Scuola
Ineducazione sessuale
Sarebbe veramente utile un’educazione sessuale (e sentimentale) nelle scuole? In alcuni episodi della fiction Mina Settembre, una delle fiction RAI di maggior successo, si vedono Mina, assistente sociale, e il suo collega ginecologo del consultorio, Domenico, impegnati a dare lezioni di educazione sessuale in una scuola superiore del centro di Napoli. Nella sceneggiatura emergono, naturalmente, casi difficili, come una ragazza con disforia di genere, una con altri problemi sempre legati alla non accettazione del proprio corpo perché obesa, eccetera.
La realtà descritta dalla fiction mescola – devo dire, con molta maestria – situazioni limite e sentimento, segreti familiari nascosti, relazioni sentimentali e relazioni amicali, nel vortice caleidoscopico di Napoli e dei suoi strati sociali con problemi che, nel mondo reale, sono spesso insolubili ma che nella finzione, grazie alla determinazione di Mina, si risolvono, perché il messaggio che deve passare è che se si vuole si può fare.
Anche gli attori, quasi tutti napoletani, sono bravi a descrivere Napoli e i suoi personaggi, perché ci sono proprio tutte le tipologie, in una commedia con suspense, momenti di allegria, di riflessione, di commozione. Davvero un prodotto ben costruito che solo a un’analisi disattenta può risultare ingenuo e melenso. Ben diverso da Un posto al sole, per intenderci, e sicuramente assai meno catastrofico di Gomorra, incentrato esclusivamente sull’aspetto malavitoso.
Ma soffermiamoci sull’educazione sessuale degli adolescenti in ambito scolastico, nella realtà e non nella finzione.
Visti gli stupri di giovanissimi, tra vittime e carnefici, la cui età è intorno ai vent’anni, che oggi non è più sinonimo di età matura come poteva esserlo molti anni fa ma di un prolungamento indefinito dell’adolescenza, sarebbe veramente utile un corso obbligatorio fin dalla scuola media, forse anche dalla scuola primaria. Sarebbe utile spiegare ai ragazzi, sia quelli più agiati che quelli completamente disagiati, maschi e femmine, quali sono i comportamenti di cui saranno protagonisti di lì a poco, o che magari hanno già vissuto, magari facendo loro capire come la volontà individuale sia importante e come si possano evitare soprusi, discriminazioni, e altre attitudini erronee.
Ci vuole mente aperta e conoscenza della psicologia infantile, coscienza del territorio e della società che lo abita, consapevolezza dei tabù che possono esserci nelle famiglie, trasmessi consciamente o involontariamente ai ragazzi. Spesso le famiglie d’origine, per i motivi più vari, che possono essere i genitori in carcere o latitanti, oppure sempre fuori casa per lavori in nero o altro, li abbandonano allo stato brado, soprattutto quelle più povere, affidando l’educazione alla strada. Ma anche nelle famiglie più agiate l’educazione spesso è piuttosto un’ineducazione, perché i figli, fin dalla prima età sono lasciati in balia della televisione e del telefono tuttofare, dove i ragazzi si autoeducano senza controllo alcuno o assai blando dei genitori, facendo un uso smodato dell’utilissimo mezzo che la tecnologia mette a disposizione. O, addirittura, possono essere figli di padri machisti che inculcano loro una figura maschile orrenda e oscena o di madri vacue e altrettanto irresponsabili. La scuola ha un ruolo primario nell’educazione degli adolescenti ma, essendo diventata un parco a ostacoli burocratico più che il luogo eletto alla formazione, il compito dei docenti è sempre più difficile. Anche perché le situazioni limite sono ormai la norma.
Mi raccontava un’amica di vecchia data che stava andando in vacanza portandosi dietro la nipote tredicenne la quale, nonostante una madre abbastanza attenta, è schiava totale del telefono e delle chat colle amiche coetanee e compagne di scuola, che buona parte di queste fanciulle erano dei piccoli mostri. Avrebbe voluto fare vedere alla nipote qualcosa di diverso di ciò che usualmente vede nel piccolo schermo, non staccandosi un momento da quell’oggetto, provando a distrarla almeno per una settimana da quell’ossessione.
Le amiche della ragazza, mi diceva lei per aver letto casualmente i messaggi sul telefono della nipote, non esitavano a fare pompini a maschi più adulti e farsi riprendere col telefono, per poi vendere i video a maschi arrapati su determinati siti, in maniera da potersi comprare la borsetta, le unghie, o altri accessori indispensabili indotti dal consumismo esasperato che viviamo tutti. E il pompino è una delle tante cose che riescono a fare le fanciulle in fiore, senza una coscienza delle malattie ma soprattutto senza avere coscienza del valore di quelle azioni. O, forse, di un valore economico, questo senz’altro. Questi piccoli mostri, poi, non esitano a ricattare anche le persone, per estorcere loro denaro. Parliamo della pianura lombarda, non dei sobborghi di Napoli o di Palermo, ossia di una delle regioni che si autodefiniscono più agiate e più evolute, di cui Salvini va fiero come se la Lombardia fosse merito suo. E forse, questa Lombardia, lo è. Mancanza totale di vigilanza da parte dei genitori, colpevolissimi per aver dato loro in mano uno strumento che, senza le adeguate protezioni, si rivela letale.
Questo scollamento tra virtuale e reale, prodotto da un uso improprio dei mezzi come il telefono e il computer, ormai nelle mani dei giovani fin dalla più tenera età, e l’accesso ai siti pornografici senza controllo, perché magari i genitori non mettono i limiti all’apparecchio oppure i figli sanno come aggirarli, fanno percepire una realtà che non esiste perché nessuno spiega loro che anche i film pornografici sono finzione: sono attori, sono pagati per recitare quei ruoli. Spesso tra attori non c’è neanche una conoscenza pregressa, si trovano lì sul set e fanno ciò per cui sono pagati, offrendo un certo tipo di intrattenimento per adulti.
Lo spiegava molto bene Rocco Siffredi in un’intervista dopo lo stupro di gruppo di Palermo. L’accesso a quei siti senza un approccio critico da parte degli adolescenti, già magari sconvolti da tempeste ormonali in corso, fa loro percepire una realtà completamente distorta che, non avendo altri punti di riferimento, viene presa a modello e, in alcuni casi, riprodotta tale e quale. Anche perché è morbosa, proibita, e si sa che il morboso e proibito hanno un certo appeal, sempre. Probabilmente il branco di Palermo, così come tanti altri branchi sparpagliati sul territorio, non solo nazionale, aveva in testa una gang bang dove la donna, o l’uomo, sono oggetti consenzienti del sesso di gruppo, come rappresentato nella finzione. Senza comprendere, però, che quella è fiction. Lo stupro diventava così solo un prodotto di cui poi vantarsi sui social, senza rendersi conto di ciò che stavano facendo oppure rendendosene conto e manifestando la loro criminalità. Ovviamente lo stupro si porta dietro ben altre valenze, ma nel caso di queste violenze di gruppo giovanili c’è una componente consumistica rilevante, come spiegavo in un mio articolo precedente.
In molte famiglie, perfino in quelle medio e altoborghesi dove, spesso per tabù, di sessualità non si parla affatto perché tanto si è convinti che i ragazzi la scoprono da soli. Ma senza un modello, senza una guida a ciò a cui si va incontro, per un giovane può essere un problema ascoltare la voce della natura e da lì a compiere azioni pericolose e dannose il passo è breve.
L’adolescenza protratta, che riguarda ormai anche quarantenni e cinquantenni, dove un’immaturità totale guida le azioni di questi soggetti, maschi e femmine, caratterizza sempre più l’attualità. Così, a queste azioni si accoppiano spesso narcisismi esasperati, dove il corpo dev’essere perfetto, quando non passato varie volte sotto il bisturi del chirurgo plastico perché il proprio corpo non viene accettato e deve assomigliare alla Barbie o al Ken di turno, e, magari, per fare questi interventi servono soldi e anche per questo, probabilmente, i giovani si prostituiscono. L’escortismo, che così rinominato sembra un gioco di società esotico oltre che erotico, molto di moda anche tra le minorenni dei giri berlusconiani, ha portato a parlare di fiorellini (ogni fiorellino 1000 euro) come regali per essere state carine col capo e i suoi ospiti delle sue elegantissime feste. Avere per essere, perché se non hai non sei nessuno.
Anche il caso del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, implicato in uno stupro, con indagini in corso, la dice lunga sulla considerazione della donna in quella casa, dopo le esternazioni larussesche che minimizzavano il fatto. E sempre in casa di fratellame d’Italia, il First Gentleman Andrea Giambruno, assecondato dal suo salotto televisivo, pronuncia frasi assurde come quelle dove dice che se la donna non si ubriaca (per poi svenire) non viene stuprata perché può dire di no. Come se non si sapesse che spesso le vittime vengono inconsapevolmente drogate lasciando scivolare una pallina di qualche cosa nel drink, fosse anche solo un succo di frutto della passione senza alcol. E come se non si sapesse che molte vittime di stupri non sono nemmeno ubriache ma donne molestate e basta. E, comunque, alla fine, colpevolizzando sempre la vittima che non sa come comportarsi, perché il lupo è lì che l’aspetta. Sui lupi poche parole, invece, i lupi sono specie protetta. La cosa più saggia, anche se sibillina, l’ha detta Ornella Vanoni: “Il lupo non è nel bicchiere, è fuori dal bicchiere”. Nessuno parla di educare il lupo, in tutte quelle bagarre televisive, nessuno si premura di sorvegliare in modo che il lupo non possa mietere vittime. Il lupo c’è e basta, secondo Giambruno, e si neutralizza solo non bevendo. Povero caro, che sciocchezze che si dicono in Casa Meloni Giambruno. E Meloni tace, meglio defilarsi.
Corsi corretti di educazione sessuale e sentimentale nelle scuole, affidati a persone veramente esperte, scevre da pregiudizi e sessuofobia sarebbero quanto mai auspicabili. Perché i disagi nelle famiglie cominciano proprio da lì. Quante volte viene scoperto che la bambina o il bambino sono stati violentati dal patrigno o dallo zio e hanno taciuto per anni e anni questi abusi? Chissà, in un contesto in cui viene mostrata una sessualità consapevole e sana, queste vittime si potrebbero aprire e rivelare le violenze. O, forse, si potrebbe salvare la sorte di ragazze straniere, a volte segnata dalla nascita perché promesse dai genitori a uomini molto più anziani di loro, nella terra d’origine delle famiglie, che le giovani donne neanche conoscono. E, se si rifiutano o scappano, possono anche venire uccise dagli stessi familiari. Il disagio sociale e l’ignoranza sono molto più diffusi di quanto non si sappia.
Ovviamente le famiglie fondamentaliste cattoliche, quelle famiglie che tanto piacciono ai Meloni, ai Salvini, ai Fontana e a tutta quella schiera di ipocriti di cui sono circondati, alle parole “educazione sessuale” si irrigidiscono perché il sesso resta un tabù totale, e sentirsi dire che i figli studino che una sessualità può anche naturalmente indirizzarsi verso il proprio sesso o genere diventa un babau intollerabile, urlando così all’inesistente “cultura gender”, Satanasso che si vuol insinuare nella vita dei bravi cattolici.
E così, in quest’inerzia istituzionale, noi proseguiamo nell’ignoranza e nell’oscurantismo e su tutti i giornali, affamati di orrore, leggeremo del prossimo stupro di una ragazzina domani stesso.
D’altro canto Herbert Marcuse sosteneva, molti anni fa, che la nostra società moderna cambia tutto ciò che tocca, come un re Mida peggiorativo, in una sorgente potenziale di progresso e sfruttamento, di fatica spregevole e appagamento, di libertà e oppressione e la sessualità non è un’eccezione.
Forse ci vorrebbero anche corsi di educazione sessuale per molti parlamentari e i loro familiari.
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