Società

#IoRestereiACasa

18 Marzo 2020

#Iorestereiacasa ma devo lavorare. Medico, infermiere, artigiano, inserviente, poliziotto, impiegato, commesso, pony express, soccorritore, manager, prete, giornalista, conducente, volontario. Niente di eccezionale. E se ingolfo la metropolitana non sbattete il mio muso in prima pagina. Non sono un pericolo incosciente: sono solo un lavoratore.

#Iorestereiacasa, sono un over 65, categoria a rischio. Eppure sono (ancora, nonostante l’anagrafe) un lavoratore. E sono anche nonno di nipoti che non hanno altri su cui fare affidamento. Sono anche solo e almeno per la spesa dovrò schiodarmi dal mio salotto. Per fortuna la pensione mi viene accreditata automaticamente sul conto corrente bancario. Il virus, purtroppo, non ne ha fatto lievitare l’importo.

#Iorestereiacasa ma, d’altronde, basta compilare l’autocertificazione. Ne girano a milioni, incontrollabili. Improvvisamente tutti hanno un valido motivo per violare la quarantena imposta con provvedimento amministrativo. Dicono che intercettano i movimenti tramite le celle telefoniche. Bravi loro, ma l’autocertificazione vince su tutto.

#Iorestereiacasa ma capite bene: ho un cane. La povera bestia ha dei bisogni da espletare. Giro indisturbato per la città insieme agli altri eletti, possessori di segugi rivalutati in pepite d’oro. Vorrei sentirli i saccenti che hanno preferito mettere al mondo dei figli: loro adesso sono segregati in casa, sparati a vista non appena mettono il naso fuori dalla porta.

#Iorestereiacasa ma una casa non ce l’ho. Sono un senza fissa dimora, dimenticato da tutti. Le mense hanno chiuso, i volontari sono troppo indaffarati col virus, bar e ristoranti hanno abbassato le serrande, e se una volante mi becca seduto sul marciapiede mi commina una multa salatissima che riuscirò a saldare nella mia prossima esistenza (confidando che il karma non mi faccia rinascere disgraziato). Per noi diseredati non esistono autocertificazioni. Mi nascondo: a modo mio anche io vivo una peculiare quarantena.

#Iorestoacasa ma sono detenuto. In cella siamo pigiati come sardine, apripista di quelle emiliane. Non abbiamo mai beneficiato di un metro di un metro di distanza. L’igiene scarseggia. La promiscuità è la nostra condizione abituale di vita. Pare che un focolaio in galera non spaventi né i politici né l’opinione pubblica. E se protestiamo siamo solo dei galeotti da chetare con manganello e metadone.

#Iorestereiacasa ma il mio alloggio popolare fa letteralmente acqua da tutte le parti. Le manutenzioni sono ridotte al minimo. Mi chiedo se non ci vogliano qui rinchiusi sperando in un crollo che risolva parte dei loro problemi. Ci ammucchiamo nel cortile, pertinenza delle nostre abitazioni. Tanto qui nessuno verrà a controllare. A isolarci non è stato il coronavirus: per quello è bastata l’indifferenza quotidiana.

 

Facebook: @emanueletelesca

Twitter: @ema_tele

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