Costume
In Sicilia non ci facciamo mancare niente
Invecchiare è inevitabile ma ha qualcosa di paradossale. Mente e corpo invecchiano con tempi e modalità diverse. L’invecchiamento mentale se ne rimane in disparte e, salvo i casi gravi, può infastidirti ma non quanto l’artrosi cervicale. Un’altra cosa strana è che in vecchiaia si sposta il punto d’appoggio della leva empatica e cambia la tara con cui pesavi antipatie e simpatie. Da ragazzo, per esempio, io non tolleravo i fasci. Ogni occasione era buona per venirci alle mani. Mi sembrava, per così dire, un dovere civico. Non è più cosi. Non solo perché adesso, se venissi alle mani con un fascista in forma appena discreta, le prenderei di santa ragione ma perché, invecchiando m’è successo qualcosa che non avevo previsto. Quando vedo uno di questi poveri ragazzi, indottrinati a opuscoli, ai quali nessuno ha mai insegnato a pensare qualcosa che non sia uno slogan e tuttavia incazzati davvero col mondo, magari senza un lavoro e senza speranze, provo qualcosa di vagamente simile alla compassione. Non nel senso paternalista che comunemente si associa al compatimento, ma in quello originario di “comunanza nel dolore”. Intuisco che stanno provando in maniera ottusa a ribellarsi allo status quo, che in un modo impacciato, incolto, rozzo, vogliono nuotare controcorrente. Stanno ai miei antipodi? Non importa. Non riesco più ad esercitare nei loro confronti quell’intolleranza manesca che loro invece applicano ad altri e che un tempo mi appariva doveroso rendergli. Tutto cambia invece con i loro referenti “acculturati” che da giovane mi divertivano. Allora trovavo soltanto ridicolo quell’esoterismo da dozzina, l’idolatria per qualche trombone vanesio che, con la prosopopea del profeta da veglione, pescava nella feccia della “metafisica” e dello “spirito” smaneggiando letame come il Divino Otelma ma esprimendosi peggio. Ora no.
La vigliaccheria con cui negano ciò che indubitabilmente sono e sussurrano ammiccando che “il fascismo è superato” testimonia che ad essere davvero insuperata e insuperabile è l’estensione della loro ipocrisia.
Proprio uno di questi maneggioni dello spirito è assurto ieri ai fasti della Regione Siciliana. Non mi sorprende. Chiunque venga nominato assessore ai beni culturali dai governanti di quest’isola se lo merita. Ma in un’intervista rilasciata a La Sicilia devo ammettere che quei titoli di merito emergono uno dopo l’altro. C’è tutto ciò che serve a qualificare la testa di questo figlio di papà: da “Sono iscritto all’associazione Jo Petrosino” a “Mi sono sempre interessato di esoterismo” da “Sono stato iscritto al Grande Oriente per ragioni culturali” a “Fascismo e antifascismo sono roba vecchia” da “L’identità siciliana può diventare un grande progetto politico” a “Guenon è un po’ pesante, preferisco Tolkien”. Ma soprattutto c’è la ciliegina sulla torta: “Ho suonato il flauto in un complesso sufi”. Insomma non manca niente, con rispetto parlando, che impedisca a questo flautista di starmi, coi suoi bei mocassini firmati, proprio sopra i coglioni.
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