Milano
Il brivido dell’altro
«Ovviamente non potremo scambiarci il gesto della pace stringendoci la mano, e forse non potremo farlo neanche con un sorriso, a causa di queste mascherine. Però potremo farlo con gli occhi, guardandoci negli occhi. Avanti, facciamolo». La proposta del sacerdote nel mezzo della prima messa domenicale in presenza genera spiazzamento. Imbarazzo, timidezza, impreparazione: non ci si guarda mai negli occhi. Tutti però obbediscono all’arcana richiesta, che pure dovrebbe appartenere agli esseri umani da centinaia di migliaia di anni: “guardami negli occhi” è un’espressione tanto usuale quanto non lo è il suo accadere. Gli sguardi dei ventenni incrociano così quelli gentili degli anziani che – si direbbe – sembrano più avvezzi allo strano gesto, e poi si incrociano tra loro, giovani con i giovani.
Gli occhi tremano in un lungo secondo: c’è un brivido in questo sguardo. E stavolta non è per chiedersi l’ora o un’indicazione, ma per “scambiarsi un segno di pace”: riconoscersi reciprocamente, guardarsi e basta, senza nessun altro scopo. Mentre si obbedisce alla spiazzante proposta ci si sente divisi. Una parte di sé comprende intellettualmente la richiesta come qualcosa di bello e giusto, buono anzi; è ovvio: che c’è di male o di difficile nel guardarsi negli occhi? Mentre l’altra parte di sé, allo sbaraglio, si sente coinvolta senza cinture in qualcosa di radicalmente diverso dal normale, dalla normalità che pure segna i rapporti più contigui – gli amici, la fidanzata, i genitori.
Perché quell’emozione nel fissarsi reciprocamente proprio laddove sarebbe più naturale? Ciò che si guarda solitamente – i capelli, le rughe, gli abiti, il colore della pelle – segna la distanza, il confine più appariscente tra noi e l’altro. Ma guardare negli occhi un perfetto sconosciuto può improvvisamente rivelare l’inaudita somiglianza che corre tra noi. Difficile rimanere impassibili davanti a qualcuno che ti guarda negli occhi, front door di noi stessi. Non siamo abituati, e proviamo un certo spavento nel farlo. È l’inedito brivido dell’altro presente e basta.
Inizia un periodo in cui sarà obbligatorio rinunciare ai normali convenevoli (abbracci, sorrisi, baci), a volte congegnati per evitare di fissare l’altro laddove è più nudo, con i quali sfuggiamo dall’essere colti dove siamo più nudi. Chissà che effetto avrà vivere questo imprevisto: le mascherine risaltano gli occhi.
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