Costume
La bocca mi baciò tutto tremante
Marcello Veneziani è a disagio. Lo apprendiamo da un suo recente intervento su La Verità dell’11 maggio 2023. Pensate che mi era stato mandato da una persona che stimavo (l’imperfetto è assolutamente conseguente al suo invio di questo articolo di Veneziani) come un articolo edificante, una voce dissenziente che illumina l’oscurità dei tempi moderni. Via, cancellata dai miei contatti, perché non posso perdere tempo a far capire a colei che di edificante non c’è proprio nulla. Le manderò, comunque, questo mio articolo. Se lo vorrà capire meglio, altrimenti resterà così com’è, che forse è la punizione peggiore.
Ci dispiace molto per questo disagio interiore del filosofo, che sicuramente gli provocherà notti insonni e dubbi esistenziali, anche perché l’intervento aveva l’aria un po’ del “Signora mia, non c’è più mondo!” e quindi una presa di coscienza per l’inarrestabile decadimento dei costumi. O tempora, o mores, diceva Cicerone, segno che anche ai suoi tempi i sacri costumi del passato erano in decadenza. Povero Veneziani, immaginiamo il tormento, peraltro condiviso, come lui stesso dice “Si, però insisto, mette a disagio, e non solo me, che ho la sincera temerarietà di dirlo, ma molta gente, e su questo disagio proverò a ragionarci su.” E lui è coraggioso e lo scrive perfino, bisognerebbe premiarlo per codesto eroismo. Una medaglia a Veneziani.
Ma cos’è che turba tanto il nostro povero intellettuale, da fargli scrivere nientepopodimeno che un articolo così disagiato?
Noi pensavamo che una cosa del genere più che provocare disagi provocasse giubilo, come sembra essere stato per i commilitoni e per tutti i parenti della coppia convolata a nozze, in fondo la società si arricchisce di un nuovo nucleo familiare, che significa anche un nucleo dove si condividono la buona e la cattiva sorte, una manifestazione di affetto, rispetto e solidarietà reciproca davanti al mondo e alla legge. Magari anche un esempio di probità e di amore.
Ma a Veneziani e a molta altra gente, così dice lui, il quale evidentemente ha il contagiri per enumerare i molti che saranno a disagio come lui, questa sembra una cosa inopportuna.
Veniamo al punto. Ciò che sconvolge Veneziani è che ci sia stato molto rumore e soprattutto delle foto in cui un carabiniere in alta uniforme, maschile – barbuto, soprattutto, perché evidentemente il carattere sessuale secondario della barba è per Veneziani importantissimo per la determinazione di un ruolo -, bacia il suo sposo mentre i compagni d’arme fanno il picchetto d’onore.
Capito? Veneziani, ed evidentemente tutta la gente de La Verità, sconvolta e disagiata quanto lui, soffrono per questa manifestazione pubblica. No, dice lui: “Un carabiniere in alta uniforme, con la barba – un tempo era vietata anche quella, erano permessi solo austeri baffoni, magari all’insù – che si bacia in bocca con uno dello stesso sesso, non suscita rabbia e sdegno, ma altri sentimenti e disorientamenti. Estetici, etici e simbolici. Intendiamoci, non è morto nessuno, non sono messi a repentaglio l’ordine pubblico, la sicurezza e la legalità. Però quell’immagine scuote un’abitudine, un modo antico e radicato di vedere il mondo. Infrange una tradizione; l’uomo ha bisogno di tradizioni, di continuità, di regole, di confini. La libertà non è tutto ciò che mi va di fare, la libertà confina in alto col dovere, in basso con la responsabilità, ai lati col rispetto degli altri e da ogni parte con la misura. Nella misura c’è la discrezione, la non ostentazione, la capacità di discernere ciò che è intimo da già che è pubblico, ciò che è privato da ciò che è solenne. E tutto questo si chiama buon gusto. E la netta separazione tra ciò che è intimo e privato e ciò che è pubblico e solenne. ”
In un matrimonio, generalmente, gli sposi possono baciarsi. Se il carabiniere barbuto avesse baciato una sposa, magari parrucchiera come lo sposo del carabiniere della realtà, forse Veneziani non se ne sarebbe nemmeno accorto o forse sì e si sarebbe sentito rassicurato da un nuovo nucleo familiare che magari avrebbe messo al mondo un nugolo d’infanti per dare figli alla patria. Ma, siccome gli sposi sono due maschi, questo non va bene mostrarlo in pubblico, per lui deve restare privato. L’omosessualità è ancora da nascondere. Evidentemente lui considera ostentazione la manifestazione di una cosa perfettamente naturale ma che naturale non è per lui. Infatti, non contento, continua:
“Insomma, quel che a me disturba, e presumo non solo a me, è l’interruzione di una tradizione e di un ordine naturale delle cose; la prevalenza, anzi la prevaricazione, di un fattore soggettivo su un’istituzione, su uno stile, su una condotta impersonale. Ancora una volta, l’irruzione del narcisismo pone l’io al centro di tutto, signore di ogni cosa, rispetto a cui non valgono norme, precedenti, costumi consolidati.”
L’ordine naturale delle cose. Il povero Veneziani è rimasto fermo a un ordine naturale dove evidentemente l’omofilia non è contemplata perché, evidentemente, innaturale. Peggio mi sento se poi riguarda un membro (mi si consenta il vocabolo) dell’Arma, dove tutti devono essere maschi, petto in fuori e, possibilmente, a cazzo dritto (questo Veneziani non lo scrive, ma sono certo che lo pensa). Lo sproloquio continua coinvolgendo gli uteri in affitto, i metaversi, il troppo amor di sé, e tutto un repertorio di omofobia che credevamo ormai fossile. Evidentemente il giurassico può essere risvegliato mentre meno ce lo aspettiamo. Certo, mi direte, anche tu, che ti aspetti da La Verità e da Veneziani.
Lo ammetto, ma se Veneziani è irritato dalla manifestazione innocua di una festa di nozze col picchetto dei carabinieri, unicamente perché uno degli sposi è un carabiniere (e che pezzo d’uomo! Spettacolare), io sono molto più irritato di lui per le sue esternazioni fuori tempo massimo. Forse è smarrito perché non trova più i concetti da sussidiario primi Novecento che hanno ispirato la sua formazione e le sue certezze, e allora è disorientato in questo nuovo mondo dove si sente assediato e insidiato, probabilmente, come se un mondo omosessuale volesse sedurlo e stuprarlo.
Caro Veneziani, non è una questione di sentirsi più furbi seguendo la nuova corrente, come tu dici più avanti nello stesso articolo, schermando il tuo disagio scaricando la colpa sugli altri che ti ci fanno sentire. Addirittura, paragoni queste nuove manifestazioni di libertà e di allontanamento da una repressione sessuale, durata fin troppo e determinata da una presenza ingombrante della Chiesa nelle mutande delle persone, a ciò che successe dopo la Rivoluzione Francese, che aveva cercato di abolire le tradizioni religiose, notando che poi ritornarono. Certo, ritornarono perché il potere volle scendere a patti colla Chiesa secolare e si volle restaurare un mondo antico che ormai era superato dalla Storia, prolungando l’agonia. E, nel nostro Paese, il più clamoroso errore del Novecento fu quello mussoliniano – i cui strascichi ci portiamo ancora dietro – della Conciliazione col Vaticano, anacronistico luogo pieno di pazze in costume che recitano in riti antichissimi e scombiccherati in ruoli degni del manicomio. Non è un bell’esempio da seguire.
Ma il povero disagiato non si arresta.
“Aggiungo anche un’altra notazione: queste cose avvengono nel vuoto e nella noia del nostro vivere attuale. Se eventi più importanti, anche drammatici, dovessero riportarci crudamente alla realtà, capiremo che ci sono cose più importanti, più vere, più significative a cui dedicarci. Per ora viviamo in surplace il declino di una civiltà e ogni giorno si stacca un cornicione, un pezzo, cede una colonna o un capitello, e noi guardiamo distratti che precipita la storia, poi l’arte, poi il pensiero, poi la religione, quindi la famiglia; insomma tutta la filiera che costituiva una civiltà e una tradizione. Dal più grande al più piccolo dettaglio.”
Forse Veneziani è annoiato. Forse anche io lo sarei se dovessi convivere con un me stesso uguale a Marcello Veneziani. Per quanto mi riguarda io non sono per nulla annoiato dall’oggi. Sono invece indignato e preoccupato per la beceraggine ancora in circolazione secondo la quale che un carabiniere si baci col suo sposo nel giorno pubblico delle sue nozze sia fuori luogo. E il considerare poco importante il raggiungimento di un’unione civile tra persone dello stesso sesso perché ce ne sarebbero molte altre più impellenti denota come quell’ovile recintato dove vivono Veneziani e i suoi simili sia esattamente come The Village, di M. Night Shyamalan, dove questa comunità resta isolata nel tempo e nello spazio, vittima delle superstizioni e delle paure dei mostri che circolano nel bosco accanto.
Peraltro, proclamare che la famiglia precipita significa non rendersi conto che non è quella nuova famiglia a precipitare, anzi, se ne crea una nuova e forse veramente motivata, ma sono piuttosto altre famiglie tradizionali a precipitare, per motivi da ricercare. La cronaca nera è piena di mariti che uccidono mogli e figli, mentre di omicidi tra coppie omosessuali le cronache sono mute. Forse uno ogni tanto, ci sta pure, anche perché non è che tutti gli omosessuali siano equilibrati, così come non lo sono tutti gli eterosessuali.
Dire che ci sono sempre cose più importanti di cui occuparsi è una delle tattiche, ormai sgamate, del potere, soprattutto di destra, per non interessarsi dei diritti delle persone, e infatti questo governo di estrema destra lo sta dimostrando ampiamente.
Poi il filosofo conclude con un pezzo da maestro. Il disagio è destinato a sparire perché i tempi, dopo averli vituperati in quanto le tradizioni sono state corrose, matureranno e l’indifferenza ci travolgerà:
“Più realisticamente diciamo che il futuro è aperto almeno a due ipotesi principali: che ci faremo l’abitudine e non ci baderemo più, o che questi episodi finiranno nella marginalità, subiranno una graduale rarefazione, una volta perso il fattore notizia e novità. In entrambi le ipotesi, non ci faremo più caso. Amen.”
Ma in realtà non è così come viene fatto apparire. Dietro questa finta indifferenza finale, ostentata con snobismo filosofico, si cela il rancore, il pregiudizio e l’allerta che deve scattare in ogni sentinella in piedi per impedire che la sacra famiglia sia contaminata da altre famiglie non convenzionali. È stato espresso in lungo e in largo durante tutto l’articolo, camuffato da disagio per le tradizioni perdute. Questo è il messaggio larvato dietro l’olimpica constatazione che sarà quel che sarà.
Venezià, smettila di darti delle arie. Nessuno, da parte maschile, ti calcola come oggetto erotico, tranquillizzati. Ritirati nelle tue sane letture rassicuranti e lascia perdere un mondo che non puoi comprendere perché non è quel mondo ad avere oltrepassato i limiti ma sei tu che ti sei barricato dietro limiti da te costruiti e credi che in questo piccolo fazzoletto di terra che ti circonda ci sia il mondo. Evita di dire scempiaggini, meglio. Certo, sei libero di esprimere la tua opinione, ma siccome lo fai pubblicamente e non privatamente, ti esponi anche a osservazioni come la mia. Considera che, a volte, il silenzio possa anche essere d’oro.
P.S. Certamente, La Verità, quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro, che si fregia del motto “Quid est veritas?” attribuita a Ponzio Pilato durante il processo a Gesù, nel vangelo di Giovanni, dovrebbe un giorno interrogarsi seriamente su cos’è la verità. Pirandello scoprì che ognuno aveva la sua, è vero, ma forse, prima di sfornare simili articoli, seppure scritti in italiano impeccabile, almeno questo, sarebbe meglio consultare lo specchio magico della regina di Biancaneve. Quello sì che non mente mai.
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