Criminalità
Francia. È fallito (anche) il modello della sinistra
Visto che sugli Stati Generali un bell’articolo di Ilda Curti propone di considerare gli attentati (e tutte le concause, dal degrado all’esclusione alla disintegrazione sociale) come la conseguenza di errori da parte della destra securitaria à la Sarkozy, proviamo a replicare, senza prendere posizione per gli uni o per gli altri, sostenendo che gli errori vengono anche (no, non diciamo soprattutto) da sinistra.
Sì, certo, le politiche a “tolleranza zero” (ma chi l’ha mai vista?) non possono certo eliminare la criminalità e il disagio sociale che ne sono spesso all’origine, tuttavia, proprio la mancanza di senso civico da parte della nostra popolazione, così come, spesso, da parte degli immigrati e dei loro discendenti è all’origine della degenerazione della convivenza civile.
Quanti di noi rispettano le regole? Quanti non vedono nulla di male nell’evasione fiscale (se non vuole la fattura le faccio lo sconto), nel parcheggiare in divieto di sosta, bloccando le strisce pedonali, per esempio (Ma scusi parcheggia sulle strisce? Fatti gli affari tuoi!), nel sedersi in treno e sul bus nello spazio riservato ai disabili o alle donne in stato di gravidanza, nel fumare dove è vietato (per esempio nei bagni della scuola dove lavoro), nel calunniare altre persone, nel minacciarle ecc. ecc.?
Se ci abituiamo a una vita al di fuori delle regole, cioè, per spiegarmi meglio, senza rispetto per gli altri, per la convivenza civile, che cosa ci aspettiamo che facciano gli altri, tutti gli altri? Si assumono gli usi e i costumi del paese. In un paese dove la violenza è endemica, specialmente nelle periferie e spesso nelle grandi città ci si abitua alla violenza (l’immagine degli italiani mafiosi e camorristi all’estero non è nuova a nessuno, e non è certo stato Saviano a crearla). Là dove la violazione delle regole di convivenza è sistematica, là ci si abitua alla sistematica violazione delle regole di convivenza.
Non sorprenderà allora che accada quello che non smette di ricordarmi mio padre (che vive a Lecco) ogni volta che lo vedo: una famiglia di immigrati, semplicemente, da un giorno all’altro smette di pagare le spese di condominio, e non c’è nulla da fare. Se non vogliono la sospensione del riscaldamento, della luce, dell’acqua, quelle spese (ormai migliaia di euro) le devono pagare gli altri condomini (per lo più poveri pensionati). È permesso, non c’è nessuna conseguenza, quindi perché mai comportarsi diversamente. È esattamente così che è finita con il (prescritto) processo del quartiere milanese di Santa Giulia, come, spero, i nostri lettori avranno notato.
In Francia, ma anche in Italia, manca il senso civico. E anche se la sinistra, così come la destra, si sono abituate a farne a meno (salvo evocarlo nel momento del bisogno, con le connotazioni emotive specifiche della propria appartenenza ideologica, buoniste o cattiviste), nessuno in realtà l’ha mai preso sul serio.
Se non si riconosce che la violenza è peggio di una vignetta che ridicolizza il profeta, non si può convivere con chi non la pensa come noi. Se non si riescono ad accettare le leggi del Paese in cui si vive, non ci si dovrebbe vivere. E in questo Paese, le leggi, se difettose, si possono anche cambiare, non sono quelle di nessuna setta, neanche dei musulmani, così come non sono quelle cattoliche o ebraiche. Questo vuol dire che lo Stato è laico, cioè che deve poter permettere la coesistenza di sensibilità e credenze diverse, così come la critica nei loro confronti, ragionata, ponderata, quando queste forme di fede entrano in contrasto con posizioni necessarie alla coesistenza.
Allora riformuliamola, questa condizione necessaria per la coesistenza: chi uccide persone indifese, con le matite in mano, disarmate, o che si sono arrese, agisce in modo disumano. E lo fa chi tortura o massacra altre persone, chi prende in ostaggio innocenti, estranei al conflitto, o, come in Nigeria, chi invia bambine alla morte. La parola “disumano” vale in qualsiasi lingua si voglia, che assuma la sfumatura del “mostruoso” o del “bestiale”, e manifesta la reazione istintiva (dopo adeguata riflessione, però), nei confronti di certe azioni. Questo perché anche in guerra sono vietati certi atti che rendono impossibile la convivenza futura, oltre che attuale, e le Convenzioni di Ginevra non ne sono che la forma scritta nel diritto internazionale.
Abbiamo provato orrore, più che paura. Non solo compassione, tristezza per le vittime, ma compassione, cioè orrore, per i carnefici, perché si sono resi responsabili di qualcosa di inaccettabile, che li esclude dalla società civile. Non martiri della fede, cioè testimoni, che lottano per migliorarsi (il grande jihad del Corano), bensì persone che, spinte dalla fama di celebrità, come in un gioco surreale, fanno a gare per vedere chi uccide più birilli (un jihad piccolo piccolo, perché la guerra si fa con chi è armato): la gara è tra Al Qaeda, Isis, Boko Haram ecc.
Dopo questi giorni, dovremmo tentare di tornare a Popper (cioè, di prenderlo per la prima volta sul serio), e alle sue condizioni per l’esistenza di una società aperta, che noi abbiamo chiamato condizioni di coesistenza. Cosa significa? Che, come nella teoria della scoperta scientifica per lui vale il principio di falsificabilità (invece di cercare solo ciò che la conferma, cerca di dirmi in quale caso la tua teoria risulterebbe falsa, quale evento la falsificherebbe, e se non si verifica, teniamola temporaneamente per buona), così questo principio potrebbe valere per l’appartenenza religiosa, qui interpretata non in senso teologico bensì sociale: se il tuo atteggiamento religioso ti rende impossibile la coesistenza, abbandonalo. Se non è generalizzabile, come suggeriva Kant, rifiutalo.
Ma chi non ha argomenti per sostenere la propria posizione ricorre alle minacce, e spesso, negli ultimi tempi, tali minacce non restano senza conseguenze.
Facciamo allora valere un principio, il più semplice, etico e politico: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” significa che non devi usare la forza in questioni di fede, anche se ciò che pensa l’altro non ti piace (e se sei musulmano dovresti saperlo bene). E se non accetti questo semplice principio sei fuori, fuori dalla società, fuori dall’umanità, anche perché, col tuo comportamento, ti escludi da solo. Proviamo allora questa strada tra il buonismo di sinistra e il cattivismo di destra.
Uno straniero
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