Costume

Il mutismo intellettuale e il grigiore di chi querela Feltri

23 Aprile 2020

Quanto insano protagonismo e quanta inutile banalità litigiosa intorno alle esternazioni ripetute di un ex glorioso giornalista, ormai stimolato solo dalla verve, alquanto grottesca, di elargire battutine al vetriolo contro la popolazione del Sud! Niente di meno, uno scrittore che va per la maggiore, che naturalmente non ho mai letto, senza avermene a pentire, sentendosi oltre modo offeso dal delirio senile di Vittorio Feltri, mirato a scalfire i napoletani, senza per altro riuscirvi, decide di querelarlo, in virtù di leggi specifiche sul razzismo e la discriminazione.

Proprio ieri, avevo chiuso un pamphlet su questo stesso giornale, nel seguente modo: “La verità è che in nome della milanesità e del giornalismo non si possono assumere atteggiamenti come quelli della coppia in argomento (Feltri/Giordano). A risultare danneggiato, in questo falso teatro, non riconducibile a nessuna forma di comunicazione, non è per niente il Sud, o Napoli e i napoletani, ma la tradizione e la cultura milanese, se mai Feltri ne fosse considerato un depositario. Manzoni ebbe a dire che “La milanesità è l’attitudine innata o acquisita di distinguere l’utile dall’inutile”. Ora, domando, di grazia, quale utilità possono distinguersi nelle performances concitate di un giornalista in declino, fiancheggiato da un altro che si caratterizza superbamente per non eccellere in niente, se non in un perpetuo dimenarsi di qua e di là?”

Voilà, egregio Maurizio De Giovanni, mi rivolgo retoricamente alla sua persona e le chiedo: è davvero così difficile comprendere che seppure i destinatari delle offese di Feltri siano i napoletani, sottostimati e denigrati nella cornice di un luogo comune praticato solo dagli sprovveduti e da chi è culturalmente trascurato, esse mettono in rilievo una spregevole attitudine da lumbàrd, ossia da militante leghista, che niente ha a che fare con l’autentica identità milanese, o, più in generale, lombarda? E, non pensa, illustre forgiatore di commissari, che un cittadino di Cremona, o di Sondrio, non sentendosi rappresentato dalla “lombardaggine feltriniana”, potrebbe detestare quanto lei l’improbabile castigatore dei napoletani e avere, se solo avesse una mente definita, come la sua, lo stesso diritto a denunciarlo?

Metta da parte, per un attimo, le indagini poliziesche di cui è maestro, e provi a ragionare indagando il senso della misura, della giustezza, dell’equilibrio. Veda, comincio a capire perché, per istinto, ogni volta che avevo voglia di leggere un poliziesco mi sono buttato su Simenon, e non sull’ultramoderno yellow di un ex bancario diventato scrittore, come lei.  Che fortunato che è signor De Giovanni! Lei sta in una botte di ferro, come si suol dire. Chi ha da ridire sulla sua stoffa da scrittore potrà sempre essere additato come un “invidioso” per il successo che pare lei abbia avuto. Io, invece, le auguro il doppio dei consensi e dei guadagni che ha ricevuto fin qui, anche se la sua affermazione suona a morto per le possibilità di quelli come me.

Sa, Ágota Kristóf, la straordinaria autrice ungherese che scriveva in francese diceva: “È diventando niente, che si diventa scrittori”. Mi pare una inconfutabile verità. Una volta, gli scrittori, eminente De Giovanni, uscivano dalla strada, da significative esperienze di vita, da studi autodittatici e accademici. Oggi escono anche dal Banco di Napoli, proprio come lei, e tutta la differenza del caso, in circostanze come queste, che  la vedono come querelante e non come scrivente, finisce col notarsi in maniera netta e inequivocabile.

Solo a uno scrittore muto può venire in mente di denunciare Feltri, un signore che si fa la pipì addosso e replica scemenze esemplari su Napoli e i napoletani. Mi scusi e comprenda convenientemente le mie parole, ma io penso, in tutta coscienza, che uno scrittore, nella fattispecie, che predilige argomenti diversi dalla scrittura, ricorrendo alla querela, sia semplicemente ridicolo. Voglia credermi. E se le dovesse risultare difficile cedere alla tentazione di darsi torto e apprezzare quanto scrivo con la massima sincerità giungo in suo aiuto porgendole un’ultima domanda, anche questa retorica, ovviamente: crede che napoletani nell’anima, come Eduardo, Totò, Troisi, Pino Daniele avrebbero denunciato il povero Feltri? Sa benissimo come ognuno di loro avrebbe reagito a una siffatta evenienza. E, se dovesse ignorarlo, sarebbe davvero un napoletano insolito.

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