America

Ferguson ricorda un po’ Stefano Cucchi e un po’ Tor Sapienza

26 Novembre 2014

Vedi Ferguson e pensi a tante cose, ai problemi che non riguardano solo gli Stati Uniti. Vedi Ferguson e pensi all’Italia. In quelle immagini di furore e razzia, in realtà, ci sono numerosi elementi di riflessione tali da poter scrivere un macro saggio di sociologia. Le cronache provenienti dal Missouri descrivono una protesta che si sta propagando il tutto il Paese. Quelle notizie, così distanti geograficamente, alimentano un parallelo, con le dovute distinzioni, con due episodi avvenuti di recente in Italia: la sentenza del processo Cucchi e la rabbia nella periferia di Tor Sapienza, a Roma.

È vero che a ogni scoppio di violenze all’estero parte un raffronto con il quadro italiano. Basti pensare alle rivolte nelle banlieu parigine del 2005 e agli scontri nelle periferie di Londra del 2011. Sui media scattò l’allarme: accadrà anche in Italia? La storia ha poi raccontato che non è avvenuto niente di simile, dimostrando che le analogie tra Paesi diversi vanno sempre fatte con cautela, perché si parla di contesti, culture e Istituzioni giuridiche molto lontane tra di loro. Dunque, perché cercare l’ardito parallelo con quanto sta accadendo negli Stati Uniti?

Da Ferguson giunge un messaggio universale: un singolo episodio può provocare un pandemonio, la classica scintilla che causa un incendio devastante quanto imprevedibile nelle sue conseguenze. 

La città del Missouri, sebbene lontana migliaia di chilometri dall’Italia, diventa così una sorta di paradigma di quanto può esplodere nelle borgate romane, nelle periferie milanesi, nei vicoli napoletani o in qualsiasi angolo del Paese. La temperatura nella società italiana è molto alta, le febbre proprio non scende. Il termometro dell’astensionismo segnala, nella migliore delle ipotesi, l’apatia dei cittadini verso la politica, ma – nella peggiore delle ipotesi – cela una collera inquantificabile. Fuor di metafora influenzale: la tenuta sociale è al limite del collasso.

Alcune manifestazioni hanno già assunto una forma violenta e la gestione dell’ordine pubblico non è stata sempre irreprensibile. In un clima del genere, senza quasi accorgersene, potrebbe scoppiare un caso, un evento imprevedibile in grado di innescare un meccanismo difficile da bloccare. Peraltro nel quadro politico sta venendo meno l’argine del Movimento 5 Stelle. Pur con tutti i suoi limiti, il soggetto politico di Beppe Grillo aveva incanalato la disillusione nella forma di protesta più pacifica che esiste in democrazia: il voto a un partito anti-sistema. 

Un’altra sentenza ingiusta e qualche manganellata rifilata con troppa facilità potrebbero foraggiare quel senso di ingiustizia, che insieme alla frustrazione per l’impoverimento economico sono in grado di diventare un potente detonatore di ira popolare. Con conseguenze tutt’altro che auspicabili.

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