Media
Imbecillità e barbarie
“…egli non ama andar soldato, cerca l’esonero militare e non crede nelle virtù guerriere, ma piange appena ode gli inni della patria” Leo Longanesi
“Zelensky segue una logica: deve sconfiggere i russi e vendicarsi…questa è una guerra del risentimento dove non bisogna più aver paura di odiare, dove non bisogna più vergognarsi di essere fanatici: loro meritano tutto il male, ci hanno quasi condotto alla rovina, basta sottigliezze, ci vuole il coraggio di essere grossolani!” Domenico Quirico, La Stampa 20.04.2022
“Esiste ciò che si potrebbe definire una logica dell’imbecillità. E’ proprio in base ad essa che gli imbecilli si riconoscono empaticamente e fanno branco. Per quanto possa apparire grottesca questa logica non va sottovalutata perché può trasformare – e lo ha già fatto in passato – l’imbecillità in barbarie” Thomas Redblack
Comunque la si voglia vedere, si deve ammettere che il compatto dispiegarsi dell’esercito mediatico, schierato, quasi senza defezioni o eccezioni, dalla parte del BENE ASSOLUTO, è una magnifica manifestazione di geometrica potenza. Sembra di assistere dall’alto a una grandiosa battaglia campale dei tempi di Wellington e di Napoleone; che poi si tratti invece, in questo caso, del trionfo della stupidità, del cinismo e dell’ipocrisia non inficia certo il colpo d’occhio. Lo spettacolo rimane impressionante perché un formidabile esercito di imbecilli, cinici e ipocriti mercenari resta pur sempre un esercito formidabile. Non si pretende certo, da chi è prezzolato per marciare al passo, alcun attestato d’intelligenza o di buona condotta.
Prendiamo uno qualsiasi degli ospiti quotidiani di un qualunque talk show televisivo che ci raccontano la guerra in Ucraina come fosse Star Wars: l’Impero del Male contro l’Alleanza del Bene, i Sith contro i Jedi. La loro levatura è sotto gli occhi di tutti ma…fossero pure degli Einstein…che cosa cambierebbe? Fanno già il loro lavoro e lo fanno a perfezione.
Per quanto riguarda le regole d’ingaggio e per quello che sono tenuti a fare – e che del resto fanno con solerzia e passione – l’intelligenza e l’onesta intellettuale che si ritrovano basta e, di gran lunga, avanza. Disporne in quantità superiore sarebbe, più che superfluo, controproducente. La truppa, inoltre, è fortemente motivata. Tra gettoni di presenza ai talk show, stipendi, fatturazioni occasionali per prestazioni particolari e possibilità di fare marchette televisive al libro appena uscito, ciascuno di quei militi – magari momentaneamente ignoti ma presto notissimi – sa bene che, per continuare a godere di quelle prebende, gli serve qualche mostrina da incollare all’elmetto o cucire alla divisa. In occasioni come questa ha la possibilità di guadagnarsela senza rischio; l’unica cosa che potrebbe rimetterci sarebbe la dignità che per lui però è a costo zero.
La porca guerra che si combatte da circa due mesi s’è rivelata un’occasione ghiottissima per questa soldataglia, benestante ma endemicamente stracciona, alla ricerca insaziabile di ulteriori spazi di potere, successo e quattrini da aggiungere al pur pingue conto in banca. Nel mondo dei mass media, in cui il cinismo da bottegai è egemonico, questa è la truppa ideale e una guerra così è uno spasso.
Sufficientemente vicina da garantire un’audience imponente ma abbastanza distante per poterla condurre dal divano di casa o dalla scrivania di redazione, sbattendo guerrescamente i pugni sul tavolo. Ci si può dichiarare “resistenti” per procura con un fazzoletto bicolore nel taschino senza rischiare nulla e, anzi, guadagnandosi elogi ed encomi istituzionali. Il padre di famiglia, la mamma di casa, il nonno alpino e il figlio di papà di ritorno dal suo master a pagamento possono a loro volta tifare per i “resistenti” e commuoversi sui bimbi mutilati e sugli eroi caduti, ma farlo comodamente a cena. Tra il dessert e la frutta (o viceversa se preferiscono concludere col dolce).
Sarebbe bello, lo ammetto – e sarebbe anche più comodo – ridurre tutta questo eroismo da diporto, questa frenesia di menare le mani, queste smargiassate da sceneggiata napoletana ad una grande macchinazione geopolitica.
Un complotto, come piace dire.
La tragedia, invece, è proprio che non c’è alcun complotto perché non ce n’è la necessità. I mass media lavorano infatti eorum sponte nel senso della massima spettacolarizzazione possibile. In conseguenza devono, per così dire, “manicheizzare” la fiction. Il teleutente medio deve essere in grado di riconoscere con chiarezza il buono e il cattivo perché uno spettacolo ha tanto più successo quanto più i ruoli vi sono chiari e definiti e quanto più ci si identifica con una delle parti in gioco (quella dei buoni).
La trama del reale, al contrario, è sempre incomparabilmente più complessa. I fili del bene e del male vi sono spesso quasi inestricabili e occorre dipanare la matassa con attenzione estrema. Un’attenzione che non è lecito attendersi dal telespettatore e che, in ogni caso, non sarebbe adeguata agli ingranaggi mediatici. E’ per questo che i mass media devono, dovendola immettere sul mercato per venderla, manipolare la “realtà”. Lo fanno senza macchinazioni segrete. Semplicemente perché non c’è bisogno di alcun complotto da parte di misteriose organizzazioni che operino nell’ombra. Tutto avviene alla luce del sole perché tutto persegue la logica e la legge del mercato che, qui da noi, equivale alla legge di Dio. Nel sistema di mercato solo una realtà opportunamente “lavorata” può essere appetibile e assumere il suo valore di scambio, laddove il suo valore d’uso rimane presso che irrilevante: come accade quasi a ogni bene di consumo.
E’ a questo punto che l’imbecillità del gazzettiere d’assalto diventa addirittura un valore aggiunto ai fini della condotta bellica. Se, per ipotesi egli non fosse un irresponsabile imbecille e non agisse secondo la paradossale “logica” della sua imbecillità non potrebbe non essere fulminato dal sillogismo che l’unico risultato cui può condurre questo folle spirito da crociati senza Cristo né croce è un conflitto planetario spaventoso in cui, più di chiunque altro, ha da perdere l’Europa.
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