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Il Gioco delle Coppie. Alici marinate, Polpo sulle patate, Sarde in agrodolce
Sono quindici giorni che trascino me stesso per gennaio. I propositi esplicitamente scritti per l’anno nuovo li ho divisi in grandi progetti, comportamenti e obiettivi, ma li ho tutti sospesi dato che ho un anno per realizzarli. Cose del tipo arrivare a leggere i fratelli Karamazov fino al punto in cui non potrò più fare a meno dei fratelli Karamazov, fare più cene con meno portate o smettere di fumare i sigari senza perdere la felicità che la semplice prospettiva di un sigaro mi dà. Intanto passo il tempo incasinandomi le giornate a indulgere nelle cose che dovrei smettere di fare, per lasciare spazio a quelle salvifiche che dovrei avviare. Gennaio però è un mese troppo scivoloso per svoltare all’improvviso, rischierei di sbandare. Quindi la mattina mentre faccio la barba uso il telefonino come radio, ma avendo aderito a un’offerta imperdibile di Spotify e finchè ce l’ho, ascolto pop italiano anni 70 e 80 invece della BBC, a pranzo mangio fighezze da due o anche tre ticket restaurant per consolarmi dell’intento di andare a correre a fine giornata e la sera quando dal divano guardo le serie TV invece di leggere Dostoevskij, sciolgo in bocca i cioccolatini rubati dalla calza della befana di Mariamedusa, per prepararmi al gusto del dito di Whisky che stando alla voce “comportamenti per il 2019” non dovrei più nemmeno comperare. La prima domenica dell’anno libera dalle stoviglie, il tredici, ho rinviato l’intento di non mettere più piede in sale da spettacolo aperte a un pubblico dotato di cellulari e sono andato al cinema a vedere “Il gioco delle coppie”. Magnifico. Se fossi quel genio totale che fino a due anni fa faceva le microrecensioni cinematografiche su Tumblr,(si possono leggere qua), questo film l’avrei recensito così,“Assayas ci spiega innanzitutto che i francesi scopano tanto e abitualmente, in controtendenza rispetto alle società avanzate occidentali e orientali. Hanno tutti compagni e compagne invece di mariti e mogli e quando se li scambiano non stanno nemmeno a dirselo per non smontare case, vite e destini che funzionano benissimo. E se proprio succede che per urgenza se lo dicano – sì, fanno anche questo – o quando vengono beccati, va bene lo stesso. E va bene lo stesso anche quando le cose finiscono, anzi in quel caso sono eleganti, si fanno i regali e benché colpiti dalla notizia, finiscono di consumare il caffè al bar. I francesi dormono nudi e non gli si congela la schiena. I francesi, anche quelli giovani, anche in provincia, si occupano di cose importanti, come i libri; hanno case bellissime, benché se ne freghino del design, fanno cene a cui vorrei partecipare perché cucinano fighezze pure loro, ma non apparecchiano e non stanno mai seduti a tavola. Qualsiasi cosa la mangiano in piatti veri tenuti in mano, con le compagne in braccio, seduti per terra, sui divani o anche sui muretti della veranda quando, per esempio, sono nella casa al mare e mangiano la spigola alla griglia con gli amici. Di fronte a questo paese delle meraviglie, nessuno sano di mente tra la Francia di Olivier Assayas e il conformismo lassativo dei buoni sentimenti di Clint Eastwood preferirebbe andare in America.Vive la France!”. Suppongo anche che il genio delle micro recensioni avrebbe detto il doppio delle cose in un terzo delle parole. Lui, Youth di Paolo Sorrentino, per fare un esempio, l’ha recensito così, “Due Umarells vivono una delicata storia di amicizia e malinconia, legati ad un passato di successo e minzione regolare. Ancora una volta Sorrentino riempie gli occhi, ambientando il tutto in una serie di sfondi per il computer presi dalla cartella paesaggi di Windows Vista. Breve ma potente la sottotrama dedicata al Mago di Segrate”. Insomma un genio. Tornando al punto di quanto mi riguarda, però, direi che il 2019 sta partendo in ritardo e somiglia moltissimo al 2018, anche grazie alle sempre desuete mail del Paladar (anche lui fuori dagli obiettivi…). C’è qualcosa che spinge i miei ospiti a dirmi quasi di più quando scrivono che quando vengono qui. In qualche modo la formula particolare, attira gente particolare.
“Ciao Gerineldo. Siamo Michele e Guido, una coppia di uomini magri di 53 e 55 anni. Ti scriviamo da Bercy, dove vivevamo fino a cinque anni fa, ma siamo sulla via per Marrakech dove viviamo ora. Per Natale siamo tornati in Francia da famiglie grevi e amici che parlano solo di soldi ed età pensionabile. Torniamo regolarmente e li andiamo a trovare tutti per mantenere vivo il ricordo delle ragioni per cui siamo emigrati. Un nostro conoscente che guida la navetta aereoportuale in un albergo a Somma Lombardo ci ha dato il tuo indirizzo, non so come l’abbia avuto. Ci piacerebbe cenare da te mercoledì 16, il giorno successivo andremo a Genova da dove ci imbarcheremo sul traghetto per Tangeri e da lì in auto torniamo a casa. E’ stato Natale anche per noi, quindi vorremmo mangiare poco: più per il gusto dell’assaggio che per il bisogno di sazietà. Non so se mi spiego. Attendo una risposta, grazie. Guido, anche a nome di Michele”.
“Gentili Guido e Michele, grazie della richiesta. Per quanto riguarda la cena io accetterei, ma devo segnalarvi che il 16 gennaio purtroppo è una giornata lavorativa, quindi potrò offrire solo cose che in vari momenti avrò preparato in precedenza. Il menù che propongo si compone di Alici marinate, Polpo sulle patate e Sarde in agrodolce oltre a una semplice insalata. Quasi tutte portate che saranno valorizzate dal non essere mangiate immediatamente dopo la preparazione. In assenza di contatti ulteriori vi aspetto alle 20.30. Cordiali saluti GM”
Ho ormai rinunciato a ogni tentativo di cucinare per due, le dosi indicate sono per 4 persone. Io solitamente quello che resta lo mangio o servo ai familiari nei giorni successivi.
Alici Marinate, ingredienti. Mezzo chilo di alici pulite: lo può fare il pescivendolo (pagandole qualche euro in più al chilo) o si può imparare a pulirle guardando un video su youtube e averne spappolate una ventina nelle prime prove di apprendimento. Le alici devono essere assolutamente abbattute. Da mangiare crude io uso solo quelle di dimensioni minori che devono essere pulite e aperte a libro prima di essere congelate. Servirà poi un cipollotto o poco scalogno, sedano bianco poco filamentoso, una manciata di capperi di Pantelleria, olio di oliva, sale e pepe.
Procedimento. Una volta scongelate le alici già aperte a libro vanno distese su un piatto da portata o in un contenitore di plastica, disposte anche in doppio strato. Quindi ricoperte con una tazza d’acqua in cui è stato sciolto un cucchiaino di sale, sigillate e riposte in frigo per 4 ore, massimo 8. Quindi estratte, sciacquate e asciugate bene per evitare che siano annacquate (io le stendo su un canovaccio pulito che riservo all’uso di asciugare i cibi). Quindi le dispongo in un singolo strato sul piatto da portata, strette perché questa volte il doppio strato va evitato, quelle sotto non verrebbero raggiunte adeguatamente dal condimento, quindi lo spazio va economizzato. A questo punto, o prima di trattare le alici, preparo la marinatura definitiva affettando in maniera molto sottile i gambi teneri di una quantità sufficiente di sedano bianco e il cipollotto (dipende dai gusti, da mezzo a uno e in mancanza va bene anche lo scologno). Quindi emulsiono queste verdure con abbondante olio di oliva, poco pepe e capperi che saranno stati dissalati per mezz’ora in acqua tiepida prima di essere anch’essi asciugati. Questo condimento va distribuito sulle alici e qualora mancasse (cioè se non fossero tutte ricoperte) aggiungo olio. Dopo essere state condite le alici vanno fatte marinare in frigo qualche ora (2 a 4) e consumate dopo essere state estratte almeno mezz’ora prima. Meglio un’ora. Quelle che avanzano le mangio ancora crude nelle successive ventiquattr’ore, oppure le trasformo in condimento per la pasta passandole sul fuoco per pochi minuti in una padella antiaderente.
Polpo sulle patate, ingredienti. 4 patate medio grandi e di forma regolare (servono le fette tonde), un polpo da circa 800 g fino a circa 1 kg (se è più grosso e avanza regge benissimo la conservazione e anche l’eventuale ricongelatura una volta cotto). Servono poi paprika affumicata di ottima qualità, sale grosso e olio EVO.
Procedimento. Il polpo può essere cotto con largo anticipo, seguendo il procedimento che seguo io serviranno almeno 5 ore, ma avendo fretta può bastarne una. Io riempio una pentola d’acqua, porto a ebollizione e tenendolo per la testa immergo il polpo per tre volte lasciandolo dentro un paio di secondi ogni volta. Servirà ad arricciare i tentacoli, ma al contempo evita alla carne lo shock di essere immersa in acqua bollente e lì lasciata a cuocere. Infatti quello che faccio immediatamente dopo è buttare l’acqua bollente, riempire nuovamente di acqua fredda la pentola e immergervi il polpo. Porto a ebollizione e spengo: si cuocerà lentamente nelle ore successive (circa 5). In alternativa, si può far bollire tenuamente 20 minuti lasciandolo poi per circa tre ore nell’acqua calda. Oppure si fa bollire e basta per un’ora circa. Io preferisco la versione lenta, un po’ perché mi pare che così sia più tenero, un po’ perché è comodo: faccio l’operazione al mattino e poi lo estraggo la sera quando torno dal lavoro per condirlo. In ogni caso una volta cotto, sciacquo ed elimino sotto acqua corrente tiepida i residui di pelle che si staccheranno da soli, quindi lo asciugo e una volta raffreddato lo taglio a pezzetti badando a lasciare integre le punte arricciate. Preparo un’emulsione con sale grosso, un cucchiaino di paprika affumicata e olio. Condisco il polpo nell’ora prima di servirlo. Va servito tiepido, quindi un minuto nel microonde a mezza potenza, oppure una decina di minuti nel forno a 100 gradi. Io il forno a quella temperatura lo lascio sempre acceso nell’oretta prima di servire, è sempre utile: scaldo i piatti, mantengo tiepide le preparazioni e così via.
Le patate tagliate a fette spesse circa un centimetro andrebbero cotte al vapore. Al vapore con l’acqua e non al vapore nel microonde perché questi un po’ le secca. Basteranno 10 minuti in una di quelle vaporiere di bambù appoggiata sopra una pentola con l’acqua bollente (in cui ovviamente non va immersa).
Servizio. Le patate calde le dispongo sulla base del piatto e sopra ci metto il polpo condito. Mangiando le due cose insieme il condimento del polpo darà tono alla patata la quale, a sua volta, darà consistenza al piatto e la possibilità di non restare affamati. Cuocerle al vapore, inoltre, le circonda di una morbidezza avvolgente.
Sarde in agrodolce, ingredienti. Venti sarde (per pulizia e abbattimento si segua quanto indicato per le alici), mezzo spicchio d’aglio (si può anche omettere, io quando cucino per ospiti non lo metto),una manciata di foglie di prezzemolo, 70 g di pinoli, 50 di uva sultanina, due cucchiai di pangrattato, il succo di un limone e di un’arancia, aceto di vino bianco, olio EVO, sale e pepe.
Procedimento. L’uvetta sultanina (non occorre la più pregiata passolina) va lasciata in ammollo nel succo dell’arancia una mezz’ora, quindi strizzata. Unire uvetta, pangrattato, pinoli, prezzemolo (già sminuzzato con la mezzaluna), l’eventuale aglio, un pizzico di sale, pepe e un po’ d’olio per ammorbidire. Questo composto va passato nel mixer, io preferisco una tritatura grossolana che lascia ancora un po’ di distinzioni. Se l’impasto fosse troppo secco, l’aggiunta di poco olio basta per ammorbidirlo e amalgamarlo, se invece è troppo liquido un po’ di pangrattato conferirà compattezza.
Marinare le sarde nell’aceto per 10 – 15 minuti. Quindi estrarle, asciugare sommariamente e disporne la metà in una teglia, con un cucchiaino distribuire un po’ del composto su ciascuna sarda: operazione che va fatta con cura, per coprire anche i bordi. Quindi ricoprire con un’altra sarda. Al termine condire con un filo d’olio, il succo di limone e passare in forno preriscaldato a 220° per 5 a 7 minuti. Poi vanno estratte, se lasciate nel forno anche dopo averlo spento, si seccano e abbrustoliscono. Le sarde così preparate, come tutto ciò che ha componenti grasse e oleose è bene non siano servite fredde, ma tiepide. Possono essere approntate in anticipo, anzi meglio, e se fa caldo mangiate a temperatura ambiente, altrimenti sottoposte ai soliti cinque minuti nel forno a cento gradi poco prima di essere servite.
Guido e Michele sono due cinquantenni dal fare gioviale e pacato. I loro nomi italiani, ho scoperto discorrendo nel corso di tutta la serata, li devono a una famiglia abruzzese emigrata in Belgio, nel caso di Guido, e al fatto di detestare la versione francese del suo nome per Michele. Si sono conosciuti una decina di anni fa a Parigi e si sono subito trovati, così ha detto Michele in prima battuta, “anche perché concretamente compatibili nella vita. All’età del nostro primo incontro passione e romanticismo già non sarebbero bastati più per un’unione. Amarsi è amare la vita e la vita deve potersi anche concretamente realizzare”. Guido, l’italiano di origini, ascoltando sorrideva e intercalava queste considerazioni con il racconto delle sabbie mobili del suo matrimonio con una francese del nord, “l’ho sposata per rimedio dopo un grande amore con un compagno di studi. Michele invece non ha mai ceduto a false speranze e indecisioni”. Guardando le foto di Mariamedusa mi ha poi raccontato di sua figlia che vive in Costa Azzurra insieme a un meccanico nautico su una barca in rimessa e del fatto che la coppia va a trovarli a Marrakech almeno due volte l’anno. Non volevo sembrare troppo Clint Eastwood chiedendo come la ragazza avesse preso questa svolta nella vita del padre. Mi hanno poi detto di come il Marocco fosse la patria ideale per un esilio intermittente come il loro. Di quanto il conformismo turistico degli occidentali e sopratutto degli europei, permettesse di vivere benissimo a Marrakech, vendendo gli ingredienti di un rassicurante esotismo da week end lungo e godendosi le malie di una società in movimento, dove i fondamentali come cibo, sesso, natura e possibilità di contemplazione nel tempo libero erano ancora accessibili e autentici. Non che il Marocco fosse una terra vergine, anzi il contrario, ma secondo loro è ancora un luogo in cui provare sensazioni sottili ed estreme come l’inquietudine o l’immobilità di un pomeriggio d’estate nella medina. E quella marocchina è una società adolescente, hanno detto, che almeno nelle città è troppo presa dal proprio turbamento, sedotta tra nuove scoperte e antichi dogmi, per trovare più interessanti i percorsi avversi dell’ideologia. Almeno per i prossimi trent’anni. E loro di più non ne chiedevano. Ho avvertito nei due un certo, meritato, ottimismo da persone realizzate. Sui due piedi non l’avrei sottoscritto, mi ha però affascinato questa capacità di vedere la vita nelle cose e di andarle dietro per quella che era. Al momento di pagare ho dettagliato il conto “eccoci, sono 4 euro le sarde, 6 per il condimento – pesano soprattutto i pinoli – 11 euro il polpo, 2 le patate, 8 euro le alici e il loro condimento, 1,8 euro le bottiglie d’acqua, 11 il prosecco giovane e biologico e 5 le spese generali. In totale il costo è stato di 48 euro. Offro io il marsala secco del dopocena”. Guido mi ha dato due biglietti da 20 e uno da 10: misurati. Intanto Michele, che avevo visto armeggiare con uno zainetto leggero di UNIQLO, ha estratto una bottiglia di Cognac Grande Fine Champagne XO e porgendomela mi ha detto “questa l’avremmo pensata per te, le fa un amico per gli amici e per uno che gestisce un Paladar nella nebbia pensavamo fosse più giusta di una manciata di banconote in più”. Che dire, ho pensato mentre felice l’accettavo. Il paese delle meraviglie mi è arrivato a casa.
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