Società
Il complottismo italiano è (anche) di sinistra?
Negli ultimi due anni, alla già folta lista di complotti di tutti i tipi, si è aggiunto quello dei No Vax. Quest’ultimo però, sebbene segua le consolidate dinamiche del classico complottismo, insiste ossessivamente su alcuni temi che fanno sorgere spontanea una domanda: il complottismo italiano è (anche) di sinistra?
Libertà, libertà
È impossibile non notare che per la grande maggioranza dei No Vax la libertà sia la questione fondamentale. Essi, convinti di esserne stati privati, la pretendono a gran voce. Tutta la loro esistenza ruota attorno a questa parola. Rivendicare la libertà è un atto senza dubbio di sinistra. Spulciando nelle pagine filo – no Vax e più in generale di natura complottarda è tutto un fiorire di post inneggianti il libero pensiero e la condanna del gregge depensante, la cui visione del mondo sottesa è un patchwork che attinge direttamente all’immaginario classico della sinistra, sia pure passato attraverso i filtri deformanti e pop della moderna comunicazione di massa. Le citazioni decontestualizzate e frammentarie dei totem tradizionali della sinistra si susseguono copiose, da Gandhi a Pertini, passando per l’immancabile Voltaire. E poi Sankara, Bertrand Russel, Orwell, Gurdjieff e De André, in un frullato in cui si mischiano psicologia spicciola, citazioni filosofeggianti, New Age, spiritualismo, veganesimo, ecologismo raffazzonato e generalizzate pulsioni egualitarie di stampo pseudocomunista.
Questo attuale fritto misto d’intenti, ridotto a poco più che intenzione rabbiosa, sono le scorie del mondo di prima. È la versione banalizzata dell’attitudine escludente e ideologica delle sinistre extra-parlamentari, di cui oggi rimane solo la pulsione radicale, svuotata però di quella conflittualità che le rendeva sovversive e popolari. In effetti, se ci si pensa bene, le scritte sui muri dei No-Vax, in cui medici e presidenti di regione sono definiti «nazisti», ricordano lo stile degli antagonisti. Si tratta dell’estensione, dell’espansione nella società moderna del SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali) di Eco, in cui ogni aggregato, ogni istituzione, ogni organizzazione strutturata verticalmente di una qualche rilevanza diventa il nemico che manovra le nostre vite, dalla NATO a Big Pharma.
Questo continuo richiamo alla liberazione del popolo (da cosa, cambia di complotto in complotto), come giustamente afferma Giorgio Majorino nel suo articolo su Gli Stati Generali, va di pari passo con lo sviluppo di una «ribellività» emotiva di stampo adolescenziale, che è una delle caratteristiche intrinseche del sentimento di sinistra. In questo modo, il complotto emana un’attrazione magnetica, perché offre un’epica, una grande narrazione che il post-moderno ha spazzato via, ma che l’uomo continua a bramare in maniera incessante. L’epica diventa una macchina mitologica che elabora i fatti, li processa e li piega a una logica teleologica, restituendo, a chi vorrà aderire, il tanto agognato Senso. Possiamo così, nel nostro piccolo, sentirci eroici come Zapata o il Subcomandante Marcos braccato sulle montagne del Chiapas, possiamo rivivere l’ebbrezza dell’assalto alla Bastiglia in una manifestazione No-Vax. Tutti animati da un grande movimento tensivo, tutti fratelli (compagni, forse?) verso il Sol dell’Avvenire.
Nell’ombra
Per i complottisti, da sempre, c’è un qualche tipo di potere che trama nell’ombra. Una congrega di individui che manovrano i destini del mondo. Può essere Confindustria, Bill Gates, le case farmaceutiche, le multinazionali, il Capitale; non importa. Ciò avviene sia per i complottisti di destra, sia per quelli di sinistra, ma auto-rappresentarsi come la resistenza, i nuovi ribelli partigiani che salveranno l’umanità e che lottano contro potenze maligne, è tipico del pensiero di sinistra. Anche l’idea che la verità ci venga nascosta e debba essere costantemente svelata, che ci sia una censura contro cui battersi nasce dalla stessa matrice.
Un altro indizio è costituito dal fatto che per i complottisti tutti gli altri siano cechi, imbecilli in grado di non vedere la verità. Questa convinzione che le masse siano ignoranti e disposte a credere a qualsiasi fandonia, esclusa una ristretta cerchia di illuminati, in cui ovviamente rientriamo noi, è anch’essa propria della sinistra, o almeno di certa sinistra post-berlusconiana. Pure parlare in maniera ossessiva di fare la rivoluzione contro supposte dittature in cui si starebbe vivendo deriva da una sensibilità di sinistra.
Inoltre, riunirsi in gruppo, aiutarsi l’un l’altro e creare una grande forza popolare che sostenga il complotto, non solo è di sinistra, ma addirittura socialisteggiante. La componente collettiva tanto essenziale nei complotti è nel nostro paese appannaggio della sinistra, opposta all’individualismo egoistico tipico della destra. Infine, i complottisti ripetono ossessivamente che bisogna diffidare della versione “ufficiale” e usare il “senso critico”, senza pensare che i dubbi sui sistemi complessi hanno senso solo se si è adeguatamente informati. Il “senso critico” e la propensione al dubbio sono una specie di mantra di certo culturame semplicione della sinistra, che affonda le sue radici nell’anticonformismo d’accatto.
Mai come in questo ultimo periodo si rivela il peccato capitale della sinistra radicale: la nevrosi morbosa. Una parte di essa, ancorata alla sua visione novecentesca, non riesce ad approcciare il mondo moderno, multiforme e interconnesso. L’unico modo che trova per comprenderlo è rifarsi ai tradizionali approcci monocausali, che però in una società liquida non possono che rivelarsi errati, perché superati e non declinabili. Così, il complotto in cui il colpevole è sempre una entità singola semplifica per queste sinistre la realtà, perché fornisce un nemico ben identificabile da combattere, e diventa la loro naturale risposta alla complessità del mondo attuale . Un’altra porzione di essa invece, essendone figlia, sa trovare risposte intersezionali adatte alla nostra epoca, ma le drammatizza infarcendole di paranoie ed estremizzazioni, sviluppando attitudini fondamentaliste e censorie.
Ci sono militanti, a sinistra, che pensano davvero che pesare centoventi chili sia bello, che sono convinti che in Topolino non dovrebbero apparire né pistole né boccali di birra, che credono che criticare l’hijab sia islamofobia, che appoggiano dittatori fascisti purché siano contro la NATO e che si dichiarano candidamente misandrici o eterofobici. Queste persone, che vanno regolarmente in born-out, invece di iniziare un serio percorso terapeutico con uno psicologo, tendono a radicalizzarsi e a sviluppare pensieri dogmatici. Dai pensieri dogmatici nasce la nevrastenia, dalla nevrastenia il distacco dalla realtà, dal prolungato distacco dalla realtà i disturbi paranoidi, dai disturbi paranoidi i complotti.
La cura
Nonostante certe sue frange tendano al complottismo, la sinistra continua ad avere un grosso vantaggio rispetto alla destra. Per questa, la condizione schizoide è un’aberrazione, un fenomeno limitato che pur presente sin dai suoi albori, è neutralizzabile. Lo prova il fatto che per la sinistra la regolare crisi nervosa che colpisce i suoi militanti troppo “impegnati” sia un problema serio e dibattuto, mentre per la destra una costante situazione patologica critica e squilibrata è la prassi, celebrata e glorificata in quelle persone, come i terroristi, che la portano fino alle estreme conseguenze. Inoltre, le premesse da cui parte la sinistra, cioè ad esempio il fatto che le multinazionali governino il mondo, spesso sono vere, ciò che si dimostra errato sono gli sviluppi.
Per la sinistra, il complotto è una manifestazione dell’assenza delle sue caratteristiche positive fondamentali, una specie di malattia che ne mette in luce i difetti. Per la destra è al contrario la manifestazione dei suoi “pregi” intrinseci, la naturale conseguenza della sua abitudine alla manipolazione e alla contraffazione sistematica. Quando diventa complottista la prima ha già fallito, la seconda invece è nella sua condizione ideale. A differenza della destra italiana, che è granitica nel suo essere retrograda e tendente all’involuzione violenta, la sinistra di questo paese può essere in grado di rinnovarsi, di auto – curarsi e ristrutturarsi evolvendosi a seconda del contesto, deve però riacquistare la ragionevolezza che le è propria, farla finita col settario passatismo novecentesco e le esasperazioni psicotiche contemporanee e capire che il dissenso a priori senza conoscenza né alternative non è rivoluzionario, ma solo infantile e sterile.
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