Costume
Il Banchiere ovvero Le Mystére du Macabre
L’interrogazione fisiognomica, qui, deve per forza trasferirsi su un livello differente; provarsi a frequentare l’ineffabile. La “personalità” fisica di Mario Draghi, quale che sia, non ha rilevanza. Il semplice tirarla in ballo appare un controsenso. L’uomo, in questo caso, vale solamente in quanto segno che si chiama fuori dal mondo del molteplice e non segnala “questo o quello” bensì l’UNICUM o, se proprio vogliamo, il TOTALMENTE ALTRO. Quel totalmente altro che è, appunto, il denaro – “questa astrazione vuota ed estraniata della proprietà” come lo definì Karl Marx – e, per suo tramite, il MERCATO.
La pratica di lunga data, intima e protratta, con quell’etereo sostituto d’ogni merce – il denaro, appunto – rese il Nostro una Sfinge. L’uomo ne è divenuto l’incarnazione e in lui la cartamoneta ha acquisito sembiante antropomorfo.
Ma pur possedendo fattezze umane egli appare esentato da quelle caratteristiche, talvolta gradevoli e talaltra meno, che sempre aggettivano l’umano.
Con lui infatti non ci si può rifugiare in quella silenziosa ma testarda aggettivazione permanente che è il valore d’uso; comunque la si giri si rimane intrappolati tra le sbarre d’acciaio del valore di scambio perché quest’uomo non ha, per così dire, altro valore d’uso che non sia quello di scambio. Sappiamo a cosa serve una chiave inglese e a cosa una penna ma nessuno sa a cosa serva, veramente, un verdone perché il verdone, propriamente, non serve a niente altro che ad essere scambiato. Fino al prezzo di un verdone.
Mario Draghi è la personificazione del verdone.
Simpatico? Antipatico? Bello? Brutto? Colto? Ignorante? E’ intelligente? No? Chi può dirlo…
Per essere una cosa o l’altra bisognerebbe possedere un qualche valore d’uso che il verdone non possiede se non in forma di valore di scambio. Bisognerebbe insomma essere “qualcuno” o perlomeno “qualcosa”. Ma l’unica cosa che Draghi è possiamo sintetizzarla in questo: un banchiere. Ma cosa, veramente “è” un banchiere, cosa fa? Non lo sappiamo perché un banchiere, in realtà, non fa e non è: appare. O scompare asseconda dei casi. E in queste oscillazioni percettive trova una sua vaga consistenza soltanto in funzione della cartamoneta cui fa riferimento quotidianamente e che, sostanzialmente, lo istituisce. E quella cartamoneta, a sua volta, non esiste che in funzione del mercato: in sé è, propriamente, NULLA.
Il banchiere, allora, se vogliamo definirlo, è il mercato nella sua essenza e lo incarna.
E’ IL MERCATO “in person”.
Tramite il suo corpo prende forma quel Dio che è l’unico, oggi, universalmente riconosciuto. Non ci sorprenda, dunque, la sua adorazione.
Non si adora lui, si adora QUELLO che in lui s’incarna: TAT TVAM ASI.
Mario Draghi riscuote celebrazioni unanimi e attestazioni di fede senza limiti perché, come la Pizia, non soggiace ad alcun giudizio umano, esprimendosi solo in nome e per conto del Dio e dal Dio soltanto potendo, in conseguenza, essere giudicato.
Quella che una volta si chiamava “politica” va, con lui, miseramente in frantumi e, direi, va fuori corso come la vecchia lira; già si trasforma in roba da collezionisti un po’ spostati, perché qui siamo finalmente in presenza di ciò che la decide. La povera politica si rivela ininfluente come i suoi manutengoli: muppet semoventi, in perenne agitazione da uno schermo televisivo all’altro, del tutto privi di rilevanza e volontà propria.
Mai la politica istituzionale è apparsa così patetica, mai i suoi rappresentanti così grotteschi. Sembra che si rendano conto di essere esautorati e, nello stesso tempo, ne siano rallegrati. Come se si fossero tolti un peso dallo stomaco: possono finalmente essere, dichiaratamente, il nulla che, finora, sono stati in incognito.
La politica, finalmente, ha fatto coming out.
Ai piedi di questo convitato di pietra quei politicanti lazzaroni appaiono ridicoli come una colonia di formiche quando, sul formicaio, piscia un cavallo. Sembrano indiati. Non sanno quello che fanno né quello che dicono ma non possono neppure saperlo perché il Dio non è attingibile.
Quando quel Dio avrà finito di pisciare torneranno, in file ordinate, a svolgere il loro insulso lavoro di mirmidoni da macello. Nel frattempo annaspano e sembra di sentir risuonare le parole di “Athaualpa o qualche altro dio” nella canzone di Paolo Conte: “Descansate nino che continuo io”.
Come potrebbe allora lo stile di questa Sfinge Egizia, non essere ieratico?
Il tono dei suoi discorsi è uniforme, privo d’espressione, talvolta soporifero ma tutto questo non ne fa paccottiglia da sottoscala dell’oratoria politica, perché quei discorsi, non hanno nulla a che vedere con la rappresentazione politica cui siamo abituati, se non come motore immobile. Ci si potrebbe chiedere perché allora non abolire del tutto l’intermediario e adorare direttamente l’ineffabile. La risposta è semplice ed è proprio adesso che la “democrazia rappresentativa” acquisisce il suo vero significato. La liturgia liberista, per quanto richiami eventi sacri e indicibili, deve necessariamente esercitarsi su oggetti concreti e finiti. Il profeta o il sacerdote, per quanto invaso dal dio, deve configurarsi in forma umana, che è quanto accade appunto con Mario Draghi, la cui identità personale è, sì, perfettamente definita e percepibile, al punto da essere dotata di un curriculum, ma è purtuttavia un fantasma.
Un ologramma di qualcosa che nessuno è – né deve essere – in grado di definire e percepire.
(Perfino la parola “successo” appare nel suo caso inadeguata. E’ egli un “uomo di successo”? Non credo. Egli incarna, piuttosto, il Successo come Evento Esistenziale Transustanziato).
E Mario Draghi non è e non sarà, nonostante la chiacchiera, un decisionista.
Non può esserlo, perché il decisionista si muove nell’ambito delle decisioni sovrane mentre, al contrario, Draghi non fa che prendere atto della voce che, attraverso di lui, si esprime (WHATEVER IT TAKES). Non decide, è deciso – forse perfino a sua insaputa – da “tutto ciò che serve”. Lo vedremo oscillare come un metronomo, o meglio come un titolo di borsa, in funzione del suo Dio, perché egli ha sviluppato la sua identità anagrafica solo come forma di adattamento all’ambiente. Altrove ne farebbe a meno.
Tra l’essere e l’avere “tutto ciò che serve” a definirlo è un verbo intermedio che Sia – Avendo ed Abbia – Essendo. Un gerundio bancario tra Comprando e Vendendo.
Dunque non si può che concludere con una tautologia biblica in cui risuoni loʾehyeh ʾašer ʾehyeh, “Io sono colui che sono”. Perché Draghi Mario, Banchiere, è l’Idea Platonica Incarnata, così come la definì Alfred North Whitehead: “Caratterizzazione temporale e nello stesso tempo Tipo Immortale di Valore”.
Però Valore di Scambio.
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