. Combinazione che enfatizza la costrizione cui è sottoposto il corpo femminile che può mostrare solo piedi, mani e faccia. Davvero ciascuno è libero di vestirsi come desidera? Si può parlare di libertà se bisogna coprire le parti sessuate costringendo la pelle a non vedere il sole per tenerle nascoste da sguardi indiscreti?
In Afghanistan, diventa sempre più difficile denunciare la sopraffazione e le violenze che si perpetrano in quanto la presenza di giornalisti e fotografi è sempre più rara. Ancora è presente nel Paese Alberto Cairo che ogni giorno su Repubblica pubblica il suo Diario da Kabul: le “istantanee” del responsabile del Programma di riabilitazione fisica del Comitato internazionale della Croce Rossa.
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