Milano

I volontari della Protezione Civile, angeli senza le ali

7 Luglio 2021

Frank Capra, nel suo lungometraggio più famoso, “La vita è una cosa meravigliosa”, li chiamava “angeli senza le ali”. E Clarence, l’angelo che le ali se le guadagnerà salvando la vita a George Bailey, il protagonista del film, sussurrerà ad un certo punto a San Pietro che “Sono duecento anni che sto aspettando e qui si comincia a mormorare”.

Auspicando che in Italia ci voglia meno tempo a riconoscere chi le ali se le suda ogni giorno, potrebbe succedere, com’è accaduto a chi scrive, di scoprire che a l’Idroscalo, a Milano, il luogo di villeggiatura dei milanesi, si trova, immersa tra gli alberi, la sede del coordinamento dei volontari della provincia e della Regione lombardia della Protezione Civile.

Avvolta dall’ombra degli alberi ma comunque oggetto della calura estiva tipica del capoluogo meneghino, si trova la sede di un corpo di uomini e donne che durante l’ultima pandemia hanno fatto la differenza. 3400 tra uomini e donne si sono occupati di distribuire vettovaglie, cibo, dispositivi di protezione, kit sanitari. Hanno offerto supporto a oltre 72.000 famiglie mettendo a disposizione oltre 400.000 “giornate uomo” a favore di chi si è trovato in difficoltà nei momenti in cui il sistema sanitario lombardo è imploso.
Una rete che ha surrogato le carenze di un sistema andato sotto stress e che non solo ha garantito la presenza dello Stato ma ha consentito anche un ingente risparmio economico rispetto ai bisogni che sono progressivamente diventati sempre più pronunciati.

Eppure il Presidente del coordinamento Regionale e Provinciale lombardo della Protezione Civile, Dario Pasini, scherma il proprio impegno dietro una maschera di pudore autentico, dietro il quale si dispiega un’idealità di fratellanza umana ed un concetto di società fondata sulla solidarietà e la reciproca assistenza. E si declina in modo neppure troppo velato l’istanza umana di trovare un riconoscimento nell’enorme lavoro svolto dai volontari che hanno impiegato tutta la propria energia per garantire a tutti coloro che ne avessero bisogno quel sostegno che si è reso ad un certo punto indispensabile.

“Abbiamo bisogno di competenze” è forse una delle pochissime richieste d’aiuto che Pasini si lascia scappare solo dopo aver percepito che l’intervista si sarebbe mantenuta dentro i canoni giornalistici del racconto e non dentro quelli extragiornalistici atti a fagocitare qualche polemica o qualche contrapposizione, con il fine ultimo di cercare dei colpevoli alla complessità vissuta, anziché delle soluzioni concrete a nuove ondate che il virus potrà eventualmente portare. Posto che, è lo stesso coordinatore a spiegarlo, la protezione civile fa tante cose diverse: anche adoperarsi in caso di terremoti, oppure offrire sostegno agli studenti con la didattica distanza, perché l’aiuto verso gli altri connota la protezione civile, è il suo portato ontologico, e l’essere umano nei suoi bisogni, prescinde dai colori politici, dall’appartenenza. Aiutare e vivere del desiderio di sostenere chi ha necessità dell’altro, definisce lo statuto etico di un individuo. Chi mette a disposizione se stesso per la Protezione Civile, lo fa donando gratuitamente il proprio tempo, le proprie braccia e la propria anima a favore di chi stende la mano in cerca di aiuto.

E l’anima ha molto a che fare con gli angeli, con la coscienza rinnovata di un mondo che riparte dopo la pandemia non più dall’io, ma dal Noi. È uno spiccare il volo, andando oltre le contrapposizioni, gli egoismi, i narcisismi personali del virologo, del medico, del giornalista, del politico di turno.

Ecco l’intervista

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