Società

Il discorso di Tina Pica alla nazione

18 Giugno 2020

Sprigionava con semplicità stupefacente una singolare comicità prima ancora che proferisse parola, con la sua voce metallica e risoluta. La sua sola presenza in scena, con quell’aria di meraviglia, suscitava gaiezza e divertimento. Tina Pica è stata una delle più grandi caratteriste del cinema italiano. Aveva tre grandi passioni: il fumo, il gioco e le preghiere. Diceva le sue orazioni in una lingua propria, una sorta di latino maccheronico che diventava un italiano scombinato e rivoltato dagli effetti esilaranti.  L’Ave Maria di Tina Pica suonava grosso modo così: «Au Maria, Orazia prena, ‘o ministero, ‘o reberitto, ‘a secula…»

Ecco, pensando allo stato di rovina in cui versa il pensiero intellettuale italiano, mi viene in mente lei, così trasparente e determinata.  Un’esigenza culturale di fondo reclamerebbe, considerati i tempi e la dissoluta situazione generale del paese, un vero e proprio rabbuffo di ordine morale, non il solito sermone ipocrita dell’opinionismo incipriato, ma una strigliata eseguita senza vanitosi personalismi e remore di sorta, dando giocosamente di matto, uscendo gentilmente fuori dai gangheri, strafottendosene altamente delle regole che sovrintendono a una comunicazione scialba e priva di sangue. Lo si ammetta, sant’Iddio, non ci ritroviamo uno scrittore, che uno, o un artista, che abbia nelle sue corde la propensione ad esibirsi in un coup de théatre contro il sistema dominante, modellato per proteggere la vita dei privilegiati di turno e di ogni tempo a danno della moltitudine. E tutto sembra riflettere l’era decadente che attraversiamo; finanche certe forme di ribellione vengono concepite in maniera flaccida e tristemente retorica, miscelando futilità e ovvietà per suggerire l’ennesima moda di rottura. Per questo, io immagino una persona come Tina Pica, donna e artista di altri tempi, di altro temperamento e di altra condotta, ritornare tra noi e dire, affacciata ad un balcone spalancato in cielo aperto:

«Smidollati, vi state avviando a essere una delle popolazioni più scolorite della storia dell’umanità. Sono diversi decenni, ormai, che la storia d’Italia si è interrotta per dare spazio a una insignificante cronaca, fatta di aria fritta. Oh, mamma santa, e che cos’è, avete perso la capacità di ragionare? Per quanto tempo ancora vi farete mettere i piedi in testa da un manipolo di esseri immondi e senza vergogna? Che razza di uomini e donne siete, se vi manca la forza e il coraggio di dare forma ed espressione alla vostra insofferenza e alla vostra miserabile condizione? E che caspita, un po’ di ribellione, ogni tanto, giova alla salute e fa andare pure meglio di corpo! Donne, accorciatevi le maniche e non abbiate paura di apparire poco femminili: prendete per il cravattino chiunque abusi della vostra pazienza e generosità! Uomini, tornate a fare gli uomini! Riposizionate la schiena, per la miseria! E smettetela di trastullarvi, senza ritegno, sorbendo ciofeche televisive e letteratura impataccata! Smettetela, una volta per sempre, di sopravvalutare le schifezze che vi propina la comunicazione. Vi siete rimbambiti a tal punto da non saper riconoscere un buon libro, un programma divertente, un film interessante, una discreta politica, una persona per bene, un buon ragù?

Imparate a dire pane al pane e vino al vino, dando il giusto valore alle cose e alle persone, e vedrete che attraverso un giudizio sano e onesto sarà possibile, man mano, ripristinare la moralità e il merito. Oh, misericordia, troppe mezze tacche, oggi, nei diversi rami, tengono incontrastate il campo! Se continuate a dar retta a queste ciabatte vi ridurrete alla pezzenteria culturale, oltre che materiale, rischiando di vivere la più indecente delle esistenze. Perbacco, io sono nata popolo, non sono mai stata altro, e, come Robespierre, non ho mai desiderato essere qualcosa di più! Orsù, dunque, sorella, conto sulla tua natura di donna avveduta, affinché tu possa, con la tua lucida chiarezza, contribuire pesantemente al cambiamento delle cose. Quanto a te, uomo, dai luogo alla rivoluzione che ti restituisce alla vita. Fratello, se non decidi, adesso, di rinnovarti e rigenerarti, ti ridurrai a pallido individuo, senza speranza e senza creanza! Fratello, ti vedo flebile, vatti a coricare. Chissà, che al risveglio, tu non rinsavisca?!»

 

 

 

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